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La Basilicata al centro delle traiettorie strategiche dell’oro blu, una regione pivot tra Mediterraneo, Est ed Ovest, un anello di quella catena geopolitica che lega la Russia all’Italia e l’Italia alla Libia e alla Turchia, forse persino il vertice di un triangolo geopolitico oppure anche solo un segmento di quel corridoio commerciale grazie al quale vengono disegnate, almeno in questa fase storica, le traiettorie di una politica estera non conforme all’approccio atlantico. La Basilicata hub di quell’intreccio di pipelines che assicureranno al Belpaese un’indipendenza energetica fondamentale per rilanciare lo sviluppo e la modernizzazione della penisola, ma soprattutto delle Regioni meridionali. La Basilicata perno di relazioni economico-politiche tra stati sullo scacchiere europeo. Nonostante questa sia la realtà dei fatti, nonostante siamo di fronte a positive potenzialità della nostra terra che le rivelazioni del sito Wikileaks hanno involontariamente confermato, i principali quotidiani locali del Sud e della Lucania di ieri sembravano cadere dalle nuvole con il loro sgomento ingenuo. Detti organi d’informazione hanno adombrato situazioni virtualmente criminogene, trascinate dal poco trasparente business del gas che non sarebbe condiviso pubblicamente dall’amministrazione territoriale e dagli organi centrali di Roma. Così il Quotidiano della Basilicata: “L’Affare sporco del gas russo in Val Basento”. Così rimbalzava la Gazzetta del Mezzogiorno: “Gas russo nella Val Basento, spunta l’affare top secret”. Ed ancora altre articolesse sui silenzi del governo e sulla mancanza di chiarezza rispetto a questi contratti. Se non ci fosse da piangere mi verrebbe da ridere. Siamo diventati la patria delle anime belle, degli uomini che credono a tutto ciò che gli viene raccontato dai media e dal politically correct degli apparati ideologici anglobalizzati. Mettiamo i puntini sulle i una volta per tutte. Ci sono legami, alleanze, intese, scambi economici che non potranno mai essere disbrigati alla luce del sole, non perché siano contornati da intenzioni malvagie o illegali ma in quanto si rischia di far saltare tutto per la rivalità e per la contrapposizione di interessi ostili, soprattutto stranieri, che non ammettono concorrenti in determinati campi fortemente redditizi o collegati alla stessa sicurezza nazionale. In quest’ottica meno infantile e più prosaica andrebbero riletti anche gli ultimi eventi che hanno toccato la Finmeccanica, umiliata da magistrati impazienti di mettere in pratica un principio astratto di legalità che danneggia il Paese e favorisce i competitors esteri del nostro gigante del settore aerospaziale.

Anche le comunità locali non stiano a preoccuparsi, nessuno le vuole gabbare, nessuno vuol far pagare ad esse le esternalità negative di certi investimenti che pure sono ad alto impatto ambientale. Se così dovesse essere, se effettivamente i loro rappresentanti politici si dimostrassero completamente insensibili al loro benessere, allora avrebbero tutto il diritto di bussare alla porta della direzione politica regionale (almeno ora che ne sono a conoscenza) e pretendere che le ricadute economiche di questi progetti siano equamente distribuite tra la popolazione. Ma non si agisca come i muli dicendo no a qualsiasi cosa solo perché le associazioni ambientaliste (o chiunque altro abbia interesse a che il sud resti sottosviluppato) diffondono, immancabilmente in questi frangenti, notizie tendenziose e senza prove su disastri ecologici ed epidemiologici. I politici lucani dovranno migliorare in questo senso ed in altri, visto che la regione sta arrancando paurosamente sotto il peso della crisi economica e la gente comincia ad infastidirsi e a protestare. Le rivelazioni di Wikileaks attestano che da noi ci sono le potenzialità per crescere e portare ricchezza in ogni angolo del territorio. I leader lucani hanno allora l’obbligo morale di lavorare in questa direzione, unanimemente e senza barriere ideologiche, da destra e da sinistra. In tutta questa vicenda c’è un elemento che in particolare vorrei rimarcare. Chi più di tutti sta cercando di fermare questa alleanza tra Gazprom ed Eni, tra l’Italia e la Russia, sono i corifei e i gregari di FLI, la nuova formazione politica di Fini. Il sen. lucano Digilio è stato quello più attivo nel tentare di stoppare o quanto meno ritardare (con interrogazioni pretestuose) il progetto di stoccaggio del gas russo in Val Basento. La cosa non deve sorprendere perché il suo capo e i dioscuri che lo fiancheggiano (Bocchino e Granata) fanno lo stesso a livello nazionale. Le ragioni non sono difficili da capire. Fini, come riportavano ancora ieri le principali testate italiane, ha ricevuto da tempo l’endorsement americano contro Berlusconi che per le teste d’uovo di Washington risulta un alleato infido ed incontrollabile. Più di tutto, gli statunitensi non gradiscono il consolidamento dell’asse Mosca-Roma e l’avanzamento del progetto di dotti Southstream (di cui sono partner Eni e Gazprom) che taglia fuori il loro Nabucco, sistema di condutture che prenderebbe materia prima dal Caucaso aggirando la Russia. Va da sé che gli uomini di Fini si gettino all’arrembaggio quando emergono informazioni di tale portata che agiscono nelle loro teste come un richiamo per uccelli addomesticati. Questi fanno di tutto per dimostrare ai loro sodali stellestrisce di essere in grado di svolgere a dovere il compito assegnatogli, quello cioè di mettere i bastoni tra le ruote all’economia e alla politica estera italiana che si proietta nel mondo con margini di autonomia decisionale, andando oltre i vecchi equilibri egemonici. E’ quest’ultimo l’unico affare losco del quale dovremmo veramente preoccuparci.
di Gianni Petrosillo

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