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di GIUSEPPE AVIGNONE
I mercati internazionali vivono da quasi un decennio una delle fasi più volatili della storia e le conseguenze spesso diventano devastanti per i diversi attori protagonisti. I movimenti irrazionali sono ormai all’ordine del giorno e in presenza di mercati fortemente globalizzati le fluttuazioni dei prezzi degli strumenti finanziari sono ampliate in maniera eccessiva, tanto da indurre a una virtuale implosione delle classiche relazioni del sistema. Fino a oggi, infatti, le obbligazioni erano da sempre considerate come un investimento sicuro o comunque meno rischioso rispetto all’acquisto di azioni e il rapporto rischio-rendimento lo confermava. Dopo il crack di Lehman Brothers la percezione del rischio è mutata tra investitori e addetti ai lavori e adesso, in un contesto in cui i debiti dei Paesi periferici dell’area Euro sono eccessivi tanto da rendere necessari future rinegoziazioni e correttivi ai bilanci degli Stati, la certezza della solidità di un titolo obbligazionario di un Paese con un rating più che accettabile (la Spagna) e con un debito alto ma non eccezionale sembra sempre di più venire meno. Per un investitore obbligazionario spagnolo il costo di una cosiddetta “assicurazione” dal default continua a crescere di giorno in giorno e la regola del “too big to fail” (troppo grande per fallire) inizia a vacillare esattamente come era avvenuto durante il crack Lehman. Pertanto, l’accostamento alle obbligazioni dei termini “sicurezza” e “certezza” viene meno stravolgendo le relazioni base conosciute fino a ora. Bisogna, invece, dire che le obbligazioni sono da sempre uno strumento non privo di rischio, percepito come tranquillo solo in relazione alla “bontà” degli emittenti di tali strumenti. Infatti, fino a poco tempo fa nessuno poteva credere al fallimento di un big dell’economia americana e neanche al crack di Paesi come la Grecia e l’Irlanda – il default dell’Argentina era un allarme che però è stato sempre poco tenuto in considerazione – ma le bolle speculative e gli eccessi finanziari rendono il sistema vulnerabile e soggetto a tali rischi. Se oggi appare improbabile credere a un disfacimento dell’Unione Monetaria con conseguente cancellazione dell’euro, sembra sempre più possibile una lunga fase di turbolenza sul mercato dei bond e assistere a modifiche dei portafogli a favore delle azioni e a discapito delle obbligazioni in relazione a una rinnovata percezione del rischio. Se il mondo finanziario sembra essersi capovolto le ragioni non possono che nascondersi dietro il concetto globale di economia reale misto a virtuale, un progetto e una sfida persa in partenza.

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