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LAGONEGRO – Un dossieraggio denominato operazione “Sofia”, che interessava personaggi illustri e che avrebbe coinvolto, tra gli altri anche il cardinale Giordano, in merito ad una vasta attività di riciclaggio internazionale era stato inviato dai magistrati lucani ai colleghi romani. Il prelato tramite una Fondazione avrebbe partecipato alla definizione della compensazione telematica pilota di 5 miliardi di lire, avvenuta nel gennaio 1998 con il trasferimento della somma da una non meglio indicata dipendenza di una banca di Ginevra, mediante l’intermediazione di una banca romana. La fonte “Alfeo” aveva parlato di due distinte operazioni finanziarie ad “alto reddito” di cui la prima relativa ad un investimento di cinquecento milioni di dollari U.S.A., mentre la seconda concernente l’investimento di un “BI” di dollari U.S.A., pari ad un miliardo di dollari, per un controvalore di circa milleottocento miliardi di lire. La fonte parlò anche di riunioni tenutesi in una casa romana di un senatore a vita, attualmente vivente, insieme a personaggi della politica, presunti appartenenti al Mossad, personaggi finanziari e appartenenti ai servizi segreti ex Sisde. Le operazioni di “alto reddito” dovevano caratterizzarsi in tre fasi: fase dell’investimento – le somme sarebbero state investite dal trader sulle borse mondiali per l’acquisto di titoli; fase della negoziazione – in titoli, in base ai cicli di investimenti, sarebbero negoziati per periodi stabiliti, consentendo agli investitori di guadagnare tra un minimo del 120% ad un massimo del 900%; fase della riscossione – i capitali investiti rientrerebbero in Italia tramite la fondazione prescelta, la quale sarebbe stata destinataria per un terzo della somma relativa ai proventi dell’investimento, mentre la restante parte verrebbe suddivisa tra i vari investitori. Ma appena scoppia l’inchiesta in Val d’Agri, le persone interessate avrebbero bloccato l’operazione d’investimento in attesa di riprenderla in tempi successivi. Alcune delle persone interessate alle trattative relative agli investimenti erano fortemente preoccupate per la diffusione di alcune voci secondo le quali erano in atto, in quel periodo, indagini da parte degli organismi della polizia italiana. Negli anni 1998 e 1999 Giordano fu coinvolto in due inchieste giudiziarie, la prima per un giro di usura in Val d’Agri e la seconda su alcuni abusi edilizi di proprietà della diocesi di Napoli, l’arcivescovo Michele Giordano è stato successivamente assolto con formula piena da ogni accusa. Il 22 agosto 1998 in un blitz la guardia di finanza di Lauria ispezionò la Curia di Napoli ed il porporato in un’intervista esclamò “il tintinnio delle manette” mentre due giorni prima era stato arrestato a Sant’Arcangelo il fratello Mario Lucio. Il porporato ricevette un avviso di garanzia, consegnato dal comandante della Tenenza di Lauria e da un suo collaboratore e veniva accusato dal procuratore di Lagonegro, Michelangelo Russo, e dal sostituto, Manuela Comodi, di essere il promotore di un’associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita. Il cardinale venne anche intercettato ma le intercettazioni non portarono i frutti sperati. L’interrogatorio, da indagato, il principe della Chiesa lo sostiene il 7 maggio del 1999 nei saloni del Convento di Sant’Antonio a Nocera Inferiore. Tra i magistrati inquirenti c’è anche una donna che procede ad elencare le varie fonti di prova ma soprattutto alla contestazione dei capi di imputazione. Il cardinale era sereno e nell’interrogatorio durato oltre quattro ore rispose a tutte le domande. Spiegò le varie rimesse di denaro come una di 200 milioni di lire prelevati da una fondazione canonica da lui costituita presso l’Istituto opere di religione Ior. La fondazione canonica è un istituto per cui il cardinale dona in proprietà al Papa il suo denaro da devolvere alla Chiesa universale “ma in ipotesi di bisogno – aveva asserito Giordano durante l’interrogatorio – posso chiedere allo Ior-Ente esponenziale del Vaticano, la somma che mi necessita, con l’obbligo morale di reintegrare il fondo”. Ma il cardinale aveva mandato a Sant’Arcangelo tratti dal suo conto personale anche altri 200 milioni. In favore di alcuni parenti del cardinale arrivarono anche altri 600 milioni direttamente dal procuratore speciale dell’arcivescovo di Napoli, Aldo Palumbo, purtroppo deceduto subito dopo che la procura della repubblica di Lagonegro aveva iniziato le indagini. Il 22 dicembre 2000 la sentenza di assoluzione, dopo il rito abbreviato: Giordano aveva effettivamente prestato quei soldi al fratello in difficoltà, circostanza mai negata e ammessa fin dal primo momento, ma non partecipò in alcun modo a presunte attività di strozzinaggio, rimanendone completamente estraneo. Da questa indagine lucana nacque anche l’indagine nei confronti dell’alto prelato per i reati di abusi edilizi e nel processo di primo grado nel 2002, presso il Tribunale di Napoli, è stato condannato (con sospensione della pena) a quattro mesi di carcere e 7 mila euro di ammenda per un abuso edilizio. Giordano è stato assolto nel 2005 in appello.

Emilia Manco

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