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Vincenzo Macrì non ci sta e si difende dichiarando che quanto detto su di lui sono tutte falsità. Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del capitano dei carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi, infatti, sono confluite anche alcune dichiarazioni di un maresciallo dell’Arma, Gennaro Giampà, che ha prestato servizio nel Nucleo operativo ecologico di Reggio Calabria insieme all’ufficiale e che, successivamente, ha denunciato lo stesso Spadaro Tracuzzi per mobbing. La notizia è riportata sul Quotidiano della Calabria, oggi in edicola.
Nelle sue denunce, che sono state archiviate, Giampà sostiene che il capitano dei carabinieri ebbe un occhio di riguardo in merito a presunte irregolarità edilizie ed ambientali riscontrate in una ditta di rimessaggio intestata a Antonio Spanò, che secondo gli investigatori è il prestanome di Luciano Lo Giudice, fratello del boss Antonino che è diventato recentemente collaboratore di giustizia.
Giampà, in particolare, secondo quanto scrive il quotidiano, ha riferito che dopo il sopralluogo compiuto dal Noe nel novembre 2004, «il capitano Spadaro mi disse che aveva una barca in deposito presso il cantiere e che Spanò era un suo amico ed era una persona perbene, tanto che tenevano le marche lì magistrati come Mollace e Macrì e colleghi della polizia di cui non mi fece il nome».
«Una falsità grossolana»; risponde così il procuratore generale ad Ancona Vincenzo Macrì, in passato procuratore nazionale antimafia aggiunto, in una dichiarazione, in relazione alle indagini che hanno portato all’arresto del capitano dei carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata.
«Apprendo oggi dalla stampa – è detto nella dichiarazione dell’alto magistrato – che nella richiesta di misura cautelare a carico del capitano Spadaro Tracuzzi è inserita una dichiarazione di tale maresciallo Campanella che avrebbe dichiarato ai Pm che nel rimessaggio gestito dall’indagato Antonino Spanò sarebbero state ricoverate barche di magistrati e precisamente di Mollace e Macrì. La notizia, per quanto mi riguarda, costituisce una falsità grossolana quanto indecorosa, che non avrebbe dovuto trovare ingresso nel documento. Gli inquirenti sapevano bene che Lo Giudice non aveva mai fatto il mio nome a tale proposito nelle sue dichiarazioni. Non ho mai posseduto barche nè conosco le persone di cui si parla. Mi riservo ovviamente ogni forma di tutela nei confronti di chi ha dichiarato e diffuso tale indegna falsità».

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