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di PARIDE LEPORACE
Sotto l’albero il Palazzo lucano e il Partito Regione dei democratici di Basilicata hanno trovato uno sgradito regalo di Natale. A darne notizia i segugi del Giornale berlusconiano che questa volta non hanno gonfiato nulla ma riportato con evidente soddisfazione una notizia certa.
Non è un terremoto. Ma è un fatto. La vicenda come ha ben spiegato Leo Amato nel suo dettagliato servizio riguarda un’asta dell’ospedale San Carlo su un appalto milionario per servizi esterni. Molto ruota attorno a persone del sottobosco politico lucano, e che a prescindere dagli esiti giudiziari dall’inchieste, possiamo affermare rappresentino un anello di congiunzione tra istituzioni e affari privati. Riemerge ad esempio il nome di Auxilium che in tempi lontani costò la poltrona d’assessore a Straziuso per un servizio assegnato a Venosa. Ricompaiono le identità sussidiarie di Comunione e Liberazione che grande attenzione ricevono da Bersani, da Letta zio e nipote e dalle conseguenziali filiazioni locali.
Prassi vuole che si chieda tempi brevi per accertare i fatti. Ma ben sappiamo che la Giustizia è lenta. Il copione è noto. Persino un po’ logoro. Probabilmente finirà tutto archiviato. Ma le novità comunque non mancano.
Quella più rilevante è legata al fatto che le principali due leadership lucane per la prima volta stiano insieme nello stesso registro degli indagati. I due presidenti, Vito De Filippo e Vincenzo Folino, che al tempo delle indagini erano contrapposti in una furibonda polemica legata proprio alla questione morale. recitano ora lo stesso ruolo: quello dell’indagato. I due non sono più ufficialmente avversari, hanno raggiunto un equilibrio di potere istituzionale. Con la notizia di Natale è venuta meno, da un punto di vista semplicemente formale, quella diversità identitaria di superiorità morale, che per un certo periodo ha costituito insieme al brutto carattere, l’identikit mediatico di Vincenzo Folino.
La gestione della notizia da parte dello staff di De Filippo non è stata brillante. Si è replicato con supponenza cercando di smentire la notizia aggrappandosi al fatto che il presidente non ha ricevuto comunicazione giudiziaria. Si è ripetuto l’errore commesso nel gennaio 2007 quando nel medesimo filone d’indagine, all’epoca solo all’inizio, il Quotidiano scriveva di De Filippo indagato. Prima di emettere la nota il 24 dicembre si poteva accertare che solo un mese prima la commissione appaltatrice in presenza degli avvocati era stata interrogata dalla polizia giudiziaria di Potenza. Anzi bene si sarebbe fatto a darne comunicazione istituzionale. Vito De Filippo sconta il fatto di recitare il ruolo che sembra uscito da un libro del celebre scrittore francese Daniel Pennac: quello del signor Malaussene. Il protagonista di questa saga di professione fa il capro espiatorio. Quasi una vocazione che egli mette in atto davanti ad ogni crimine che la polizia indaga. La metafora mi è utile per dire che De Filippo in Basilicata da sei anni e oltre rappresenta il potere. Il potere fisiologicamente va indagato. Le esperienze del passato dovrebbero suggerire di aver più furbizia nell’affrontare la questione. Quella che hanno dimostrato di possedere Folino e Speranza. L’altro indagato eccellente e il segretario del Partito Regione se la sono cavata con la formuletta della Giustizia che deve fare il suo corso, siamo sereni, non abbiamo nulla da temere. Nulla di più semplice.
Oltre alla notizia in questione non posso esimermi dal commentare la lettera aperta scritta ai lucani da quel geniale prosivendolo (tanto per restare ad un titolo di Pennac) che è Andrea Di Consoli a corollario di questi avvenimenti.
Adoperando la tastiera come una carabina il prode e senza macchia Di Consoli le canta da par suo con bella prosa da scrittore a tutto il cucuzzaro del Palazzo lucano. Il nostro geniale sodale immagina che non tutto quello che scrive nella mitragliata condivido. Così è. E mi costringe a spiegar pro e contro.
Di Consoli è utile alla Basilicata. Lo dimostrano le reazioni pregne che abbiamo ricevuto in periodo di feste e ci vuol genio credetemi per smuovere l’oblomovismo lucano. Apprezzo Di Consoli nel suo voler essere intellettuale corsaro pasoliniano. Scrivendo quello che molti non hanno la capacità di narrare nel suo esser lontano dai luoghi e dalle contaminazioni. Che in alcune occasioni però gli fa perdere il filo e anche la rotta.
Di Consoli afferma di detestare l’antipolitica. So che è sincero. Ma egli fa il gesuita perché è cosciente che in Lucania lui è un Beppe Grillo colto e a Roma sceglie una via opposta ma altrettanto scomoda. Io credo che a Di Consoli piaccia la posizione del bastion contrario. Del Montanelli di provincia che ogni tanto si tura il naso e poi afferma mi sono sbagliato. Troppo generoso quel recente endorsement di Vincenzo Folino oggi subito abiurato costatando che l’istituzione ha spesso bisogno di lingua di legno. Non è semplice spiegare quello che mi divide da Di Consoli. Forsa conta il ruolo. Forse l’età. Forse il luogo.
Io nutro la speranza che il Pd lucano possa restare un’eccezione nel disastro meridionale e spesso nazionale. Ho visto morire il vicepresidente della mia Regione in un seggio per i voti chiesti alle cosche e so fare ancora i confronti. Non capita spesso di veder giovani conquistare posizioni di rilievo come registro in Basilicata e spero che Roberto Speranza (224683leggi le dichiarazioni) prenda la parola da solo sull’argomento visto che non ha bisogno della mia balia.
Vedo il meglio della politica quando osservi le passioni autentiche degli attivisti di Melfi o quando m’invitano a parlar di un libro a Moliterno. In carne e ossa incontro chi rinuncia a tempo libero, soldi e famiglia per la politica. E penso che ci voglia rispetto per queste donne, uomini e ragazzi. Certo vorrei rivoltarlo il Pd lucano. C’è ne bisogno. Leggete la prosa garbata di Vincenzo Viti nella risposta a Di Consoli. Uno scontro di retoriche. Al fuoco della carabina si oppone un dorotoismo prosaico che onestamente sa di nulla. Il Pd lucano corre un grande rischio a tutelare i suoi piccoli interessi di parte. Mi continua a ricordare il cardinal Martini che ricevendo i vertici della Dc milanese alla vigilia del crollo di Tangentopoli li esortava vanamente ad avere “il coraggio di cambiare il vestito” citando la parabola del fico sterile, bello senza frutti “che Gesu’ maledice dopo averne ammirato il fogliame”.
Concordo invece totalmente con Di Consoli sull’assenza del Pdl in Basilicata e spero che siano fondati i boatos di commissariamento che potrebbero sbloccare la democrazia dalle nostre parti valorizzando la positiva furia dei giovani che disdegnano il tavolo del potere. Del nuovo che avanza con il terzo polo degli amici al bar c’è bisogno di altri spazi per argomentare.
Ad oggi l’opposizione al Partito regione è composta da piccoli spezzoni e individualità che mancano di collante cui un giornale come il nostro può dar solo voce e luogo comune. Il resto è voto. Consenso da suffragio universale. Punto imperfetto ma vertice unico del principio democratico. E nessuna critica, anche quella espressa nella miglior prosa, può far a meno di tenerne conto.

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