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Ieri, in concomitanza con il sit-in di protesta sotto la sede dell’ambasciata brasiliana a Roma, il sindaco di Avigliano, Vito Summa, ha scritto all’ambasciatore Josè Viegas Filho.
La mobilitazione del primo cittadino di Avigliano, forse non tutti lo sanno, è dovuta al fatto che una delle prime vittime di Cesare Battisti è stato Antonio Santoro, originario di Avigliano, ucciso il 6 giugno del 1978 a Udine dove Santoro lavorava come maresciallo capo della casa circondariale della città friulana.
«Il mancato accoglimento, da parte del Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, della richiesta di estradizione in Italia di Cesare Battisti – ha scritto Summa – già militante nel gruppo eversivo Proletari armati per il comunismo e condannato anche per il vile assassinio del nostro concittadino Antonio Santoro, offende il desiderio di giustizia che la nostra comunità ha coltivato per tutti questi anni».
La comunità aviglianese «pur avendo sperato fino all’ultimo che le autorità brasiliane potessero riconsegnare alla giustizia italiana un terrorista già sottoposto a giudizio per ripetuti ed efferati delitti, abbiamo appreso con profonda delusione del diniego all’estradizione che oltraggia la memoria di semplici cittadini caduti sotto i colpi di terroristi senza scrupoli e di un servitore dello Stato, prematuramente sottratto all’affetto dei suoi cari nell’adempimento del suo dovere».
Interpretando il senso di indignazione di tutti gli aviglianesi «vorrei esprimerle – ha aggiunto Summa – la profonda amarezza e l’avvilimento di una intera comunità verso una decisione che ferisce i sentimenti di vicinanza e di amicizia con il popolo brasiliano e con una terra, il Brasile, che nel secolo scorso ha accolto numerosi emigranti lucani e aviglianesi».
La preghiera rivolta da Summa all’ambasciatore brasiliano in Italia è «pertanto di volere rappresentare questi sentimenti al neo Presidente Dilma Roussef affinché possa rivedere la decisione del suo predecessore e uniformarsi alla sentenza del Tribunale supremo brasiliano, ripristinando il primato della giustizia e rendendo onore ad una pagina triste della nostra storia recente, ancora viva nella memoria dei cittadini aviglianesi». Oltre alla lettera del sindaco
il gruppo consiliare del Pdl al Comune di Avigliano nell’esprime «rammarico per la mancata estradizione dal Brasile del terrorista Cesare Battisti, condannato all’ergastolo per quattro omicidi» ha chiesto che, nel corso del prossimo consiglio comunale, venga approvato un ordine del giorno che abbia come obiettivo «condannare la decisione dell’ex Presidente Lula esprimendo anche la solidarietà alle vittime che sono ancora in attesa di giustizia».
Per gli esponenti del Pdl di Avigliano «la decisione del Presidente Lula è inaccettabile soprattutto per il fatto che giunge da un uomo di sinistra che ha cercato di portare avanti il riscatto sociale e civile del popolo brasiliano, andando persino contro la decisione del Tribunale supremo brasiliano, che nel novembre 2009 aveva negato al terrorista Battisti, lo status giuridico di rifugiato politico».
Antonio Santoro aveva lasciato Avigliano da bambino per seguire il padre, anch’egli maresciallo delle Guardie penitenziarie. Il lavoro del genitore, che poi era diventato anche il suo lavoro, lo aveva portato via dal suo paese e dalla sua gente. Ad Ariano Irpino prima, a Roma poi. L’ultimo approdo Udine, dove Antonio si era stabilito e dove ha trovato la morte . Antonio Santoro è, infatti, tra le vittime di Cesare Battisti, membro del Pac (Proletari armati per il Comunismo), condannato all’ergastolo dallo Stato italiano. Santoro era il comandante della Casa circondariale di Udine. Oggi la nuova caserma della Polizia penitenziaria di Udine porta il suo nome, alla famiglia è stata consegnata la Medaglia d’Oro al merito civile alla memoria e anche Avigliano gli ha intitolato una strada. Ma è la giustizia – secondo i familiari – che non ha ancora dato pace alla memoria di un uomo morto sul lavoro. Non si tratta di una morte qualsiasi: Antonio Santoro è caduto vittima di un attentato il cui autore «è ora libero – raccontò, il 16 gennaio del 2009, una cugina al “Quotidiano” – e questo non è giusto. Qualche anno fa al figlio, invitato alla trasmissione “Porta a Porta”, è stato chiesto se avrebbe perdonato l’assassino di suo padre. Ma come si può perdonare un individuo che non ha ucciso solo una persona? Ne ha uccise quattro. E poi non si è mai pentito, non ha mai chiesto scusa e ora vive pure lontano e tranquillo. Mio cugino era una persona buona, tranquilla, onesta e che amava il suo lavoro. E dire che gli mancavano pochi mesi prima di andare in pensione».
Il 6 giugno 1978, è l’ultimo giorno di vita di Antonio Santoro.
«Mi ricordo quel giorno – racconta la cugina – arrivarono a casa di mamma (la zia di Antonio) tanti giornalisti. L’abbiamo saputo così, da loro. I vicini di casa avevano cercato di tenere fuori tutti, volevano proteggere i familiari».
Ma quella fu una notizia terribile per tutta una comunità. Ad Avigliano Antonio e sua moglie erano molto conosciuti. Tornavano spesso e c’è ancora chi li ricorda mentre passeggiavano per il paese. Antonio, nonostante Avigliano l’avesse lasciata da piccolo, aveva trovato qui l’amore della sua vita: «una ragazza bellissima» come ricordano ancora oggi in città. Una ragazza bellissima che poi aveva sposato e da cui aveva avuto dei figli che ancora oggi chiedono giustizia.
Come ha chiesto giustizia, a nome di tutta la cittadinanza il sindaco Summa.
al.g.
a.giammaria@luedi.it

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