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di BATTISTA SANGINETO
Un altro anno s’inizia in questa nostra terra annichilita, senza che alcuna speranza si affacci all’orizzonte, non un segno, non un auspicio, neanche dall’alto dei cieli. Per fortuna i calabresi sono ottimisti, non sono lamentosi, è gente allegra e fiduciosa che fa di tutto per guardare al futuro in maniera positiva al punto da gradire moltissimo i propri governanti: presidente della regione al terzo posto e sindaci in posizioni di alta classifica, quella del Sole 24 Ore sugli amministratori locali più apprezzati. Non c’è che dire, checché se ne dica, i calabresi amano la propria classe politica! Quella stessa classe politica e dirigente del Mezzogiorno che si è risentita, pochi mesi or sono, per i giudizi e per gli epiteti rivoltile dal ministro Tremonti e che si è offesa, soprattutto, a causa di un insulto: cialtroni. Il vocabolario Treccani della lingua italiana, alla voce, riporta: “persona volgare e spregevole, arrogante e poco seria, trasandata nell’operare, che non ha voglia di lavorare, priva di serietà e correttezza nei rapporti personali, o che manca di parola nei rapporti di lavoro”. A chi sembra che le definizioni sopra riportate non si attaglino perfettamente alla stragrande maggioranza della classe dirigente di questa parte dell’Italia e, in particolar modo, di quella della nostra regione? Non dovrebbe essere evidente a chicchessia che questa classe dirigente -non solo quella politica, ma anche quella della sedicente società civile- è del tutto incapace di governare e di dirigere alcunché? È vero, l’attuale governo di centrodestra ascolta soprattutto le ragioni e le regioni del Nord, ma cosa sono riuscite a fare, a costruire, a sviluppare nei decenni trascorsi, queste classi dirigenti meridionali e calabresi? La pervasività e l’onnipresenza della ‘ndrangheta in ogni aspetto della vita associata di questa regione -politica, imprenditoria, pubblici uffici e ufficiali, persino carabinieri e università- non sono, forse, lo specchio nel quale dovremmo guardarci, vergognosi, tutti noi calabresi, ma per primi voi, signori non-cialtroni, che vi siete assunti l’onere di essere classe dirigente? La ‘ndrangheta non può essere un alibi da brandire per giustificarvi del mancato sviluppo, perchè non siete riusciti nemmeno a costringerla nell’ambito locale nel quale era rinchiusa fino a pochi decenni fa. Non siete stati neanche in grado di sottrarle il brodo di coltura nel quale si è enormemente accresciuta: appalti, prebende, favori, assunzioni, concessioni edilizie, contratti miliardari, prima, e milionari, dopo, nella sanità. Se non fosse per quei valorosi magistrati che negli ultimi anni stanno cercando, insieme alle forze dell’ordine, di riacquistarle alla vita civile, non dovremmo considerare ormai perdute per lo Stato le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Crotone insieme a altre vaste aree? Se negli ultimi decenni non siete stati in grado, signori non-cialtroni, di mettere insieme un tessuto sociale e culturale decente -perché è con gli atti e gli indirizzi della pubblica amministrazione che si formano i cittadini e si crea il senso di appartenenza ad un consesso civile- come potete stupirvi o dolervi nel vedere la vostra, la nostra terra in prima pagina solo in occasione della strage tribale del vibonese, degli applausi di incoraggiamento agli ‘ndranghetisti arrestati o, per fare un altro esempio, del vergognoso “pogrom” razzista di Rosarno? Siete davvero sicuri, cari signori non-cialtroni, di aver fatto interamente e con competenza il vostro mestiere di classe dirigente, non vi viene mai il dubbio di aver sbagliato qualcosa? Se avete distrutto irreversibilmente il paesaggio, se avete permesso la cementificazione delle coste, delle montagne e degli argini dei fiumi, se avete trasformato le nostre antiche città in insensati e enormi grumi di cemento armato nemmeno intonacato, se avete deliberato in spregio a tutte, o quasi, le norme del vivere civile, se parlate e scrivete in deroga persino alle regole grammaticali, perché dovreste sentirvi migliori del leader del Partito du Pilu, Cetto la Qualunque? Esistono, naturalmente, delle eccezioni, ma sono talmente poche -si possono, secondo me, contare sulle dita di una sola mano- che non le elenco per tema che si possa dire che parteggio per qualcuno o peggio, come sempre avviene in Calabria, che lo faccio per andar contro qualchedun altro. Il plebiscitario consenso che l’attuale maggioranza e il suo presidente Scopelliti hanno ottenuto li obbligherebbe a compiere scelte strategiche per il bene e lo sviluppo di questa nostra regione: i beni paesaggistici, ambientali e culturali o la cementificazione (sembrano aver già scelto con quella legge regionale peggiorativa della già deprecabile legge nazionale che introduce la “s.c.i.a.”); una rete di paesi ristrutturati e rivitalizzati (si potrebbero, in tal modo, riguadagnare alla vita quei paesi ormai svuotati d’abitanti e di senso) disposti all’accoglienza o i deturpanti villaggi turistici in riva al mare; una tardiva, e improbabile, industrializzazione oppure uno sviluppo basato sulle vocazioni naturali del territorio come l’agricoltura e quel che resta del paesaggio storico e naturale; il balzello sul carburante o il taglio netto e irreversibile della abnorme spesa sanitaria che viene sperperata nei mille e considerevoli rivoli delle “esternalizzazioni”, delle cliniche e dei laboratori privati, ma convenzionati (spesa pubblica e profitto privato). Nonostante io speri sinceramente, da calabrese, che ci riescano, sono ragionevolmente certo, purtroppo, che non saranno in grado di farcela neanche loro. Eppure il Mezzogiorno d’Italia non è stato condannato dal fato ad una inferiorità perpetua se, per esempio, la Lucania che era, fino a un quindicennio fa, la più arretrata delle regioni italiane -sempre l’ultima in tutte le classifiche, tanto che noi calabresi potevamo consolarci pensando e dicendo che, in fondo, c’era chi stava peggio- ora è una regione vitale, in crescita. La Lucania non versa nelle stesse sciagurate condizioni della Calabria perché è bastato che emergesse, e crescesse, una classe dirigente degna di questo nome, per primo il presidente De Filippo, per toglierla dal fondo delle classifiche. La Calabria non solo non è riuscita a risalire alcuna posizione, ma, per sovrappiù, è stata capace di scendere, per rimanervi, all’ultimo posto di tutte le classifiche fra tutte le regioni europee. Non ci si aspetta la risoluzione, “hic et nunc”, di tutti i problemi della nostra regione e delle nostre città, ma possiamo e dobbiamo aspirare, almeno, ad avere una classe dirigente che abbia un’idea, e sappia realizzarla, di come farci uscire da quella che sembra essere una condanna a tempo indeterminato, un “fine pena mai”. La Calabria è condannata all’ergastolo della sciagura sempiterna da una classe dirigente di cialtroni, eletta e voluta da noi calabresi. Il compito di una classe dirigente competente e incorrotta dovrebbe essere, invece, quello di generare un’idea complessiva, forte di Calabria, un progetto di cambiamento radicale del vivere associato dei suoi abitanti, un’alleanza fra classe dirigente totalmente rinnovata e società civile rigenerata, un governo della cosa pubblica degli onesti e dei capaci, a partire dalle prossime amministrative.

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