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«Vorrei poter perdonare tutto a tutti. Per poterlo fare ho bisogno, però, che qualcuno mi chieda perdono e mi restituisca la verità. Non voglio presentarmi a mio foglio a mani vuote»: è uno passi più commoventi della lettera inviata alla Signora Clio Napolitano da Olimpia Fuina, madre di Luca Orioli, il giovane studente universitario che, la sera del 23 marzo 1988, fu trovato morto insieme alla fidanzata, Marirosa Andreotta, nel bagno della casa della ragazza, a Policoro. Fuina ha chiesto alla moglie del presidente della Repubblica di poterla incontrare, «per darmi la possibilità di sentirmi meno sola e finalmente rafforzata da una presenza rasserenante» nella «lotta, sino ad oggi senza fine», alla ricerca della verità sulla morte dei due giovani, per i quali si ipotizza un duplice omicidio. Per anni, invece, si è parlato di un incidente legato al cattivo funzionamento di un elettrodomestico (i due corpi erano nella vasca da bagno), ipotesi alla quale la madre di Luca non ha mani creduto. Nella lunga lettera alla signora Napolitano, Fuina ha rievocato la vicenda, dalla scoperta dei cadaveri, alla conclusione della morte accidentale, all’“eterna nostra battaglia giudiziaria» proprio contro le «forzate cause accidentali, non sostenibili tecnicamente, ma certamente utili a far trascorrere il tempo, inutilmente, rendendo difficile un caso semplice. Ancora oggi accade che chiunque si avvicini al caso, con l’intento di scoprire quella verita, cioè l’omicidio, subisca denunce, perquisizioni e minacce di vario tipo». Sui cadaveri di Luca Orioli e Marirosa Andreotta è stata eseguita una nuova autopsia nel dicembre scorso, a Bari, dopo la loro riesumazione, in una nuova fase dell’inchiesta per chiarire le cause della morte. Nella lettera alla moglie del Capo dello Stato, Fuina ha fatto esplicito riferimento alla “profanazione» del cadavere del figlio.

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