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POTENZA – La Basilicata si raccoglie con dolore e gratitudine intorno al Presidente Colombo. Di fronte al suo feretro si spinge dentro una lunga e prestigiosa memoria che allarga le sue possibilità ai valori e agli insegnamenti di futuro che questa figura significa. Come sempre gli uomini provano a raccontare la fecondità del sacrificio nella storia, a volte il trionfo della spiritualità attraverso la vita esemplare di personalità che si sono servite anche di tanti egoismi per affermare una più alta integrità sociale e collocare in quel contesto la forza di comunità e di territori.

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Non penso di andare oltre la sobrietà che merita la circostanza se affermo che la dimensione sociale, l’immagine politica ed istituzionale della Basilicata si sia fatta corrispondere, per lunghi anni soprattutto ad una figura: quella di Colombo. Il crisma di questa simbiosi era quasi inevitabile se si leggono con attenzione ed equilibrio gli oltre sessant’anni di questo sodalizio. Mai smentito, direi, sicuramente combattuto, a volte anche deturpato dall’incalzare di una dinamica politica che anche nella civile Basilicata si è appesantita della falcidia della ragione  e del buonsenso. Il capitolo che più si può raccontare in questa chiesa è Colombo e la Basilicata.

Avendo dubbi, in molti momenti, che la “e” diventa verbo e supera la pur pregnante congiunzione. E’ nata questa alleanza che era politica, civile, culturale, religiosa direi, in una città di Potenza del dopoguerra che come ci dice proprio Colombo pur organizzata nella semplicità di due classi sociali che si riconoscevano e si incontravano era anche un positivo cantiere di formazioni politiche e culturali.

Nelle scuole di questa città e nella tradizionale relazione con la Gioventù Italiana dell’Azione Cattolica, fertile terreno culturale arato da Vincenzo D’Elia, zio del grande Don Giuseppe De Luca, in quell’incrocio di pastorale e di impegno civile che  aveva allevato dalla nascita e dalla frequentazione del Partito Popolare e di Sturzo. Lo stigma alto del Democratico Cristiano al quale non ha saputo mai rinunciare nemmeno nel volgere di straordinari cambiamenti della vita politica nazionale.

Una fedeltà che spiegava non come laudatore di tempi passati, o peggio con canoni nostalgici, piuttosto come convincimento che quel frutto dei cattolici democratici fosse ancora assolutamente attuale. Ma come poteva attraversare il tempo quest’uomo che da allora fino ad oggi considerava, a buona ragione, come irripetibili i formidabili fenomeni politici ai quali aveva contribuito: come la nascita della Dc di De Gasperi nella quale pur confluendo storie e forme vecchie e nuove di partecipazione politica, dal sindacato all’associazionismo cattolico, alla cultura  clerico moderata, riuscì  a sagomare un basamento di valori e di impegni così longevo e così fruttuoso sin dal suo inizio per le fortune e i progressi della Basilicata e del Paese.

Colombo era giovane e attivo, presente nella sua terra e tessitore e guida di grandi vicende politiche ed istituzionali del partito e del Paese. Avendo partecipato al cosiddetto disgelo costituzionale della vita pubblica italiana, il più grande documento politico che il popolo italiano abbia prodotto nel corso della sua storia unitaria, la nostra Costituzione, frutto di una frenetica e  stancante campagna elettorale come confida Colombo, aveva la convinzione di essere stato costruttore di una muratura e di fondamenta civili, democratici e di libertà che in molte occasioni ha raccontato con commozione, passione, e con vibrante preoccupazione dell’incalzare di un presente non sempre consapevole di quelle grandezze. Si trovò con Vittorio Emanuele Orlando il lucano e giovane Colombo, ingaggiò discussioni con il vecchio Nitti sul regionalismo, assaporò le colte perorazioni di Croce, ascoltò Togliatti e Nenni. Si andava proprio in quegli anni solidificando quella simbiosi che si è rivelata inossidabile fra questa terra e il suo giovane leader, forte ed intraprendente fra i grandi e capace di scavare con umiltà l’ultima zolla della più remota contrada della Basilicata. Chi non ricorda quali e quanti segni conserva la memoria collettiva dei 131 comuni della Basilicata. Nessuno escluso, anche il più piccolo sa dire di Colombo, racconta aneddoti presenta opere e risultati della sua azione politica (…).

L’ho frequentato di più soprattutto negli ultimi anni, mi ha riservato molto del suo tempo è stato generoso ed attento in tante occasioni. Non mi ha fatto mancare presenza, consigli e anche critiche in alcuni momenti. L’ho guardato spesso con curiosità culturale, mi è sempre apparso autorevole, colto, lineare nelle analisi politiche. Colombo sapevo, è un patrimonio collettivo che può sfuggire anche ad un’ambiziosa biunivocità di relazioni. Ma a me è apparsa ricca la sua parola e lucida fino all’ultimo. Non perderò mai più nella mia memoria l’ultima visita di qualche giorno fa nella sua casa di Roma, classici tedeschi ed inglesi alle spalle, affaticato nella sua poltrona abbiamo parlato per molto tempo e della Basilicata. La sorgente ancora ricca dell’impegno dei cattolici, la disarmante forza del nuovo Papa, il suo ultimo libro, l’Europa, il nuovo Governo.

Tutto a memoria potrei ripetere tanto mi era sembrato, purtroppo, emblematico quell’incontro per le sue condizioni di salute. E riascoltando il suo umorismo, le sue battute e le sue sollecitazioni mi sento di poter trasferire ai tanti qui accorsi il senso di un pensiero e di un esempio. L’alto impegno che i cattolici devono alle comunità sapendo che questa origine è una forza ed un gravame di obblighi e di comportamenti. Il prisma complesso e luminoso delle scelte e delle decisioni. Poi non rinunciare alla prospettiva europea contribuendo al suo rafforzamento, l’Europa e la sua potente storia non è inconfutabile, ci dice Colombo anzi appaiono caducità nazionali pericolose e antistoriche che bisogna combattere sempre e comunque. Rigurgiti di patrie desueti e antitaliani che somigliano a certe glorie domestiche fondate su false genealogie. Colombo ci lascia un appello e un impegno estremo per l’Europa. Non sono mancate parole negli ultimi discorsi sulla Basilicata e la sua incompleta bellezza. La terra dei suoi corregionali, uomini e donne che lo hanno amato, seguito, temuto, a volte oggi piangono. A questa terra nel suo stare rivolto al mondo ha guardato con amore e dedizione, a questa terra offrì la sua giovinezza, la sua maturità perché era il più ricco sodalizio che aveva potuto raccontare. (…)

Al Presidente Colombo vorrei rivolgere con gratitudine e riconoscenza il nostro saluto. Ultimo al suo corpo ma spero primo di una nuova lunga storia che i suoi insegnamenti e il suo esempio sapranno ancora offrire.

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