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MATERA – La bella realtà teatrale della compagnia Teatro delle Albe, ieri è arrivata a Matera al teatro Comunale e domani, alle 21, calcherà le tavole dello “Stabile” di Potenza per il consorzio Teatri Uniti di Basilicata. Lo spettacolo messo in scena è “Il giocatore” scritto e diretto da Marco Martinelli, fondatore di questa importante compagnia più di trenta anni fa insieme a Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni. Ad oggi è un gruppo che conta circa 40 persone con testi e spettacoli realizzati in giro per il mondo e anche promotore dell’idea innovativa della “non scuola” dalla quale proviene l’unico attore in scena Alessandro Argnani. In anteprima rispetto alla messa in scena de “Il giocatore” (è stato già tradotto in inglese per una messa in scena negli Stati Uniti) il maestro Marco Martinelli si concede ad alcune domande per il Quotidiano del sud.

Marco, “Il giocatore” è uno spettacolo che fa una profonda riflessione sul gioco. Ma che posto attribuisce la sua pièce all’essere umano?

«Il gioco d’azzardo è una peste che nega l’umanità del giocatore. Il lavoro fatto con Alessandro Argnani va alla radice di questo patto con il diavolo. Il nostro spettacolo è un grido disperato di questo giocatore dentro la sua fossa della campagna romagnola, dove sta morendo colpito dagli strozzini, un grido affinché qualcuno lo raccolga, qualcuno che abbia ancora la volontà di restare umano».

“Restare umani”, ma il sogno di potenza e l’azzardo sono caratteristiche umane. Dove è il limite?

«Pascal riferendosi all’esistenza di Dio, dice una frase bellissima: siete incastrati. Voleva dire che bisogna scommettere se Dio esiste o no, si è costretti a giocare. La volontà di potenza è in ognuno di noi. Il giocatore ci mette tutti davanti a delle scelte ben precise, da una parte sono politiche perché non possiamo permettere che si venda distruzione; dall’altra riguarda qualcosa di più profondo all’interno di ognuno di noi, perché non sono dei diversi. Dobbiamo tutti giocare la nostra vita ma dobbiamo trovare i giochi giusti».

Il suo teatro arriva in tutto il mondo ma quanto i suoi testi sono legati agli attori in scena e quanto alla sua sensibilità di guardare il mondo?

«Non c’è distinzione tra queste due cose. Nel momento in cui medito ad un testo, non ho ancora cominciato a scriverlo che già penso a chi lo metterà in scena. Non penso solo a qualcuno che incarni le mie parole, ma a qualcuno che mi ispiri. Come la “Locandiera” di Goldoni che nasce perché nella sua compagnia c’era Maddalena Marliani. I personaggi sono frutto di un amore tra il drammaturgo e i suoi attori».

Con il Teatro delle Albe avete creato una realtà di teatro importante ed innovativa. Quale filosofia teatrale c’è dietro l’idea della “Non scuola” ?

«Ogni anno con la Non Scuola sono 300 circa gli adolescenti di Ravenna che lavorano con noi sui classici e sulla tradizione mettendo in vita grandi autori, questo da venti anni. Migliaia di adolescenti si sono avvicinati come un qualcosa da portare avanti in prima persona, sperimentando l’ebrezza del palcoscenico. Tutto nasce dall’idea della polis che abbiamo. Il teatro deve essere un luogo aperto, un porto di mare, un luogo che fa incontrare le generazioni e le persone sui vari linguaggi della scena. E’ pensare alla tua città come l’Atene del quinto secolo».

Concludiamo. Cosa è per lei la Bellezza?

«La Bellezza è il solo respiro necessario, è materia dei cuori sanguinanti».

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