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La rivoluzione di Mario Trufelli che trasforma i corrispondenti in inviati. Con Nanni Tamma “Il buttafuori” di Luciano Rispoli a Melfi. L’avvio della tecnologia digitale per la Sede Rai regionale ha aperto anche in me la finestra dei ricordi, per essere stato uno dei primi corrispondenti dell’emittente, allora solo radiofonica, con la sua sede in Viale della Pineta a Potenza. Ricordo ancora che, come capita a molti palazzi in Potenza, bisognava scendere di qualche piano per giungere all’appartamento dove alloggiava l’emittente. Era l’anno 1966 quando ebbi l’incarico, che tenni per circa venti anni.

Fino a quando la figura del corrispondente scomparve. Solo nell’ultimo periodo la mia collaborazione fu per la rete televisiva.

Si trattava di seguire gli avvenimenti da Melfi per il “Corriere della Basilicata” ed inviare le notizie a mezzo del famoso “fuorisacco” o trasmetterle per telefono con la rituale “R” o “in partenza da…” se gli eventi erano di particolare importanza.

Il “fuorisacco” era così chiamato perché sull’apposita busta vi era questa dicitura, viaggiando non con la corrispondenza normale ma a parte. Poteva essere imbucato ma per una maggiore celerità veniva consegnato al “procaccia postale”, che effettuava servizio sul treno. La telefonata con quella dizione veniva addebitata al ricevente. Oggi, in piena era tecnologica, questi mezzi farebbero sorridere.

Il mio inizio è stato contraddistinto da qualcosa da non dimenticare.

Il caporedattore dell’epoca, in un giro fra i vari centri, viene a Melfi per incontrarmi. Nella presentazione l’inaspettato. Lui mi porge la mano e si presenta: “Mario Fucile”.

Da parte mia: “Franco Cacciatore”. Ci guardiamo come per dire non prendiamoci in giro. Ma dopo un certo imbarazzo comprendiamo lo strano connubio “venatorio” dei nostri cognomi e la conclusione è una fragorosa risata.

A parte quest’esordio debbo dire che la mia collaborazione è stata sempre improntata alla massima cordialità e con piacere annoto che i rapporti di un tempo restano ad oggi intatti. Così con il capo redattore Renato Cantore ed ora con Oreste Lo Pomo e tutto l’organico della sede RAI di Potenza. Della mia epoca ricordo quasi tutti i nomi, anche se oggi solo pochi sono ancora in servizio. Dalla segretaria di redazione, Angela Benvenuto, sempre disponibile e pronta a darti una mano, a Celeste Rago, Franco Corrado, Lino e Augusto Viggiani (che curavano lo sport), Rocco Brancati (con lo sguardo quasi sempre volto al passato), Vittorio Sabia, Nino Cutro, Cinzia Grenci e Beatrice Volpe, agli operatori da Mimì Abbatista al figlio Dino, a Ottavio Chiaradia e Vincenzo Nolè, al caporedattore Mario Trufelli, con il quale vi è stata una lunga e intensa collaborazione. Con lui nulla poteva sfuggire.

Dovevi stare davvero all’erta e seguire tutti gli avvenimenti della città e a volte anche della zona. Ma a Trufelli va ascritto una vera rivoluzione nel campo delle corrispondenze, che erano lette alla radio (la televisione non esisteva!) da un giornalista della sede.
Ma un bel giorno lui decide che le notizie da alcuni grossi centri, come Melfi, non andavano più inviate o dettate allo stenografo ma narrate in diretta dai corrispondenti.

Una cosa che per l’epoca aveva davvero del rivoluzionario. Oltretutto si era impreparati al non facile compito. Altro è scrivere, altro è raccontare, e per giunta alla radio, l’evento. In ogni modo dopo le titubanze, le prime inevitabili papere, l’esperimento ebbe un ottimo risultato.
L’ascoltatore viveva il fatto dalla viva voce del corrispondente ed inoltre il giornale radio diveniva meno monotono.
Addirittura con il tempo si aggiungeva al resoconto dei fatti, anche il contributo sonoro di un’esibizione canora, di un comizio, le voci di rivolta, a mezzo di registrazioni effettuate con una strumentazione del tutto improvvisata.

In particolare ricordo un mio servizio esclusivo su una tradizione popolare che volgeva al termine, quella dei Giaconelli.
Oggi definitivamente scomparsa. Era un rito fra il sacro e il profano che si svolgeva annualmente, l’ultimo martedì del mese di settembre, intorno alla chiesetta rupestre di Santa Lucia, in quella contrada, dove fra gli affreschi v’era quella di una Madonna, verso la quale la gente aveva particolare devozione. In quel giorno s’invocava la benedizione della Vergine sul vino novello con una gita fuori porta, allietata da canti e suoni della tradizione popolare.

In quel servizio trasmisi telefonicamente anche questo spaccato, registrato con un Sony a cassetta.
Altro ricordo particolare è quello di Nanni Tamma, giunto dalla sede Rai regionale della Puglia, al momento dell’apertura dell’emittente lucana nel 1959.

Lui era attore e regista e ricreò una rivista radiofonica anche per la Rai Basilicata, come avveniva per tutte le sedi regionali, che andava in onda la domenica, alle ore 14. Si rifaceva un po’ alla “Caravella” della Puglia, con Coline e Marietta. Tamma realizzò “Il Lucaniere”, anche con attori dialettali, fra cui Gigino Labella (Failucce), cosa che fece da apriporta al teatro dialettale a Potenza.
In studio v’era anche un complesso musicale, diretto dal bravo pianista Lionello Colicigno, diplomato al Conservatorio di Pesaro e originario di quel centro.

Fra le cose organizzate con Tamma, la tappa a Melfi del programma radiofonico “Il buttafuori”. Una selezione di voci nuove, presentata da un giovane Luciano Rispoli. La trasmissione, che non andava in diretta ma era registrata, si svolse al Teatro Ruggiero.

I cantanti, che avevano superato un provino, erano accompagnati al piano da un pianista del luogo.

A Melfi dalla docente Maria Morante. Vinse un tenore leggero, Antonio Spaccamonte, con “Torna”. A fare la differenza con l’oggi, l’arrivo a Melfi di Tamma e Rispoli a bordo di una 500. Altra importante realizzazione, quella in occasione del sesto Festival della Canzone Italiana di Melfi, nel 1968.

Come corrispondente proposi alla Sede Rai di Basilicata di mandare in onda la terza serata in diretta radiofonica per l’area melfese. Una cosa sino a quel momento mai realizzata. Il collegamento fu effettuato ed ebbe grande successo. In quell’edizione era ospite, Alighiero Noschese. E su indicazione delle Sede Rai di Basilicata, negli anni ‘70, mi fu dato l’incarico di organizzare a Melfi la trasmissione televisiva “Giochi all’aria aperta”, regista Lino Procacci, svoltasi nella prima corte del Castello, location da me indicata per l’importanza del monumento ma anche per la possibilità di riprendere, con una zoomata, il centro storico della città.

Le gare erano incentrate sui giochi dei nostri nonni, su canti popolari (che riuscii, allora, a raccogliere dal vivo nelle cantine di Melfi) e la presenza di fantasmi nel castello.

Narrai quella di Giovanna la Pazza. Come cornice fu ricreata l’ambientazione della Festa di Pentecoste: rami di castagno, cupo suono di trombe di terracotta e rullio di tamburi. Per la parte folk feci partecipare il Gruppo di Avigliano. Ospite della serata, Mino Reitano, che cantò sul camminamento del castello fra due ali di alabardieri. Altra collaborazione di particolare rilievo, quella con l’addetto alla pubbliche relazioni della Sede Rai di Basilicata, Giuseppe Di Palma.

Con lui a Melfi la realizzazione di una mostra itinerante della Rai di grande interesse perché mostrava davvero la storia di quella che un tempo si chiamava EIAR. C’era di tutto.
Dagli enormi primi apparecchi radio, ai microfoni con la vecchia scritta dell’ente (per intenderci quelli del Trio Lescano) al tavolo di registrazione sino a giungere all’apparecchietto che emetteva il famoso cinguettio del così detto “uccellino della radio”, come intervallo fra una trasmissione e un’altra.

La mostra fu allestita nella palestra delle Scuole Elementari “Nitti” e fu visitatissima. Oggi di quella mia lunga collaborazione alla Rai regionale non mi resta nulla, salvo forse qualche registrazione nelle teche della sede.

A testimonianza, la busta “fuori sacco” indirizzata alla “Rai – Corriere della Basilicata”, la mia vecchia macchina da scrivere con la quale realizzavo gli articoli, una rara foto in studio e un “cimelio”, l’immagine di una gara di “Giochi all’aria aperta”.

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