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Guai ad aprire i cassetti. Puoi trovare lettere dimenticate. Questo che ho in mano in realtà è un vecchio fax, dalla provenienza deduco la data: 9 maggio 2001. Ero in redazione a Cosenza. “Cara Lucia, ti ho conosciuto quando il fango inghiottiva le persone, lo scorso autunno, le tue parole si infilavano nelle cose con una forza limpida e meravigliosa”. C’era stato l’alluvione di Soverato. Il fango e l’acqua aveva travolto la vacanza settembrina e la vita di tanti ragazzi, molti disabili, accompagnati dall’Unitalsi. Se io dovessi raccontare cosa significa per me essere un giornalista racconterei di quella domenica mattina, quando, partita dalla redazione per tornare a casa (260 km), a metà cammino, ai piedi del Pollino, uscii d’istinto a castrovillari e ritornai indietro, di corsa, per fare altri 400 km ed essere sul posto di quella sciagura immane. Me lo sono ricordato in questi giorni dell’alluvione di Metaponto. Il destino, strano, mi ha fatto ritrovare proprio adesso questo vecchio fax dimenticato.  Mi scriveva l’addetto stampa del più volte sottosegretario democratico Marco Minniti, all’epoca alla sua prima elezione in parlamento. Era Simona Pari, la volontaria italiana che con l’altra Simona, sarebbe stata sequestrata qualche anno dopo a Baghdad. Simona continuava: “Credo che esista una specificità di scrittura al femminile, che solo in poche sanno gestire e modulare”. Mi sembra una vita fa, e una scrittura fa. Oggi non ha più senso neppure chiamarsi giornalisti. Minutisti, sarebbe meglio. Ma forse la parola rimarrà, continueremo a usarla come quando all’inizio di un pezzo mettiamo la città e la continuiamo a chiamare data. Tu lo sai perchè la città si chiama data?

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