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«Ci sono tre tipi di bugie: le bugie innocenti, le dannate bugie e le statistiche». Questo pensiero è attribuito da Mark Twain al due volte primo ministro inglese Benjamin Disraeli (1804-1881), anche se non se ne trova traccia in discorsi ufficiali nè nella sua produzione letteraria (era uno scrittore al potere). L’importanza dei numeri nel calcio è assai minore che negli sport di statistiche per eccellenza, come il basket o il baseball. Ma apre nuovi orizzonti quanto hanno raccontato martedì a Londra, nella pancia dell’Emirates Stadium, i relatori al tavolo di Elite Minds in Sports Analytics Summit

La sfida è quella di portare nel management dei top club europei professori universitari, esperti di statistica – intesa nel senso più ampio di match analysis – per ottimizzare non solo la gestione della squadra sul campo, ma anche la campagna acquisti. Viene preso ad esempio il Liverpool, che ha pagato sulla sua pelle la minusvalenza di Andy Carrol, acquistato per trentacinque milioni di sterline dal Newcastle il 31 gennaio 2011 per poi essere svenduto al West Ham per circa quindici milioni la scorsa estate. L’esempio di come non si deve agire, che ha illuminato il proprietario dei Reds, l’imprenditore televisivo americano Tom Werner. 

Il parere autorevole che abbiamo intercettato grazie a John Sinnot della Cnn è quello di Chris Anderson, co-autore di The Numbers Game, libro che prova a sedurre i lettori sfidandoli così in copertina: “ecco perchè tutto quello che sapete sul calcio è sbagliato”. Anderson, ex giocatore delle divisioni minori tedesche e oggi professore alla Cornell University, individua oltre al Liverpool altre due società da tenere d’occhio nelle prossime sessioni di calciomercato, a partire da gennaio: il Manchester City degli sceicchi e la Roma di Pallotta. «Club i cui proprietari apprezzano e capiscono il valore dell’analisi statistica applicata allo sport», racconta il Prof. 

In realtà bisognerebbe sfuggire dalle estremizzazioni: nello stesso libro si leggono storie affascinanti ma lontane dalla realtà: la non influenza dei calci d’angolo sul risultato di una partita, ma soprattutto la maggiore propensione ai cartellini da parte dei giocatori cresciuti in Paesi ad alto livello di conflittualità interna, specie in presenza di guerre civili. Decisamente non si tratta di argomentazioni convincenti. Cosa diversa è rinunciare all’acquisto di un giocatore in più, destinando quelle risorse all’investimento nell’analisi statistica. Da affidare a professionisti specializzati con dottorati di ricerca, dotandoli dei migliori supporti software e hardware. Una strada, bilancio alla mano, che pare abbia già avviato l’Everton sotto lo stimolo diretto dei cugini di Anfield. Nella prima fase, svela il capo degli scout James Smith, anche solo attraverso strumenti elementari come i grafici a barre. Roba da scuole superiori. 

Un’applicazione concreta? «Il mercato mette in evidenza – spiega Anderson – l’inefficienza degli operatori nel comprendere e valutare la capacità difensiva dei giocatori sul campo». Semplificando: è difficile stabilire quanto vale un grande difensore. In aiuto arriva l’analisi statistica, scienza nota – a quanto apprendiamo – dalle parti di Trigoria. Ecco forse una spiegazione del capolavoro Marquinhos, pescato in Brasile per meno di cinque milioni di Euro e rivenduto dopo un anno al Psg per 31,4 milioni. 

Sabatini, confessa! Hai chiesto aiuto al tuo vecchio professore di matematica del liceo?

Twitter @pietroscogna

 

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