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Finire al Potenza? “Una punizione, una cattiveria gratuita di Italo Allodi”. Roberto Boninsegna, fresco settantenne, racconta col sorriso un momento importante della sua carriera. Quando voleva rimanere nell’Inter a tutti i costi e non gli venne consentito. “Ma la stessa cattiveria la misi in campo – racconta – e il Potenza quell’anno sfiorò una storica promozione in Serie A”. Il compleanno di Bonimba – come lo definì Gianni Brera – arriva guarda caso nella settimana in cui si trovano di fronte Italia e Germania a San Siro. Niente di paragonabile con il suo Italia-Germania, il 4-3 dell’Azteca (Mondiali Mexico 1970). 

Ma tra i vari tributi che i media nazionali stanno dedicando in questi giorni all’ex centravanti azzurro spicca l’intervista pubblicata lo scorso primo novembre su Avvenire, quella in cui il bomber mantovano fa il riferimento più ampio alla sua esperienza in Basilicata. Nei giorni scorsi è andato di persona a portare il suo sostegno agli operai della cartiera di Burgo, dove lavorava come saldatore il padre Bruno. E’ lì che ha dato il via ai festeggiamenti per i settant’anni. 

La stagione potentina è stata in realtà molto utile per Boninsegna, nonostante il trasferimento in Basilicata per la stagione 1964-’65 nacque quasi come un’imposizione: «Allodi sarà stato anche un gran dirigente, ma con me si comportò male. Dopo il prestito dall’Inter al Prato torno a Milano e mi dice: “Adesso o vai al Potenza o puoi anche smettere…”». 

L’attaccante arriva in rossoblù a ventuno anni, rinforzo per affrontare la seconda stagione nella serie cadetta dopo la tranquilla salvezza conquistata l’anno prima. Lui, Carrera e Casati non sono disponibili per le prime quattro partite di campionato a causa del servizio militare. Un bel problema per il tecnico Egizio Rubino. Il Potenza, imbottito di giovani in prestito dalle grandi del Nord,  non decolla. Il primo gol di Boninsegna ariva al Viviani il 6 dicembre 1964 contro il Catanzaro, quando è già la dodicesima giornata e fino a quel momento il bottino di tre vittorie, cinque pareggi e tre sconfitte non dava spazio a sogni di gloria. Con i giallorossi calabresi finisce 1-1, ma resta agli atti la prima partita in cui il Potenza schiera quello che poi passò alla storia come l'”attacco raffica”: Carrera, Canuti, Boninsegna, Bercellino II, Rosito. Qualcosa di impossibile da decifrare con gli schemi del calcio moderno. 

Sulle cronache di allora (Pino Gentile, Stadio, 7 dicembre 1964) un’ardita descrizione tattica di come quel Potenza occupava il campo: “determinante lo spostamento di Boninsegna al centro della prima linea e l’inserimento alle ali di due calciatori capaci di effettuare ripiegamenti in difesa e, quindi, agire da centrocampisti che si proiettano validamente a rete. E’ particolare la posizione in campo di Silvino Bercellino II: con il numero 10 sulle spalle lo juventino era marcato quasi sempre da uno stopper, mentre su Boninsegna, non di rado, agiva un mediano. Il risultato era che la difesa avversaria veniva a trovarsi in grave difficoltà e il Potenza poteva addirittura dilagare sottorete (…) un tourbillon efficace che disorientava le difese avversarie, alle prese con calciatori in continuo movimento“.  

Interpretando con i canoni di oggi: un “falso nove”, centravanti di manovra, che chiude la stagione realizzando 9 gol ma apre al primo terminale offensivo (Bercellino II) gli spazi per trovare la porta ben 18 volte. Nel complesso, una macchina da gol arrivata a quota 55 reti, miglior attacco della Serie B edizione 1964-’65. Quel Potenza terminò la stagione al quinto posto, a soli tre punti dalla promozione in Serie A conquistata da Brescia, Napoli e Spal. Una “cattiveria”, quella di Italo Allodi, a fin di bene. 

Twitter @pietroscogna

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