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Sto per scrivere un argomento talmente scontato che avrei voluto evitare, se solo il dibattito in questione non fosse finito di striscio anche su La Gazzetta dello Sport (21 novembre). Che per me è bibbia. E da testo religioso che si rispetti, lancia inviti alla riflessione che sarebbe peccato non cogliere. A pagina 33, nell’utilissimo spazio di Altri Mondi (perché la Gazzetta non è solo sport), c’è un trafiletto dal titolo: Elezioni flop. Basilicata, nessuna donna eletta. 

Mi è tornata in mente una roba che mi ero trovato a commentare in Rete con l’amico Mario Guarente. E’ un estratto da una nota di Antonietta Botta, presidente della Commissione Regionale per le Pari Opportunità (sigh): “Gli organismi di genere, i tanti organismi di parità, le organizzazioni femminili dei partiti,  non riusciranno ad invertire la rotta in Basilicata se non si interviene immediatamente sulla legge elettorale che dovrà prevedere necessariamente la doppia preferenza”. 

La presa d’atto dell’arretratezza si traduce nella volontà di conviverci. Lo strumento più inefficace che hanno le donne per rivendicare sacrosanti diritti sono associazioni e commissioni. Anche in questo lo sport dà lezione, simbolicamente e nel concreto. Perché aver investito l’attuale Onorevole Valentina Vezzali del ruolo di portabandiera ai Giochi di Londra è messaggio fortissimo. Come accendere la tv il 31 dicembre e non trovare necessariamente un uomo a parlare agli italiani a reti unificate. 

Nel concreto, lo sport femminile è traino dell’Italia e vanto della nostra immagine. Basti pensare alla scherma e al tennis. Ci sono donne che guidano brillantemente società di calcio (Valentina Mezzaroma a Siena, Valentina Maio a Lanciano). Vi parlo della mia esperienza diretta: lavoro in un’azienda che ha al suo vertice due donne, amministratore delegato e direttore responsabile. Forse certi problemi li ha solo la politica. 

Un’ampia frequentazione dello sport in rosa mi ha insegnato come sudore, sacrificio, atletismo e carica agonistica possano convivere con deliziosi esempi di femminilità. Certi complessi sono patrimonio della politica locale e (di riflesso) della signora Botta. La realtà è che molte donne, anche estremamente in gamba, il tempo preferiscono non dedicarlo alla vita pubblica con argomenti più che legittimi. E’ una scelta. Senza che ciò rappresenti un problema sociale. 

Allo stesso modo ho sperimentato che, a parità di competenze e di adeguatezza al contesto, la donna può avere una marcia in più dell’uomo. In termini di intuito e di sensibilità. In azienda come nello sport. Bisognerebbe solo evitare di piangersi addosso e mettere da parte impolverate battaglie di genere. 

Il giornalismo sportivo inizia per fortuna a prendere spunto da un’illuminazione lanciata il 15 gennaio 2012 dall’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero in occasione della presentazione di un libro di Emma Bonino: «Non mi piace quando dite “la Fornero”, oppure “la Littizzetto”. Dite “Fornero” e basta, così come dite “Monti”». 

Mettere quell’articolo è come voler dire che per distaccarsi dallo stereotipo di allattamenti, calzini da rattoppare e idee per il pranzo una donna debba acquisire qualcosa di mascolino. Un abbaglio clamoroso.

Ps: in Basilicata (Regione in cui i due capoluoghi di provincia sommano gli abitanti di un Municipio di Roma) ha votato meno della metà degli aventi diritto. Nella sostanza, solo chi aveva un amico candidato o precise indicazioni dal partito. Il vero flop è solo questo. 

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