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Quella che inizia a Grottaglie è la mia undicesima stagione in cui seguo il Potenza da giornalista e non più (solo) da tifoso. La prima partita su cui ho scritto qualcosa è stata Potenza-Morro d’Oro, 12 settembre 2004, campionato di C2. In panchina c’era Mimmo Giacomarro, che solo qualche mese prima aveva riportato il calcio potentino tra i professionisti al termine di una grande cavalcata, passando per la finale playoff con il Savoia. 

A quel Potenza sfuggì la promozione diretta dalla D all’ultima giornata, sul campo della Juve Stabia, una partita che avrei voluto seguire dal vivo a tutti i costi. Non ci sono andato perché Mimmo disse a mio padre, con il quale aveva stretto un bel rapporto d’amicizia: “meglio che non lo mandi Pietro, potrebbe non essere una giornata tranquilla”. In effetti aveva ragione, come poi mi hanno raccontato successivamente quelli che poi sono diventati i miei colleghi Alfonso e Sandro. Nel frattempo, dal 2004 ad oggi, c’è stato di tutto. E non è questa la sede per ripercorrere le vicende che hanno esaltato, umiliato e poi depresso il Viviani. 

Si riparte, 24 agosto 2014, primo impegno di Coppa Italia a Grottaglie e ancora in panchina quel siciliano di poche parole che ormai da queste parti è di casa. Nel Potenza di oggi, passando dal campo alla panchina, per finire nelle stanze societarie, ci sono diversi amici. Sarebbe ipocrita negarlo, considerando l’ambiente piccolo in cui operiamo. 

Loro che mi conoscono lo sanno bene, ci saranno discussioni, litigate, quando si lavora ci sta. La mia disponibilità al confronto sarà totale, senza privarmi mai del diritto di critica costruttiva. Ci saranno incoraggiamenti quando arriveranno i momenti più difficili, ma non ci saranno sconti. E’ un privilegio raccontare le gesta della squadra per la quale si fa il tifo sin da bambino, anche per tradizione di famiglia. Ma è un privilegio insidioso. Bisogna saperlo maneggiare con cura. Cercando di scindere il più possibile (la perfezione non esiste) la dimensione professionale da quella emotiva e affettiva.

Prendo in prestito le parole di un collega molto più bravo di me, G.B. Olivero, per quattro anni al seguito della Juventus per la Gazzetta dello Sport e ora passato a raccontare il nuovo corso del Milan. Lui e Pippo Inzaghi sono grandi amici. Così ha scritto G.B. qualche giorno fa su Facebook: “nell’era della tv che entra dappertutto, di Internet e dei social network, credo che chi scrive su un giornale abbia solo un’arma: prestare i propri occhi a chi legge. Ho cercato di fare in modo che chi comprava la Gazzetta per leggere di Juve riuscisse a vedere oltre le parole. A vivere la realtà di questa squadra, a immedesimarsi nei miei racconti“.

In una dimensione infinitamente più piccola, ma non per questo meno coinvolgente, cercherò di portare avanti lo stesso sforzo. 

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