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Si è aperta nel segno di un’umiliazione (105-29 a San Severo) la seconda stagione in cui la Timberwolves Potenza propone il suo progetto di rilancio del basket in città. Lo scorso campionato, lo ricordiamo, si è concluso con zero punti in classifica conquistati sul campo (due a tavolino) e un gruppo di giocatori – molti dei quali giovanissimi – mandato al massacro sui campi della Dnc insieme a un giovane allenatore. La strategia ideale per bruciarli.

Un copione riproposto quest’anno, dopo il ripescaggio, con l’età media del gruppo ancora più bassa e il paracadute di una sostanziale assenza di retrocessioni. Il discorso tecnico resta opinabile. Chi lo propone, sostiene di aver indirizzato i ragazzi su un percorso di crescita facendoli cimentare in un campionato senior. A costo di perdere ogni partita e tornare sempre a casa con il mal di testa. In tanti, tra gli addetti ai lavori ritengono invece devastante sottoporre i giovani atleti a un continuo Davide contro Golia, che li vede soccombere fisicamente, tatticamente e moralmente.

Senza dimenticare un particolare: i migliori prodotti del settore giovanile potentino continuano a fare di tutto per andarsene a giocare altrove, evidentemente non attirati dalla ribalta offerta dalla Timberwolves. Resta un dubbio di fondo: perché questa ostinazione nel voler partecipare, in maniera del tutto inadeguata, ai campionati nazionali?

Diamo un’interpretazione. Fino alla scorsa stagione il programma triennale per lo sport 2011/2013 della Regione Basilicata, alimentato da fondi europei, ha rappresentato un attrattore fondamentale. Sono state infatti sostenute con significativi contributi economici le società che andavano ad affrontare nelle rispettive competizioni avversari di almeno altre due regioni (requisito formale per definire “nazionale” un campionato). Meccanismo che di recente ha legittimato, inutile negarlo, partecipazioni decoubertiane – zero vittorie, spese ridotte all’essenziale – di squadre lucane in impegnativi campionati di basket e pallavolo. Tutto chiaro?

Dopo aver di recente legittimamente fissato un contributo per le uniche società professionistiche regionali, Matera e Melfi nel campionato di calcio di Lega Pro, la Regione sta elaborando una nuova legge sullo sport destinata al macro-universo dei dilettanti. Diverse le sollecitazioni a cui rispondere, con il contributo costruttivo offerto da un gruppo di studio del Coni regionale di Basilicata. Sarebbe importante correggere due anomalie di fondo del vecchio sistema.

1) Servirebbe una diversa modalità di erogazione dei contributi tra sport di squadra e sport individuali. Questi ultimi – altrettanto da sostenere nelle tante eccellenze presenti sul territorio – viaggiano su standard di bilancio non paragonabili rispetto a calcio, basket, volley e hockey ai massimi livelli.

2) All’interno degli sport di squadra, non è possibile determinare le fasce di contributi sul solo criterio dei chilometri percorsi nelle trasferte, senza tener conto in alcuno modo della categoria di appartenenza e del piazzamento in classifica.

Nell’ottica di una più virtuosa distribuzione delle risorse, si andrebbero così a tutelare le società che sostengono effettivi sacrifici portando in giro degnamente per l’Italia il nome della Basilicata e valorizzandone l’immagine. Molto spesso con buoni risultati.

Evitando così di utilizzare i ragazzini per fare cassa, perché con i soldi pubblici non si scherza. E con i giovani nemmeno.

Twitter @pietroscogna

 

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