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CHI SONO oggi gli antagonisti? Chi si oppone allo SbloccaItalia, gli irriducibili delle trivelle, gli occupy globali, gli sbandieratori dei no a tutti i costi, cosa sono? Quelli che un tempo si chiamavano antagonisti? Vi invito a leggere un editoriale di Paolo Macry (trovate il link sul mio profilo twitter). Il politologo partenopeo del Corriere, sfidando la furia del web e mettendo in conto un po’ di vaffa che si è guadagnato nei commenti al pezzo messo on line, affronta un problema cruciale che ci riguarda da vicino dopo le proteste di questi giorni sullo SbloccaItalia e gli affannosi chiarimenti del governatore, gli ultimi ieri mattina.

Abbiamo avuto un bel corteo sabato, una meno partecipata mobilitazione dei Cinquestelle a Scanzano. Sabato mattina a Potenza c’erano anche alcuni sindaci e anche leader e militanti di Fratelli d’Italia. Ai quali dico subito una cosa, così ci togliamo il pensiero. Non vorrei trovarmi a scegliere tra il nero del sottosuolo e il rosso sangue del Mediterraneo. Quindi, a ciascuno il suo colore, senza mettere il cappello sulla spontaneità di centinaia di ragazzi che mi ricordano le marce anticamorra degli anni Ottanta sulle quali mise subito il cappello il Pci. Se poniamo la questione tra chi vuole bene alla natura e chi vuole massacrarla chi mai si metterà dalla parte del torto?
Cito testualmente Macry, ché non saprei fare meglio:

“Mischiano presunti interessi locali con parole d’ordine anticapitalistiche, antitecnologiche, antimoderne. Sono cioè, in senso stretto, reazionari. Tutto questo richiama un nodo storico. In Italia, il conflitto sociale ha avuto caratteri controversi. Ha consolidato e legittimato la democrazia, con le battaglie otto-novecentesche per i contratti agrari, il lavoro di fabbrica, i diritti civili, eccetera. Ma ha anche pascolato, più che in paesi come l’Inghilterra o la Germania, all’ombra di partiti e sindacati nazionali che non di rado ne manipolavano programmi e interessi. E visto che si trattava di partiti massimalisti o comunque all’opposizione, come il Psi primo-novecentesco o il Pci, il conflitto sociale è stato ambiguo nei confronti dei processi di trasformazione, del rapporto tra sviluppo e uguaglianza, del nesso tra Stato e mercato. È apparso, non di rado, conservatore. Incapace di stare al passo coi tempi”.

Dunque, per contestualizzare il ragionamento sulla Basilicata, abbiamo un movimento antagonista di sfondo (che però è mancato all’appello come prometteva) con innesti partitici di evidente strumentalizzazione. La piazza dei giovani è altra cosa. Mi rendo conto che se hai meno di 18 anni basta che Saviano apre bocca e sono tutti con lui.

Poi abbiamo un problema interno al Partito democratico con posizioni che potremmo definire gradate e associabili, oltre che a convincimenti interiori (questo non possiamo verificarlo) anche a posizionamenti politici (questo è di più facile lettura): il governatore, sostenuto istituzionalmente dal capogruppo parlamentare Speranza, ha l’obbligo del motivatore e dunque difende i risultati. Obiettivamente, mentre alcune cose non sono credibili e comunque non attuali (per esempio il raccordo di Matera alla rete ferroviaria), altre cose sono poco confutabili: quando dice, ad esempio, che abbiamo sottratto il tesoretto al Veneto e alla Liguria è vero; quando dice che la card benzina va in fondo di coesione sociale, è vero ed è sicuramente meglio (a proposito ma ve la ricordate la storia del fondo per la povertà della Curia?), quando dice che sono state sbloccate cose inseguite da decenni, è innegabile. E così per le royalty, le maggiori risorse dall’Ires, etc. Rispetto a queste cose si è liberi di commentare: sono briciole. Io non ci spunterei su. Il nodo vero è il rapporto istituzionale tra governo e regione fino ad arrivare all’ultimo anello, quello dei comuni.

Dobbiamo preoccuparci del rapporto capovolto tra Stato e regione? Penso, da cittadina e non da sovversiva, che un dirigente del ministero dell’ambiente non sia inferiore a un funzionario della regione Basilicata. Né che ne sappia di meno, né che sia più corruttibile. Altra cosa sono i popoli, i territori, le comunità e la loro vocazione, che spesso non riescono a vedere e valorizzare coloro stessi che ne fanno parte. E’il grimaldello che spinge Lacorazza e molti democratici a sostenere che bisogna impugnare per incostituzionalità l’articolo 38.
Guardate cosa è stato fatto sul litorale calabrese: ve la sentireste di dire che quei sindaci che hanno moltiplicato le concessioni edilizie abbiano assecondato la vocazione turistica della costa? I territori vanno accompagnati, ascoltati, protetti. Una regione serve a questo.

Altro è l’assemblearismo diffuso e moltiplicativo che ha alternato pratiche virtuose a sciacallaggi. Non esiste una sola regola. Per quanto vogliamo teorizzare connessioni orizzontali, chi governa le diversità? Chi mantiene la regia della visione? Dobbiamo allora dare a Cesare quel che è di Cesare, incalzando il governatore affinchè abbia un’interlocuzione incisiva col governo, supportata da tutto il suo partito, dando prova concreta, quando arriveremo al dunque, che se i vecchi patti vanno rispettati oltre non si va. C’è un ordine del giorno di Folino che rappresenta una sana mediazione tra necessità di sviluppo, bisogno dei territori e limiti alle estrazioni. Le regole ci sono (come le norme), vanno solo viste. Incalziamo il capogruppo Speranza che è, in questa fase, uno dei massimi influencer della politica italiana ed è anche lucano. Al solito chi protesta per principio fornisce un alibi al regista che sta in cabina. Affrontiamo il problema, cerchiamo soluzioni. Ma diamo una possibilità. Dobbiamo controllare che le risorse che entrano non siano sperperate. Voi siete d’accordo su come i comuni hanno speso le royalty finora? Andranno per la forestazione? Dobbiamo pretendere che nei boschi i forestali non vadano a fare scampagnate. Li mettiamo nella sanità? Chiudiamo i reparti a perdere come la Cardiochirurgia di Potenza. Li diamo ai Copes? Controlliamo le scuole di formazione.
Insomma, raccogliamo tutti i no dei ragazzi del mondo. Ma chi ha più di 18 anni abbia la maturità di essere all’altezza di una discussione.

(Il video dell’irruzione nello studio del professore Paolo Macry all’università di Napoli)

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