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Bella l’atmosfera al circolo Kikipedia. I Fiori con le spine sanno anche creare calore, radunare amici, offrire una poltrona nella stradina sopra Potenza che amo di più, via del Popolo. L’occasione giusta per accogliere un insolito ospite, un piccolo Leonardo dei tempi moderni, che scrive romanzi, compone poesie, dipinge, insegna economia ma – soprattutto e per fortuna nostra – tiene alto il nome dell’Italia nel mondo con un vino che fa parte della storia del nostro Sud.

Piero Mastroberardino, erede della più antica casa vinicola della Campania, ha scritto un romanzo (il secondo) che si intitola “Giro di vite”, e va in giro con un clan di simpatici amici a presentarlo. Sabato sera a Potenza, con Simona, Paolo e Cristiana, con un po’ di musica e un tartufo gelato ho avuto la sensazione che Potenza, come dice Pino, ha bisogno di ritrovare convinzioni, forza per uscire dal tepore mentale che la bancarotta municipale ha contribuito a determinare.

 

E anche ritrovarsi insieme può essere utile. Se è vero che quell’indeterminatezza – bella condizione di distensione e dilatazione dei pensieri e dell’esistenza – che ci regala come spunto di riflessione il nostro autore può essere una proficua spinta alla metamorfosi per il vivere delle comunità, è pur vero che a un certo punto a un sintesi bisogna giungere. In quali confini nuovi collochiamo questa città? Da una grande crisi non può che rinascere un’utopia. Lo spettacolo politico di questi giorni è indecente. Quale condizione migliore per farsi venire delle idee nuove?

 

 

ps. sono andata fruori traccia. Volevo scrivere due parole sul libro di Piero Mastroberardino. Un fatto di cronaca, un incidente automobilistico che coinvolge due ragazzi, due amici (uno muore, l’altro si salva, dopo il coma) è lo spunto per raccontare molte cose. I protagonisti della storia (sembra che emerga un protagonista, poi via via l’autore ne accompagna gli altri alla ribalta e non li abbandona mai, anzi, concede ad ognuno lo spazio dei propri tormenti con una prospettiva di racconta che mi ha fatto pensare al “Capitale umano” di Virzì) sono uomini e donne che “al giro di vite” si trovano davanti alle grandi domande dell’esistenza. Alle quali bisogna dare risposte, perchè – dice l’autore – la vita è troppo breve per non trovare delle ragioni. Polemico con i giornalisti e con tutti i prototipi di una società di provincia, l’incontro con l’autore restituisce autenticità e realismo al romanzo per gli spunti autobiografici. Rassicurante ricordarsi – alla fine di ogni ragionamento – che non è una cosa seria. Molte serie, però, le bottiglie che poi apriamo a tavola.

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