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Matera verso il 2019. La città si appresta a concludere la prima parte di un percorso lungo, estenuante ma allo stesso tempo entusiasmante, come tutte le sfide che prevedano un premio finale. Ci si fermerà, si darà il necessario riconoscimento alla città migliore classificata, che proseguirà il cammino apparentemente sola. Se dovesse capitare a Matera, la città dei Sassi avrebbe la certezza di essere sospinta da milioni di persone: dunque non solo quelle che, da ogni parte della regione, si stanno riversando a migliaia in città per accogliere nel migliore dei modi la commissione che valuterà, sul campo, l’idoneità della candidatura lucana; non solo quelle che, anche non lucane, riconoscono a questa pietra preziosa qualità artistiche, paesaggistiche, umane ma anche ragioni storiche per meritare l’ambiziosa nomination. A sospingere Matera ci saranno anche tutti quei lucani che vivono nei cinque continenti, e che non hanno mai reciso le proprie radici, mai smesso di rivendicare la propria identità. La candidatura di Matera a capitale europea della cultura non ha fatto che ampliare questi sentimenti, che farebbero di Matera non una capitale europea, ma una capitale del mondo.

E forse proprio per questa ragione la dicitura “Matera 2019” inizia a sembrarmi riduttiva. Lo dico francamente e provocatoriamente, ben sapendo che la candidatura coincide con una città e giocoforza deve portarne il nome. Però se, informalmente, tra noi lucani che questa investitura ce la aspettiamo e la rivendichiamo, la chiamassimo “Basilicata 2019”, renderemmo il tutto più verosimile, alla luce della coesione che va ben al di là dei soliti, piccolissimi (numericamente e moralmente) localismi di campanile. Credo sinceramente di non aver mai assistito a una mobilitazione regionale di tale portata – sicuramente facilitata dai network sociali – dentro e fuori la Basilicata (eccezion fatta per la vicenda di Scanzano, ma era un’altra cosa).

A me pare davvero che la stragrande maggioranzadei lucani (a parte i cinque o sei appostati sul quel campanile cadente) si identifichino nella città, nella sua candidatura e nel lavoro svolto dal comitato organizzatore; credo che una tale trasversalità – che si sviluppa inevitabilmente sul terreno dell’identità – rappresenti un’occasione straordinaria per rilanciare globalmente la capacità di coesione, iniziativa e sviluppo che la nostra comunità può vantare.

Se vincesse Matera, vincerebbe un’intera regione, che vive dentro e fuori i confini geografici che ne delimitano la ragione politica. La città dei Sassi avrà il compito di rappresentare e guidare, per un lustro, questa comunità. Comunità che è ben capace di vivere da protagonista non solo la dimensione culturale di un continente, ma l’era complessa che investe il concetto di cittadinanza europea.

Basilicata 2019: così andrebbe chiamato l’eventuale successo di tutti i lucani. Anche di quelli che se ne andarono e continuano ad andarsene, e che con questo progetto possono coltivare non solo quell’orgoglio dell’appartenenza che ha il sapore intenso di ciò che si gusta da lontano. Se Matera riuscisse a proiettare l’identità lucana – spogliata di ogni provincialismo – verso il 2019potremmo anche ricominciare a riflettere sulle strade del ritorno. Lo faremmo senza nessuna illusione, come da decenni fa chi emigra: sappiamo benissimo che eventi di questo tipo spesso hanno un ciclo che si esaurisce con la conclusione dell’evento stesso, non determinando un cambiamento strutturale di lungo periodo. Però se un’opportunità del genere fosse davvero ben sfruttata – e l’entusiasmo che sta accompagnando questa candidatura fa ben sperare – potrebbe tramutarsi in uno straordinario megafono capace di attirare e veicolare investimenti di varia natura. Non solo vetrina, dunque, ma soprattutto officina.

Bisognerà farlo dimostrando grande proprietà di un linguaggio non semplice da parlare: quello della cultura. Ma siamo ben consapevoli di esserne capaci; possiamo coniugarne i verbi senza affanno, e nei tempi più complessi. Lo faremo attingendo al nostro “background”, come i commissari venuti dall’Europachiamerebbero il nostro bagaglio di conoscenze, capacità e competenze.

Loro pondereranno con serenità. Non ho dubbi che capiranno quanto forte è la nostra vocazione “glocal”, ossia a rappresentare egregiamente il particolare attraverso un tamtam globale, che nessuna comunità al di fuori della nostra può condurre con tanta efficacia attraverso quei milioni di facce sparse per il mondo, che parlano con la stessa cadenza, e osservano ostinatamente verso lo stesso punto. Guardano a Matera, alla Basilicata. Guardano a casa.

Ecco, sarebbe molto bello se, a fronte di un successo tanto auspicato, così tenacemente ricorso, il Comitato Organizzatore volesse nominare, simbolicamente, tutti i lucani che vivono fuori regione ambasciatori nel mondo della nostra città, della nostra cultura e del nostro progetto.

2019: non ci resta che incrociare le dita. 

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