Le primarie, gli hashtag e un voto tradizionale
Le primarie, gli hashtag e un voto tradizionale
Ven, 27/09/2013 - 12:55
La primarie del centrosinistra per la scelta del candidato presidente della Regione sono state forse il primo appuntamento politico che in Basilicata è stato seguito, analizzato e commentato anche sui social network con una certa intensità.
Cifre piccole rispetto a quelle di altre zone o di altri appuntamenti, ma da queste parti - dove scontiamo un ritardo di alfabetizzazione digitale e la logica dei numeri - possono suggerire qualche riflessione.
Partite con quattro candidati in corsa, le primarie si sono ridotte a una sfida a due: Marcello Pittella, vicepresidente uscente della Regione, e Piero Lacorazza, presidente della Provincia, entrambi del PD. È stato uno scrutinio sofferto, sono stati necessari due riconteggi, alla fine ha vinto Pittella, superando l’avversario di solo 367 voti. In totale hanno votato 57.793 persone: affluenza molto alta rispetto alle ultime consultazioni.
Campagne elettorali molto diverse nei toni, per platee e per linguaggi. Entrambi hanno scelto un hashtag per raccontarle (e raccontarsi) tra Twitter e dintorni.
Le due settimane di campagna di Pittella si sono concentrate attorno a #liberaleprimarie; Lacorazza ha scelto #cambiareinsieme, a cui si è aggiunto #iostoconpiero, coniato dai sostenitori, ma utilizzato molto poco.
Caterina ha provato ad analizzare l’utilizzo di Twitter da parte dei due candidati e dei loro sostenitori: Le primarie si possono vincere anche con i social?.
Caterina è molto precisa nel suo disclaimer: ha aiutato e supportato la comunicazione su Twitter di Pittella. La sua analisi è dettagliata, prova a descrivere, con grafici e tag cloud, la diversa presenza nei 140 caratteri. La sua trasparenza mi permette di rifarmi ad alcuni dati, sapendo che il mio punto di vista è diverso e che non sempre aderisco alle sue conclusioni.
L’utilizzo di #liberaleprimarie ha dei picchi durante due eventi pubblici di Lacorazza Pittella e nella notte dello scrutinio.
Lacorazza e sostenitori utilizzano Twitter con costanza, ma in modo decisamente meno importante, come canale di racconto della campagna elettorale.
Mettendo insieme tendenze, crescita di follower, menzioni e diverse attività dice Caterina: «Questi numeri non dicono certo che le elezioni si possono vincere anche con Twitter. Indicano però la partecipazione. Molto chiaramente».
È evidente che non è stata la presenza sui social network a fare la differenza in termini di voti. Troppo risicato lo scarto tra i due candidati. Se i retweet avessero un peso nelle urne, Pittella avrebbe sbancato allo scrutinio.
Ha però senso aprire una riflessione sulla capacità da parte dei candidati di solidarizzare, raccontarsi e fare engagement con la comunità di riferimento e quella che si vuole costruire.
C’è un continuo rimbalzo tra le conversazioni online e l’osservazione della quotidianità reale. Quello che accade in rete finisce per bussare alla porta di casa, nelle redazioni locali, nel consiglio regionale, al partito. Non vuol dire che sia la rete a dettare l’agenda. Piuttosto è facile che online nascano sollecitazioni che il politico non può più ignorare. A meno che non lo faccia dichiaratamente.
Contemporaneamente, però, credo che i numeri siano troppo bassi per parlare di partecipazione. Nella maggior parte dei casi, a vivere la campagna elettorale delle primarie lucane su Twitter c'erano cittadini già da un po' abituati a utilizzare quello spazio. Una percentuale minima della comunità potenziale, del «popolo del centrosinistra» a cui si sono appellati i candidati.
Ma è vero, c'è un pezzo di comunità – comunque in crescita – che contribuisce a costruire il racconto delle cose senza troppa mediazione. Anche in una regione da 500.000 abitanti la politica non può più (non dovrebbe) ignorare questo abitare.
«Non possiamo ancora dire che il web sposti voti ma è necessario per creare una strategia completa», diceva qualche giorno fa su Europa Patrizia Carrarini, responsabile della campagna elettorale di Roberto Maroni, intervistata Giovanni Diamanti.
Il risultato, poi, è un’altra questione. Nonostante campagne elettorali molto diverse persino nei toni, Lacorazza e Pittella hanno giocato sul testa a testa fino alla fine. Entrambi sono stati supportati dalla politica tradizionale, il Pd nel primo caso, un’area più moderata nel secondo. L'alta affluenza alla consultazione è stata trainata da strategia e logistica di una macchina molto fisica, ramificata sul territorio e dai metodi consolidati.