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MATERA – La parola d’ordine è fiducia. Varcare la porta della Questura vuol dire aver già compiuto una scelta, quella di interrompere le violenze, i soprusi e i maltrattamenti. Per la Polizia di Matera e i commissariati della provincia fra il 2019 e il 2020 è accaduto più volte; lo dimostrano le denunce per atti persecutori che sono passate da 77 a 84 così come l’emersione dei casi di maltrattamenti in famiglia aumentati da 70 casi nel 2019 a 79 un anno dopo.

Un aumento lieve ma che lascia intravedere un cambio di passo da parte delle donne. A diminuire sono, per fortuna, le denunce per violenza sessuale passate da 17 a 14. A commentare un fenomeno diventato ormai parte integrante della nostra società è Luigi Vessio, dirigente della Squadra Mobile di Matera: «La maggiore consapevolezza delle donne e la certezza di uno strumento come il Codice rosso – spiega- sono stati determinanti. Credo che il tema, comunque, sia principalmente sociologico. Viviamo in una società che è sempre orientata verso una maggiore individualizzazione, una religione dell’io che ci chiude in noi stessi». A chi sostiene che il Covid abbia inasprito i rapporti, Vessio risponde con i dati che, al contrario, indicano fenomeni che non hanno indicato segnali gravi.

Significativo è il dato culturale che indica precise caratteristiche e che lascia intendere ci sia ancora una gran parte di casi sommersi. Ecco perchè il protocollo che scatta in caso di denuncia è molto previso e mette al centro la vittima che si rivolge alla Polizia nel primo passo di un percorso di difesa: «Facciamo di tutto per mettere a proprio agio le donne che denunciano affidandole alla sezione della Polizia specializzata nei reati contro la persona e le violenze di genere che si occupa della fase di ascolto e di verifica di tutti gli elementi del caso.

Fondamentale infatti è fare in modo che ogni episodio sia valutato con molta attenzione per evitare strumentalizzazioni da entrambe le parti. Il nostro obiettivo è innanzitutto far parlare la vittima e non è sempre facile. Da parte nostra cerchiamo di facilitare questo momento che è seguito dalla messa in carico a un centro antiviolenza. Si tratta di un ruolo fondamentale – conclude – che fa parte di un sistema complessivo che va dalla cultura alla legalità al supporto materiale e psicologico fino al reinserimento dell’autore come previsto dalla legge».

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