X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

Secondo il dispositivo di sentenza del Tar di Basilicata, i suoli espropriati ad alcuni cittadini della collina materana per il potenziamento dell’aviosuperficie Mattei di Pisticci da trasformare, anche con l’allungamento della pista, in aeroporto, devono essere restituiti ai titolari. Ripristinati come in origine. Tempo fa lungo quei terreni, i cui proprietari hanno proprio nelle coltivazioni agricole, il proprio sostentamento, c’erano degli aranceti, un palmeto e un vecchio casolare ristrutturato.
L’opera – dice il Consorzio industriale di Matera che ha in carico i lavori – è fondamentale per la Regione. Tanto che la Regione Basilicata ha destinato all’intervento 8 milioni di euro.
Ieri, un primo stop che il Tar notifica a mezzo di dispositivo: le motivazioni, però, saranno depositate tra qualche giorno. Al momento ancora non si conoscono quali e quante sollecitazioni promosse dai cittadini (tutelati dai legali Raffaele De Bonis e Luca Di Mase) nel ricorso contro l’Asi di Matera siano state accolte. Resta la decisione: i suoli espropriati e sui quali era stato previsto l’allungamento della pista devono tornare ai proprietari.
LA DELIBERA ANNULLATA
Il Tar di Basilicata ha annullato la delibera del consiglio di amministrazione dell’Asi di Matera numero 72 del 18 dicembre 2007, con cui si approvava il progetto definitivo dei lavori, e «tutti gli atti successivi della procedura, compreso il decreto di esproprio». Ma tutto comincia diversi mesi prima.
IL “PRIMO” RICORSO
Era il 7 agosto 2007 e i due proprietari ricevono dall’Asi l’avviso di avvio del procedimento per l’espropriazione dei beni immobili di loro proprietà, necessari ai lavori d’intervento sulla pista. Nella stessa nota l’Asi – dice il ricorso – spiegava di aver approvato il progetto definitivo dei lavori con una delibera, la numero 8, del marzo 2007. Ma i proprietari del suolo hanno provato ad accedere agli atti per presentare le proprie osservazioni, ma non riuscendo ad averne contezza, impugnano la procedura espropriativa (anche se il Consorzio ha ribatito di essere stato sempre a disposizione). Così il Tar intima all’Asi di depositare tutta la documentazione necessaria.
LA SOSTITUZIONE
Ecco la novità. Nel gennaio successivo l’Asi deposita la delibera 72. Nel frattempo, infatti una sentenza della Corte costituzionale ha modificato i parametri per il calcolo delle indennità da esproprio dei suoli ai privati da parte della pubblica amministrazione. Ecco perchè l’Asi ha annullato la precedente delibera di approvazione dei progetti definitivi (la numero 8) che viene “sostituita” dalla successiva: era necessario aggiornare i valori dei suoli espropriati per la pista. Il ricorso, allora, si arricchisce di motivi aggiunti.
IRREGOLARITA’ DI PARTE
Così, i due proprietari di terreni elencano nel ricorso una serie di motivi che – sostengono – rendono l’intera procedura irregolare. Spiegano che non risulta «che il Consorzio abbia chiesto all’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile, ndr) il rilascio del certificato di aeroporto» a dispetto della normativa. Ma sarà l’Asi a replicare, in sede di giudizio, che la trasformazione della pista dell’aviosuperficie è stata autorizzata dall’Enac.
Tra le contestazioni del ricorso anche il mancato rispetto del diritti di partecipazione alle procedure perché non erano stati informati, anticipatamente e come interessati, delle decisioni comunicate loro a progetto approvato. E non basta – si legge nel ricorso che riprende una “controdeduzione” dell’Asi – che «le garanzie partecipative siano state soddisfatte con la nota del 7 agosto» perché quella comunicazione si riferiva all’avvenuta approvazione della delibera annullata. Dunque – è il senso della sollecitazione – per la successiva, anche se è stata modificata solo l’indennità espropriativa a seguito della pronuncia della Consulta (che poi è il principale interesse del privato) l’iter andava istruito – sostengono i legali dei due cittadini – daccapo.
ULTERIORI RILIEVI
A dirla tutta, i rilievi sollevati dei ricorrenti nella procedura vanno oltre. «Nelle delibere di approvazione del progetto definitivo – scrivono nelle motivazioni aggiunte – non si riscontra alcun richiamo ad una precedente approvazione del progetto preliminare». Anche se l’Asi ha spiegato che in ogni caso sono state fatte indagini approfondite, studi scrupolosi, prima di avviare il progetto. Fatto sta che, stando al ricorso, nella «documentazione depositata dal consorzio non risultano la relazione geologica, geotecnica, ideogeologica, idraulica e sismica». A questo aggiungono che «l’area industriale della Val Basento è stata dichiarata zona di interesse nazionale ai fini della bonifica e del ripristino ambientale quale sito inquinato». Serve, dicono, la procedura di Valutazione di impatto ambientale (di parere contrario l’Asi). E se non bastasse, il suoli dei cittadini sono solcati dal Basento: tanto per aggiungere un prevedibile timore in fatto di rischio idrogeologico.
LA STRADA PROVINCIALE
I due proprietari, sempre nella memoria, ricordano che le opere necessarie all’ampliamento della pista interessano anche parte della strada provinciale per Pomarico: il percorso della tratta va modificato (di recente la protesta degli abitanti della zona che si sono visti interrompere la strada per l’avvio dei lavori) e potrebbe ricadere proprio sull’altra parte dei suoli dei due ricorrenti che – dicono – non sono stati informati neanche di questa eventualità. Della lunga lista di osservazioni, presto, la chiarezza rispetto a quelle accolte. Ma nel frattempo, quel progetto “fondamentale” per la comunità lucana, va incontro a un primo amministrativo stop.
Sara Lorusso

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE