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LA DENUNCIA è arrivata dagli avvocati di Trento che componevano la commissione d’esame. In mezzo a quella mole di elaborati devono aver colto qualcosa di ripetitivo che andava molto al di là delle normali assonanze tra le citazioni obbligate dei detti celebri della dottrina da una parte, e della giurisprudenza dall’altra, da sempre oggetto di studio perlopiù mnemonico. Stesse tracce e stessi argomenti – fino a questo punto niente di male – ma anche lo stesso ordine di esposizione, i periodi, la punteggiatura, e persino le parole. Troppo perché potesse passare inosservato. Troppo per poter contare su quel senso di solidarietà che a volte scaturisce, o si presume che scaturisca, dalla comune appartenenza a un’antica corporazione, anche perché da un lato stanno i praticanti e dall’altro ben distinti gli avvocati, quelli che l’esame l’hanno già superato: ci passa giusto una toga di mezzo, e non è una cosa indifferente. La procura della Repubblica di Potenza ha inviato 110 avvisi di garanzia ad altrettanti aspiranti, che hanno sostenuto la prova scritta dell’esame di Stato per l’abilitazione alla professione forense nella sessione del 12, 13, e 14 dicembre 2007. L’accusa per tutti è di aver presentato «come propri, lavori che in realtà erano opera di altri», in violazione del primo articolo di una legge datata 1925, e intitolata alla «repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche». La pena per questo tipo di condotte va da tre mesi a un anno di reclusione. L’atto in sé è diviso in tre parti: l’avviso all’indagato sulla conclusione delle indagini preliminari; l’invito a nominare un difensore di fiducia; e l’informazione sul diritto di domandare all’autorità che procede di essere interrogati nei venti giorni successivi alla notifica, dopodichè il pm potrà decidere se archiviare il procedimento o avanzare richiesta di rinvio a giudizio. L’intestazione è quella dell’Area B della procura della Repubblica di Potenza, che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione, l’ambiente, e il territorio. Quanto agli interessati si tratta in maggior parte – com’è ovvio – di procuratori legali, ovvero praticanti da almeno due anni, abilitati al patrocinio per le cause di piccola entità, come richiesto dalle regole per partecipare all’esame di abilitazione. Ma più d’uno nel frattempo avrebbe già prestato giuramento, dopo aver superato la sessione d’esame successiva, quindi potrebbe fregiarsi dell’onorato titolo di avvocato. La vicenda era esplosa, una prima volta, a distanza di qualche mese dallo svolgimento della prova, nel luglio del 2008, quando i risultati della correzione degli elaborati erano stati affissi nelle bacheche dei quattro Tribunali del distretto giudiziario lucano, che copre tutto il territorio regionale, quindi Potenza, Matera, Melfi, e Lagonegro. Su quei 104 compiti annullati e i pochissimi ammessi a sostenere l’orale, meno di un quarto dei 600 aspiranti (in una sede già nota negli anni addietro per percentuali di abilitati superiori al 90%) era montato lo sconcerto, che aveva scatenato le reazioni dei rappresentanti dell’Ordine degli avvocati – più severi – e dei giovani legali – più comprensivi, tanto che alla notizia della designazione della commissione dell’Ordine degli avvocati di Trento per la quarta volta consecutiva, anche nella sessione d’esame successiva, era intervenuta addirittura un’interrogazione parlamentare a firma del deputato lucano Vincenzo Taddei (Pdl), mentre la sede per lo svolgimento della prova veniva trasferita fuori città, in cima alla montagna della Sellata, dove i telefoni cellulari non hanno campo. Non è chiaro come sarebbe stato possibile che 104 persone abbiano copiato gli stessi pareri. Quello che è dato sapere è che almeno all’inizio i sospetti degli investigatori si erano concentrati sugli organizzatori di un corso di preparazione per quell’esame, quindi qualcuno dall’esterno, che è rimasto da identificare, sarebbe stato informato sulle tracce (non si capisce se prima, o dopo l’apertura delle buste da qualcuno degli aspiranti), e avrebbe distribuito delle e-mail agli aspiranti con telefonino intelligente al seguito nonostante tutti i divieti del caso. Tra gli elementi forti dell’accusa ci sarebbe una perizia che conferma l’ipotesi della copiatura in serie. Le indagini sono state affidate alle attenzioni del pm Sergio Marotta, l’ultimo arrivato negli uffici della procura del capoluogo, una carriera iniziata ventiquattro anni fa nel contrasto al crimine organizzato prima della svolta verso i reati contro la pubblica amministrazione. Considerato un magistrato d’assalto, come il suo predecessore Henry John Woodcock, la notorietà gli è arrivata nell’ultimo periodo dai processi intentati a Napoli contro i coniugi Mastella, e in particolare per aver rinviato a giudizio nello scorso mese di ottobre Sandra Lonardo con l’accusa di tentata concussione, e aver denunciato senza tentennamenti una collega del Tribunale partenopeo per avergli fatto pressioni a favore del suo stimato compaesano di Ceppaloni, pochi giorni prima che entrasse in servizio a Potenza. Leo Amato

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