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Luigi Gay

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«FIDUCIA» nelle operazioni dell’autorità giudiziaria ma anche un appello a tutti i soggetti in campo a compiere «scelte più coraggiose ed efficaci» nella lotta all’usura e al racket. Fenomeni in continua crescita in una Basilicata all’apparenza “isola felice” ma in realtà stretta nella morsa delle mafie confinanti. Fenomeni tanto più odiosi nei mesi in cui l’emergenza pandemica si trasforma sempre più in allarme economico e sociale. Luigi Gay conosce bene la realtà lucana per aver guidato la Procura del capoluogo, oggi la analizza da presidente del comitato regionale che si occupa proprio di fronteggiare racket e usura.

Dal suo particolare osservatorio di Commissario regionale delle iniziative antiracket e antiusura, come giudica la pressione dei due fenomeni (usura ed estorsione) sul territorio lucano? E, secondo la sua lunga esperienza, che ruolo hanno le mafie confinanti (calabrese, campana e pugliese) nella crescita di racket ed usura in Basilicata?
«Da più fonti istituzionali politiche, amministrative e giudiziarie sono stati lanciati forti segnali di allarme per il pericolo di infiltrazione ancor più penetrante da parte della criminalità in genere nel tessuto economico e sociale, favorita dalla attuale situazione di grande difficoltà determinata dall’epidemia in corso, a cui non si sottrae nemmeno un territorio depresso come la Basilicata, aspetto sottolineato anche nel Rapporto annuale del giugno 2020 della Banca d’Italia. Avere ai confini della Basilicata agguerrite organizzazioni criminali certamente ha influito sul numero di reati collegati a quel tipo di criminalità, in particolare le estorsioni. Su questo versante, tuttavia, nutro grande fiducia sugli effetti delle importanti operazioni dell’autorità giudiziaria, che hanno assicurato alla giustizia numerosi membri di quelle organizzazioni, specie nel sud della Basilicata. Mi permetta di dire, con soddisfazione, che la Procura e la Dda di Potenza sono all’altezza dei loro compiti».

Tra le finalità del Coordinamento regionale che lei guida da oltre tre anni, quale ha avuto più impatto sulla popolazione lucana?
«L’esperienza maturata e che è stata portata avanti dai componenti il Comitato (di cui fanno parte la Fondazione Lucana Antiusura “Mons. Vincenzo Cavalla” di Matera, l’Associazione Famiglia e Sussidiarietà di Matera, la Fondazione Interesse Uomo di Potenza, l’Associazione Fai “Falcone e Borsellino” di Montescaglioso, il Cofidi Fidi Imprese e il Cofidi Sviluppo Imprese di Potenza) ha fatto comprendere che la denuncia per usura ed estorsione, la costituzione di parte civile in processi per tali reati, l’aiuto economico a persone indebitate o vittime dei citati reati, la costituzione di un’associazione antiracket e antiusura, l’apertura di sportelli di ascolto e l’assistenza ad uscire da complesse situazioni economiche sono tutte finalità perseguite dal Comitato, che certamente costituiscono “una testimonianza di legalità” per i lucani e al tempo stesso hanno consentito di ricostituire un minimo di normalità nella società civile in zone dove insistono emarginazione e degrado, creando una uscita di sicurezza dal pesante controllo della malavita».

I lucani denunciano o esistono ancora troppi casi sommersi? Crede che la crisi economica prodotta dalla pandemia influirà sulla persistenza di racket e usura e, se sì, in che modo fronteggiarla?
«Prendo spunto da quanto rilevo dalla Relazione per il 2020 redatta dall’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per l’usura e l’estorsione, per confermare il difficile momento che stiamo vivendo: il ricorso al Fondo di solidarietà ex art. 14 legge n. 108/96 non è aumentato, anzi è diminuito. Tale dato è comune a quasi tutte le Regioni italiane, in cui si constata che le denunce per estorsione ed usura sono diminuite. Si potrebbe affermare con superficialità che evidentemente la criminalità organizzata e altri gruppi di malaffare siano in difficoltà, sia per le diverse operazioni giudiziarie sia per la pandemia, ma così non è purtroppo. La cruda realtà è che la criminalità organizzata, gruppi di speculatori o mediatori finanziari abusivi hanno mutato il loro modus operandi: meno violenza e intimidazione, ma più persuasione nella scelta – favorita dalla rassegnazione e dalla mancanza di alternativa da parte di piccoli imprenditori, commercianti e singoli individui indebitati – di ricorrere alle loro ingenti risorse finanziarie illecite. In tal modo spesso le imprese illegali e clandestine possono inserirsi e agire nell’economia legale. A ciò si aggiunge a superare ogni remora, il disvalore che ormai nel sentire collettivo si attribuisce alla denuncia di fatti delittuosi, non ritenendola né un dovere del cittadino, né, a peggiorare le cose, un modo per uscire dalle strettoie imposte alla società da una economia in crisi e speculatrice. Spesso influisce anche la vergogna di spiegare momenti di debolezza per non far mancare a sé stesso o a familiari le offerte di un maggiore benessere. Alle volte, ancora, non si denuncia l’usura perché paradossalmente l’usuraio resta l’unico aiuto economico per andare avanti. La vittima si convince che spesso la legalità non aiuta, perché non garantisce il cittadino che rispetta le regole. Si manifesta allora, in questo quadro, l’importanza centrale “del rapporto con il territorio”, della possibilità per soggetti esposti all’usura o ad altro di poter parlare con persone qualificate, facenti parte delle organizzazioni del Comitato, per far sentire alle vittime “la presenza della legalità”, non solo per far conoscere altre possibilità per affrontare le difficoltà economiche, ma anche per accompagnarle nel complesso percorso della ripresa e nei rapporti con istituti finanziari legali».

Esiste secondo lei un modo per uscire da questa spirale?
«Un’arma da usare contro tali illegalità è l’informazione, perseguita con grande impegno dai Consorzi, Fondazioni e Associazioni del Comitato, perché occorre creare un circuito di solidarietà mediante manifestazioni pubbliche, aiuti economici da parte degli organismi preposti, sportelli di ascolto e assistenza legale nei processi. Non bisogna lasciar sole le vittime di questi reati, perché l’isolamento è la loro condanna non avendo o non avvertendo altre alternative salvo quella di cedere al ricatto o alla violenza. Proprio l’insicurezza nel futuro non aiuta a denunciare, mentre il confronto o una corretta informazione aiutano a capire e a decidere cosa fare».

Può darci qualche numero sulle iniziative e i risultati raggiunti in fatto di finanziamenti, contributi e consulenze ma anche di sensibilizzazione e informazione sul tema racket e usura, oltre che di sinergia con le associazioni del territorio e fornirci qualche cifra per avere contezza della portata e della pervasività dei due fenomeni in Basilicata?
«I componenti il Comitato antiracket e antiusura, che presiedo, perseguono i loro compiti in completa autonomia decisionale. Ogni anno, in base al Fondo destinato dalla Regione Basilicata al Comitato per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla legge regionale n. 21 del 2015, viene approvato, con l’accordo di tutti, un Piano di Azione che stabilisce la distribuzione del Fondo ai Cofidi, alle Associazioni e alle Fondazioni del Comitato, in base alle richieste di ciascun membro. Posso dire che per il 2019 e il 2020 al Fondo sono stati stanziati euro 500.000 per ciascun anno, del cui utilizzo i vari componenti il Comitato devono fornire formale rendicontazione alla Regione. Posso affermare che, tra enormi difficoltà quotidiane, i due Cofidi, le due Fondazioni e le due Associazioni portano avanti silenziosamente ma con passione un lavoro di cui la Basilicata può vantarsi e non può fare a meno. Nel riconoscere alla Regione Basilicata e al Presidente Bardi un grande impegno sul fronte del contrasto all’usura e alle estorsioni, nonostante i problemi di bilancio di cui essa deve farsi carico, non posso sottacere che un più consistente finanziamento del Fondo permetterebbe agli enti interessati, privi di scopo di lucro, di svolgere con maggior incisività un lavoro che per la collettività viene sentito, come ho già detto, come una “testimonianza di legalità”. Volendo fornire qualche cifra posso dire ad esempio che per il 2019 con riferimento a due organizzazioni del Comitato, anche a causa delle insufficienti disponibilità, la prima ha trattato 163 casi di indebitamento, accettandone 48 e respingendone 148, e la seconda ha ricevuto richieste di aiuto economico e di consulenza da parte di 183 persone, di cui molte anche a rischio usura, fornendo garanzia per prestiti dalle banche per 26 persone».

Crede che l’assenza di più adeguati strumenti a sostegno delle categorie esposte a rischio indebitamento possa influire nel proliferare di questi fenomeni malavitosi? Bastano le misure assistenziali esistenti o si potrebbe far meglio?
«Il 2020 è stato per buona parte delle persone un periodo buio ed immobile, foriero di gravi conseguenze sia economiche che sociali anche per il 2021. Non si può sottovalutare il pericolo del condizionamento da parte dei peggiori settori della criminalità ed occorre contrastarlo con impegno ed intelligenza, oltre che con gli strumenti della solidarietà, come sono quelli offerti dalle leggi n. 108/96 e n. 44/1999. E’ necessario potenziare questo strumento per renderli più concreti ed efficaci. Dal Rapporto Svimez del 2020 si rileva che proprio il fenomeno della pandemia e il conseguente aggravamento delle condizioni economiche rendono necessarie analisi precise da cui far discendere “scelte coraggiose”. Ed ancora che le varie forme di offerte dei sodalizi malavitosi o di schiere di usurai hanno consentito di sostenere vari settori della classe sociale più povera e di imprese in difficoltà, mediante prestiti anche non a tassi usurai. Secondo il citato Rapporto occorre anche in Italia avviare “un grande programma di sdebitamento” a partire da innovazioni normative che affronti il sovraindebitamento sull’esempio dello sforzo che portò alla promulgazione della legge n. 108/1996 sull’usura».

Una delle associazioni lucane del suo Comitato ha avuto problemi ad attingere ai fondi di sostegno alle famiglie a rischio indebitamento: il motivo è la difficoltà a interfacciarsi con le banche: come si supera questo ostacolo?
«Una risposta alla sua domanda fu data quando il 16 marzo 2019, su iniziativa del sottoscritto e dell’allora prefetto Cagliostro (oggi Commissario straordinario del Governo antiracket e antiusura), fu firmato il protocollo di intesa tra la Prefettura di Potenza e i principali istituti di credito della Regione, che fu sottoscritto anche dall’allora ministro dell’Interno Salvini. Tale protocollo fu preparato proprio in quanto ritenemmo che la pronta disponibilità e offerta di denaro contante da parte della criminalità e di persone a quella collegate suppliva, purtroppo, ai ritardi del sistema bancario nel concedere prestiti, anche su garanzia prestate dai Consorzi, dalle Associazioni e Fondazioni del Comitato. In tal modo si riteneva di dare un segnale – e se possibile delle risposte concrete – alle richieste di aiuto finanziario che provenivano da coloro che svolgevano attività imprenditoriale, commerciale o in quanto responsabili di nuclei familiari. Le Prefetture di Potenza e di Matera, affiancate dal Comitato da me presieduto, si sono assunte il non facile compito, sia con riferimento alle organizzazioni di categoria sia al mondo bancario, di sollecitare attenzione ed iniziative da parte del settore bancario per sventare il più possibile i programmi di infiltrazione della criminalità, che utilizza anche l’usura come grimaldello per forzare le porte mobili ed elastiche dell’economia. Dobbiamo alla sensibilità del prefetto Vardè se si sono svolte alcune riunioni per monitorare e constatare la fattiva applicazione del Protocollo, per non farlo restare una mera adesione formale. Tuttavia, basta leggere le cronache giornalistiche e quanto lamentato dai componenti il Comitato, da imprenditori e commercianti per renderci conto della mancanza di aiuti finanziari rapidi, anche se garantiti. Ci rendiamo conto che le decisioni devono passare all’approvazione delle Direzioni centrali, ma è necessario avere quanto meno risposte rapide e positive, in considerazione anche delle garanzie fornite dalle associazioni e fondazioni, avendo presente che i danni di questa emergenza, quelli di natura economica, avranno gravi ripercussioni sia sugli equilibri sociali sia inevitabilmente sul sistema bancario. Le attività imprenditoriali o commerciali controllate dalla malavita non portano mai benessere al territorio in cui operano, servono solo a nascondere attività illegali o favorire il riciclaggio. Devo dare atto che l’Abi (Associazione bancaria italiana, ndr), nei limiti delle sue competenze, ha svolto un grande lavoro di intermediazione raccomandando con circolari ai vari istituti di credito di snellire l’iter delle istruttorie bancarie per la concessione di finanziamenti a partire dalla autocertificazione (approvata anche dall’autorità giudiziaria), ciò al fine di dare attuazione al cosiddetto Decreto Liquidità dell’8 aprile 2020, in favore di piccole e medie imprese, lavoratori autonomi e professionisti. Ma ciò non basta perché ad esempio sarebbe altamente utile che l’Abi suggerisse ai vari istituti di credito soluzioni più fattibili in favore delle categorie vulnerabili! Occorrono, in conclusione, da parte di tutti i soggetti interessati scelte più coraggiose ed efficaci in grado di venire incontro alle esigenze impellenti e non rinviabili della collettività lucana».

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