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Partiamo dalla segnalazione di un interessante editoriale di Romano Prodi su Mattino e Messaggero di ieri. L’ex premier riporta l’analisi del «settimanale inglese “The Economist” che, sintetizzando i dati Svimez, ci propone un’analisi spietata del problema meridionale. Le cose andavano già male prima ma la tragedia si è aggravata negli anni della crisi: le otto regioni meridionali hanno visto la loro economia contrarsi del 13% di fronte al 7% del centro-nord. Dei 943.000 nuovi disoccupati il 70% sono meridionali mentre il tasso di partecipazione al lavoro è il 40% rispetto al 64% del nord. Il tasso di occupazione femminile è oggi del 33%. Inferiore non solo al 50% del centro-nord ma anche al 43% della Grecia. Il livello di povertà assoluta è passato dal 5,8% al 12,6%. Il tasso di natalità è inferiore di quello pur bassissimo del nord, mentre, in questa prima parte di questo secolo, più di 700.000 persone hanno di nuovo risalito la penisola come emigranti e più di un quarto di questi è composto di laureati, privando quindi il Mezzogiorno di una possibile nuova classe dirigente». Secondo l’ex leader del centrosinistra «l’Economist, toccando anche il problema delle infrastrutture, della Pubblica Amministrazione e della giustizia, è costretto ad intitolare il suo servizio come “il racconto di due paesi.” Per concludere che, mentre la differenza fra le due Germanie al momento dell’unificazione era superiore a quella fra il nostro nord e il nostro sud, ora siamo noi a dovere constatare le differenze territoriali più drammatiche e crescenti. Dopo l’abolizione della Cassa del Mezzogiorno non si è provveduto a costruire una nuova politica meridionalistica più moderna e meno soggetta alla corruzione politica ma si è semplicemente cancellato il problema dall’agenda, con l’illusione che la disponibilità dei fondi europei avrebbe permesso alle regioni meridionali di apprestare una nuova e più efficace strategia di sviluppo».
Una riflessione che sembra fare il paio con quanto un altro ex premier – Enrico Letta – scrive oggi sulla Stampa, ampliando l’orizzonte su scala europea: «L’esito delle recenti elezioni britanniche rivoluzionerà l’Europa. Il risultato, infatti, è destinato a cambiare l’agenda dell’Ue il volto del continente del futuro. Sarà un percorso difficile e carico di rischi, che dovrà essere gestito con cura e visione». Oggi, intanto, tutte le prime pagine riportano il caso Grecia (Atene non riuscirebbe a restituire alla Ue il prestito del Fondo monetario, ovvero 4 rate per 1,6 miliardi, e Berlino che intima a rispettare gli impegni) e l’esito delle Regionali in Spagna con la crescita degli indignati di Podemos (primo partito a Barcellona, testa a testa coi popolari del premier Rajoy a Madrid) mentre in Polonia avanza l’euroscettico Duda. Sulla crisi greca, il Mattino evidenzia una dichiarazione di Gianni Pittella: «Sono ore cruciali per la trattativa – ha detto il presidente dell’eurogruppo S&D dopo aver incontrato il premier greco Tsipras –, dobbiamo fare tutto il possibile per raggiungere un accordo equo tra la Grecia e i suoi creditori».

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