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POTENZA – «Il fatto non costituisce reato». Con questa formula ieri mattina il collegio del Tribunale di Potenza presieduto da Aldo Gubitosi ha assolto il deputato e sindaco di Rionero Antonio Placido (Sel) dall’accusa di abuso d’ufficio.

Placido era imputato anche per occupazione abusiva in concorso di un alloggio dell’Ater, ma per i magistrati potentini il «fatto non sussiste». Quindi assoluzione tombale.
All’uscita dell’aula il deputato-sindaco non ha nascosto la soddisfazione e ha ribadito di aver agito «per evitare un’ingiustizia».

«Qui quando un inquilino lascia una casa popolare l’Ater non fa murare l’ingresso come si fa da altre parti – ha spiegato al Quotidiano – in attesa di scorrere una vecchia graduatoria o approvarne una nuova. Per questo succede che i più prepotenti se ne approfittino a scapito di chi ha più bisogno. Sono abitazioni costruite anche quarant’anni fa e basta spingere per aprire la porta. Non c’è nemmeno un’effrazione. Perciò con un po’ di malizia avrei potuto anche evitare di metterci la faccia con un provvedimento a mia firma. Peraltro mai come in questo caso non avevo nessun interesse ad agevolare qualcuno. Rionero non è New York eppure non avevo mai conosciuto prima la persona che è andata a stare in quella casa».

Quello arrivato ieri in decisione è solo il primo caso di questo tipo per cui Placido è finito a processo, con l’accusa di aver favorito alcuni cittadini della “sua” Rionero in spregio alla legge. Assegnando loro degli appartamenti di proprietà dell’Ater.

Nella sua difesa l’avvocato Pietro Pesacane ha ribadito la tesi da sempre sostenuta anche in una recente intervista al Quotidiano.

«I fatti sono incontestati. La questione è tutta sulla loro qualificazione giuridica. Secondo l’accusa sarebbero illegittimi, mentre per noi sono del tutto regolari. Bisogna considerare alcune cose, come che in quel periodo il sindaco ha dovuto fronteggiare una oggettiva “tensione abitativa” in paese, e ha adottato dei provvedimenti urgenti ma comunque a carattere provvisorio. Qui non ci sono prebende per il suo operato, sia chiaro, di nessun tipo. Parliamo di persone che gli erano state segnalate dal servizio sociale: una madre separata senza reddito e con un figlio minore che senza un tetto da dichiarare rischiava di perdere l’affidamento; e una famiglia con una figlia affetta da un grave handicap mentale che aveva appena subito uno sfratto».

«E’ vero gli appartamenti assegnati erano di proprietà dell’Ater – spiegava l’avvocato Pesacane – ma non erano oggetto di un bando per la loro assegnazione. Non c’era una graduatoria per cui qualcuno è stato scavalcato. Dov’è l’interesse o l’arricchimento ingiusto del privato? Qui al massimo siamo di fronte a un interesse umanitario».
L’Ater Potenza, indicata dall’accusa come vittima del reato, ha deciso di non costituirsi come parte civile.

Ora la palla passa alla Regione, dove con cadenza periodica vengono approvate sanatorie proprio per situazioni di questo tipo.

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