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In futuro ci sarà il deserto: secondo una ricerca, la popolazione lucana è predestinata a scendere di oltre il 10%. Con la Germania

POTENZA – Estate 2050. Le erbe selvatiche, indurite dal sole, fischiano al vento. Aumentano il senso di spaesamento per l’eventuale visitatore della Basilicata.Una landa abitata da cani e rondini si stende per migliaia di chilometri quadrati. Qua e là interrotta da alcuni centri urbani e poi costellata di ruderi. Paesi fantasma. Strade che non collegano più nulla, o quasi.
Messa così – in questo paesaggio che sa di steppa – sembra il prologo di un romanzo di fantapolitica, di quelli che descrivono futuri distopici, indesiderabili. Al di là delle esagerazioni, il quadro che lo studio della Commissione europea citato dal sito internet Termometro Politico (https://www.termometropolitico.it) prefigura – di qui a trent’anni – è quello di una terra spopolata. A guardare il grafico, i lucani sembrano destinati a spegnersi lentamente, per consunzione. Per mancanza di numeri. Si tratta, beninteso, di previsioni passibili – come tutte le previsioni – di smentita.

E’ interessato l’intero territorio dell’Unione europea. Inclusa la Gran Bretagna: l’uscita tramite Brexit è recente. Lo studio è stato realizzato su Nuts 3. “Nuts” indica la Nomenclatura delle unità territoriali statistiche. Indica, cioè, in che modo è diviso il territorio dell’Unione europea a fini statistici. Esiste da circa trent’anni e si basa sull’entità della popolazione residente in ciascuna area. Per evitare definizioni tecniche che in questa sede non servono, Nuts 0 indica la ripartizione in stati nazionali, Nuts 1 grossomodo le aree geografiche (ad esempio gli stati federati della Germania e, per l’Italia, Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole), Nuts 2 le Regioni e il 3 sta per le province. Gli autori hanno studiato l’andamento demografico delle diverse province che compongono l’Ue per cercare di avanzare una previsione su quale possa esserne l’evoluzione demografica. Insomma, chi perderà abitanti, chi resterà stabile e chi ne guadagnerà. La legenda del grafico elaborato indica, con colori diversi, la differente collocazione: da chi perderà oltre il 10% della propria popolazione fino a chi – via via progredendo di percentuale in percentuale – avrà oltre il 25% di crescita.
L’Italia non se la cava male, in generale, anzi: molte aree del centro e del nord vedranno lievitare il numero di cittadini. Ma anche al sud sono previste performance – se così possiamo dire – positive e zone di stabilità o di perdita contenuta.

Sono poche le aree per cui le previsioni si fanno molto negative: il Molise; parte della Calabria; la Sardegna (ma non tutta: la zona attorno a Olbia si salverebbe). E la Basilicata. Perdere oltre il 10% di popolazione in 34 anni vorrebbe dire raggiungere una densità di abitanti davvero labile. Ai limiti dell’evanescenza, quanto meno se rapportato all’Europa continentale e a una nazione popolata come l’Italia. Certo, non saremmo i soli: stessi risultati per Grecia, Bulgaria, parte della Romania, Ungheria, Slovacchia. E, udite udite, Germania. Ma – dovesse risultare realistica questa previsione – una cosa è perdere abitanti in un qualche lander altamente industrializzato. Un’altra cosa in Basilicata.

Didascalia foto:
Craco, uno dei paesi fantasma della Basilicata (ph. Giulia Ubaldi) 

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