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La Banca popolare di Bari

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POTENZA – Dopo una paziente attesa, gli azionisti della Banca popolare di Bari (riunitisi in un Comitato indipendente) sono stati ricevuti dall’amministratore delegato Giampiero Bergami. Un incontro a lungo sollecitato e al quale gli azionisti sono arrivati dopo aver anche fatto delle proposte conciliative, nel tentativo di chiudere la vicenda senza però perdere tutto il patrimonio investito negli anni passati in quella che doveva essere la banca del Sud.

«Ci hanno sottoposto – spiega Saverio D’Addario, presidente del Comitato degli azionisti – un protocollo d’intesa che risale a giugno dell’anno scorso, quando c’erano ancora i commissari. Con l’aggravante di tutta una assurda serie di postille. Per esempio: essere affetto da una grave patologia, essere disoccupato, avere un Isee non superiore ai 15.000 euro. Ma che c’entra tutto questo? Quando abbiamo investito non è che chi aveva un Isee più basso ha pagato di meno».

Ma non è tutto, perché l’amministratore delegato ha praticamente detto che più di 4 milioni di euro per gli azionisti non ci sono. Quindi è stato stabilito un tetto massimo di rimborsi (30.000 euro) e la valutazione di ogni azione a un prezzo stracciato: 2.38 euro.
«Solo che quando le abbiamo acquistate – ricorda D’Addario – valevano 9 euro».
Così, dopo un incontro in cui le controproposte del Comitato neppure sono state prese in considerazione, nella serata di sabato si è riunito il direttivo del Comitato.
«E quello che è emerso è una profonda amarezza e rabbia. Noi avevamo detto: “Le azioni trasformatele in obbligazioni, spalmandole su più anni. Sarebbe stato più equo. Ma ci hanno risposto che così si riempivano di debiti. E perché noi no? Devo ricordare che ci sono persone che ora vivono in condizioni molto gravi, anche per la salute, e non possono curarsi perché non hanno i soldi? I loro soldi sono stati bruciati dal crac dell’istituto in cui avevano fiducia».
E c’è anche un’altra beffa secondo i battaglieri membri del Comitato: «Il protocollo d’intesa dovrebbe includere tutti, anche quelli che finora hanno dormito, quelli che non hanno neppure presentato una denuncia. Noi stiamo a fare le battaglie e vuoi vedere che poi, alla fine, gli altri ne dovrebbero vedere i frutti».
E la ciliegina sulla torta è che «sul documento che dovremmo firmare secondo loro c’è pure scritto che la banca si dichiara estranea a quanto accaduto. E se così fosse, a che titolo ci darebbero questi soldi? Uscendo ci hanno detto: rivoluzionatelo, vedete come sistemarlo al meglio. Ma il punto che non cambia è che 4 milioni ci sono e da quella cifra non si scappa. E significa per noi perdere il 70/80% di quanto dato alla banca».
L’unica nota positiva: è stata assicurata la regolare liquidazione delle obbligazioni possedute, per le quali sono stati già accantonati i fondi necessari. E questo significa che chi ha anche delle obbligazioni alla fine di quest’anno si vedrà restituire qualcosa. Ma non tutti, purtroppo, si trovano in questa situazione.
Il prossimo 16 aprile è previsto un nuovo incontro e si sta preparando una risposta ufficiale, ma gli animi non sono sereni. Non lo sono da tanto, da quando si è capito che i risparmi di una vita avevano preso il volo. E benché sia in corso il processo contro gli ex vertici dell’Istituto, non c’è alcuna fiducia nel fatto che una eventuale sentenza di condanna possa far tornare indietro i soldi. Una sfiducia negli tempi della giustizia e nelle capacità di controllo di uno Stato avvertito ormai come nemico.

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