X
<
>

Il sito del New York Times con il titolo dell'articolo

Condividi:
2 minuti per la lettura

POTENZA – E’ sbarcata in America l’ultima inchiesta dell’Antimafia lucana, che ha smascherato l’infiltrazione dei clan fin dentro la gestione del bar-caffetteria del Tribunale di Potenza.
A traghettarla oltreoceano, sono state Gaia Pianigiani and Emma Bubola, le due corrispondenti italiane del New York Times.

In un articolo pubblicato sul sito internet del più importante quotidiano della Grande Mela Pianigiani e Bubola si sono soffermate sulle immagini riprese dalle telecamere piazzate dagli investigatori all’interno del bar. Ma hanno anche raccolto la testimonianza del procuratore Francesco Curcio sulle difficoltà di un’indagine del genere. Su tutte il mantenimento della copertura necessaria a raccogliere le prove richieste per inchiodare i presunti prestanome del clan dei pignolesi, guidati dal noto pregiudicato Saverio Riviezzi.

A costo di esporre fino all’ultimo gli altri magistrati in servizio nel tribunale potentino al rischio di lasciarsi scappare una parola di troppo sul loro lavoro. Senza sapere che dall’altro lato del bancone potesse esserci un orecchio molto interessato a carpire notizie riservate.

Nell’articolo pubblicato sul New York Times vengono riportate anche alcune frasi dell’avvocato Davide Pennacchio, che nel 2017 aveva partecipato, senza successo, alla gara per la gestione dei locali del bar del Tribunale, vinta dai presunti prestanome del clan.

Proprio Pennacchio, ieri, ha voluto rendere nota la sua posizione anche alla stampa locale precisando di non aver «presentato alcun esposto ovvero denuncia ovvero querela contro nessuno».
L’avvocato ha spiegato di essere stato soltanto convocato come semplice persona informata sui fatti, nel 2018, dal procuratore Curcio e dall’allora procuratore aggiunto Francesco Basentini (poi diventato capo del Dap e attualmente in servizio come pm a Roma). Ed è in quell’occasione che gli venne chiesto conto del ricorso presentato al Tar contro l’aggiudicazione della gara per il bar.

«La mia azione – ha aggiunto Pennacchio – non ha mai custodito propositi giustizialisti e sono sicuro che gli organi di polizia, prima, e la magistratura, poi, hanno da sempre condotto attività d’indagini autonome e secretate, come si compete ad ognuno di loro nella regolare spettanza dei ruoli e delle competenze conferitegli dalla legge dello Stato».

«Da parte mia mai nessun intento ulteriore rispetto alla tutela dei miei diritti ha governato il mio agire». Ha proseguito l’avvocato.
Infine l’annuncio dell’intenzione di costituirsi come parte civile nei confronti dei dipendenti del Comune di Potenza che risultano indagati per un’ipotesi di turbativa di gara legata all’assegnazione del bar ai presunti prestanome del clan.

«Ritengo che i tempi siano maturi per far valere i miei diritti (…) essendo, oggi, soggetto danneggiato economicamente e moralmente dalla condotta di alcuni “amministrativi” della Casa comunale». Ha concluso Pennacchio. «Per ristabilire quel senso di giustizia che è venuto meno nella gestione della res publica».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE