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“NON LASCIATECI annegare, riapriamo le piscine”. Lo striscione esposto durante la prova dei campionati regionali a Potenza ha fatto rapidamente il giro d’Italia. Fino a ieri sera i social si sono scatenati con oltre 1700 condivisioni e quasi 3000 mi piace. Nel tempo della comunicazione globale è un chiarissimo segnale: il problema esiste, è grave. E quello striscione suona proprio come un vero e proprio grido d’allarme, lanciato da chi in una piscina vive gran parte delle proprie giornate, ma che anche in quegli impianti svolge la propria attività lavorativa.

Al momento nessuno si è preso la briga di prendere in considerazione le esigenze che ha, e che non lasciano dormire sonni tranquilli, un intero comparto.
«Chiediamo di poter essere ricevuti dal presidente Bardi, in Regione. Sarà l’occasione per chiedere un sostegno fondamentale per noi, a fondo perduto, che sarebbe utile per riaprire gli impianti a settembre». Lo affermano, consapevoli di quanto chiedono, Roberto Urgesi, presidente della Federazione Nuoto della Basilicata, e Mauro Fortarezza, rappresentante dei gestori degli impianti natatori disseminati sul territorio regionale.

Il grido d’allarme che parte dalla Basilicata assume da oggi anche una valenza nazionale, perchè la situazione di uno sport (e contestualmente di una attività lavorativa per tanti) che non riparte è ormai diventata insostenibile in ogni parte d’Italia. Solo per comprendere di cosa stiamo parlando, in regione ci sono 20 impianti natatori: Marsico, Viggiano, Melfi, Moliterno, Picerno, Satriano, Marconia, Matera, Pignola, Venosa, Rivello, Pescopagano, Senise, Ferrandina, Policoro, Montalbano, Lauria, Potenza, Baragiano e Campomaggiore. Allo stato attuale sono aperte solo le piscine di Viggiano, Potenza e, da ieri, Matera. 13 di queste sono pubbliche, gran parte di esse sono a gestione pubblico-privata.

All’interno di queste strutture, solo per restare legati ai numeri degli atleti e dei tecnici tesserati, per cui parliamo del settore agonistico, sono 685 le persone che si allenano in impianti che sono manutenuti da lavoratori attualmente senza impiego. A questi, chiaramente, si aggiungono coloro i quali hanno l’hobby del nuoto e non appartengono a società affiliate. In poche parole un indotto notevole che, a puro scopo conoscitivo, muove all’anno oltre 5 milioni di euro. Chiaramente ad oggi interamente andati in fumo.

Numeri importanti, clamorosamente messi in discussione dalla chiusura e dalla assenza di prospettive per il futuro. Settembre è dietro l’angolo: è quello il mese in cui questo tipo di attività prende il via. «Le piscine vanno ad acqua calda», ha detto Fortarezza, fotografando perfettamente quello che di base serve: un aiuto, una mano che la Regione Basilicata non può certo rifiutare. Perchè il rischio che non si apra più c’è, è evidente. E qui non si discute più sotto l’aspetto strettamente sportivo, per il quale inevitabilmente in questi due anni, venendo meno l’attività di base, è come se si fossero perse due generazioni di nuotatori.

Qui si parla di un valore fondamentale in triplice visione: occupazionale, sociale e medico. E la campagna nazionale che si sta diffondendo in questi giorni (“Lo sport batte il virus”) si sposa a pennello. Ma nella piccola Basilicata, che tanto piccola non è a giudicare dai dati snocciolati, serve di più: serve una spinta economica che solo il massimo ente regionale può dare, per non lasciare annegare non solo i sogni sportivi di tantissimi giovani, quanto piuttosto le normali esigenze lavorative e di vita di tanti lucani di questo settore.

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