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Il primo cittadino di Cersosimo Armando Loprete

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POTENZA – «Quei dati sono destinati a peggiorare ancora, perché qui non c’è più nessuno da trattenere. Sono rimasti soltanto anziani, e se non si innestano coppie giovani, attraendole con la creazione di nuove possibilità di lavoro, non ce la faremo mai».

Vede nero il primo cittadino di Cersosimo, Armando Loprete, commentando gli ultimi dati dell’Istat che indicano diversi centri del Pollino tra i più colpiti dallo spopolamento in regione, con 750 residenti nel 2008 scesi a 600 undici anni dopo. In una Basilicata, che già detiene il record a livello nazionale per la velocità con cui si va svuotando di mese in mese.

Sindaco, ieri il suo collega di Oliveto ha lanciato un appello a governo e Regione perché facciano qualcosa. Ha parlato di detassazione, incentivi per medici e insegnanti, e uffici postali che erogano più servizi. Si associa?

«Dieci anni fa sarei stato d’accordo, quando anche qui a Cersosimo c’era una fetta di popolazione ad altissima scolarizzazione che cercava una collocazione. Da allora però, quella collocazione non è stata trovata e quelle menti si sono sparse. Chi è rimasto ha in media 80 anni e le attività normali di questi paesini, dall’artigianato al commercio si sono spente. L’altra sera a Terranova con altri sindaci abbiamo incontrato l’assessore alle attività produttive Franco Cupparo che ha parlato della possibilità di nuovi insediamenti industriali a Senise. Credo che queste attività possano essere l’occasione per installare coppie giovani nei nostri paesini. Qui ormai se si va in piazza si incontrano 20 persone tra invalidi e anziani. Non c’è speranza che una forza endogena possa guidare una ripresa autogenerata di queste comunità. Intendo una speranza reale, perché il reddito di cittadinanza non ce la farà mai a riattivare un’attività produttiva da queste parti, come la Zona economica speciale a Senise. Per dare sicurezza e lavoro a coppie nuove. Altrimenti Terranova, Cersosimo e San Costantino non ce la faranno. Quel briciolo di turismo che c’è a Terranova non riuscirà da solo a ribaltare la situazione».

Lei pensa che ci siano persone disposte a venire da altri territori, addirittura da fuori regione, a vivere a Cersosimo?

«Potrebbe tornare anche qualcuno dei nostri. Chi viene da fuori qui può trovare case a buon mercato e altri servizi tutto sommato adeguati».

Qual è la condizione dei servizi sul suo territorio?

«Abbiamo una guardia medica e una scuola che regge, ma Senise dal punto di vista scolastico sarebbe comunque di raccordo per tutta l’area nell’arco di 20 chilometri. All’ospedale di Policoro si arriva abbastanza facilmente. L’area ha delle potenzialità e la Zes potrebbe essere l’occasione giusta. L’anno corso con la vecchia giunta regionale avevamo chiesto anche un allargamento della platea dei forestali, ma si è scelto di aumentare le giornate ai lavoratori già in organico. Si potrebbe riprendere quel discorso inserendo altre persone nella forestazione, nelle opere contro il dissesto idrogeologico e in un minimo di estrazione delle risorse del sottobosco, che oggi non si fa».

Pensa che questo attirerebbe giovani coppie?

«Sì. Servono redditi aggiuntivi. Di recente siamo stati contenti anche di alcuni innesti di coppie non italiane. Qui c’è stata una ribellione all’accoglienza ai minori extracomunitari ma sono arrivate 6/7 famiglie: brasiliane, russe, rumena, marocchina».

E hanno trovato lavoro?

«Sopratutto nell’assistenza agli anziani. I bambini che oggi si vedono in giro sono i loro. Abbiamo una gioventù multirazziale».

Ma lei, sindaco, perché è rimasto qui?

«Questioni personali e ottimismo. In una ventina di laureati decidemmo di tornare qui dalle università tra l’80 e l’85, ed è questo probabilmente il motivo per cui lo spopolamento, a Cersosimo, si sta manifestando in ritardo rispetto ai paesi vicini».

E i suoi figli?

«Tutti e due a Roma da tempo. Lavorano lì. I più giovani qui, noi che abbiamo 50/60 anni intendo, abbiamo tutti figli fuori e nessuna speranza che tornino».

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