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POTENZA – La politica inizia a muoversi (forse un po’ tardi) per salvare la Popolare di Bari commissariata, ma resta il problema di una regione senza una grande banca, se si eccettua qualche esempio virtuoso nel sistema del credito cooperativo. E’ un fatto che i 600mila clienti di Pop Bari siano prevalentemente concentrati al Sud: 70mila soci e ben 100mila aziende, con in testa proprio la Basilicata con il 26% del mercato. Vale a dire quasi il triplo di Puglia (9,7%) e Calabria (10%).

Sono numeri altrettanto paradigmatici delle 7 filiali su 33 che verrebbero soppresse in Basilicata in base al nuovo piano industriale: un primo passo è che ieri il Consiglio regionale lucano – in seduta straordinaria “bipartisan” richiesta dai consiglieri Dina Sileo e Gianuario Aliandro (Lega), Mario Polese e Luca Braia (Italia Viva), Roberto Cifarelli e Marcello Pittella (Pd) e Francesco Piro (Fi) – ha approvato, all’unanimità, una risoluzione con la quale si impegna la giunta regionale a «interloquire con i commissari al fine di scongiurare la chiusura di filiali in Basilicata in realtà mono servizio e aree interne il cui collegamento con i comuni nei quali vengono erogati i servizi bancari è difficoltoso». E ancora: a «evitare disservizi nelle tesorerie; rivedere gli accordi che penalizzeranno i dipendenti lucani provenienti dalla ex Banca Mediterranea» (i quali «a differenza dei colleghi pugliesi, avranno consistenti riduzioni in busta paga») e «a confrontarsi con i ministeri competenti e con i presidenti delle altre Regioni del sud per definire una strategia comune tra governo e Regioni finalizzata al rafforzamento del sistema bancario pubblico e privato per il sostegno degli investimenti e la crescita del Mezzogiorno».

I CONSIGLIERI 5 STELLE: «IL CRAC TRACIMA IN BASILICATA» – «Già a settembre 2017, a seguito del susseguirsi dei primi rumors su un possibile default della Bpb», i consiglieri regionali del M5S avevamo inviato una richiesta riservata all’allora presidente Pittella «per chiedere l’adozione di tutte le misure di tutela e garanzia delle somme depositate presso lo stesso istituto bancario». Ora Gianni Perrino, Gianni Leggieri e Carmela Carlucci spiegano che «nel dispositivo della mozione approvata dal consiglio regionale, che ha visto il nostro voto favorevole, siamo riusciti a far inserire l’impegno a tutelare tutte le somme di denaro pubblico regionale detenute dalla Bpb e di cui risultano titolari la Regione Basilicata e gli enti, aziende, organismi pubblici sub-regionali nonché le società controllate dalla stessa Regione. Vorremmo scongiurare in tal modo il rischio che, in caso di default della banca e applicazione del “bail in”, oltre al danno occupazionale e territoriale, la Regione possa subire una eventuale tragica beffa dovuta al congelamento delle somme depositate presso Bpb».

«Chi non ricorda le immagini televisive dei correntisti e degli azionisti disperati a causa del crac – aggiungono –, una voragine che ammonta a circa 2 miliardi di euro, interessa 3200 dipendenti, distribuiti su 368 sportelli. I 70.000 azionisti hanno perso 1,4 miliardi di euro, oltre a un certo numero di piccoli obbligazionisti (sarebbero 213 i milioni investiti dai piccoli risparmiatori in obbligazioni che rischiano di non essere più rimborsate)».

IL PIANO DI SALVATAGGIO – Ora sono previsti 650 esuberi su 2.642 dipendenti e 91 filiali da chiudere: in Basilicata – dove la Bpb è tesoriere di molti enti locali tra cui la stessa Regione Basilicata –, secondo i consiglieri 5S, «appare chiaro a tutti che la chiusura delle filiali della Bpb si tradurrebbe in un’ulteriore perdita di servizi per il territorio lucano: soprattutto nei piccoli territori, con imprenditori e cittadini che si ritroverebbero a essere ancora più isolati e a rischio di ulteriore privazione di servizi essenziali per la comunità, quali quelli bancari. È bene ricordare, senza creare particolari allarmismi, che in caso di default (conclamata insolvenza) della banca e di applicazione del cosiddetto “bail in” (salvataggio interno o dall’interno, tramite l’esclusivo e diretto coinvolgimento dei suoi azionisti, obbligazionisti, correntisti), il Testo unico bancario contempla l’esclusione dal rimborso garantito – (previsto invece per i depositi fino ai 100mila euro) a carico del Fondo Interbancario di tutela dei depositanti (Fitd) – anche dei “depositi effettuati in nome e per conto proprio” da “enti pubblici”. In pratica, e salvo eventuali interventi di mitigazione, le pubbliche amministrazioni locali che detenessero i propri conti di tesoreria in una banca interessata dalle innanzi citate “misure di risoluzione” non potrebbero essere in alcun modo sicure di ritornare in possesso della piena disponibilità delle somme (denari pubblici) ivi depositate».

L’augurio di Carlucci, Leggieri e Perrino è che non ci siano «ulteriori strascichi e che in futuro gli organi di vigilanza possano giungere con maggiore tempestività. Non è più tollerabile che cittadini e risparmiatori paghino per il salvataggio di istituti bancari mal gestiti e nei quali si sono consumati abusi e irregolarità di manager senza scrupoli».

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