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ERA il 29 luglio del 1961, quando Enrico Mattei fu pioniere della grande operazione di avviare un polo chimico nella Valbasento, zona dimenticata da tutti. E lo fece con la nascita dell’Anic Valbasento, perché il padre fondatore dell’Eni, proprio in quest’area della Basilicata aveva intravisto la possibilità di un grande sviluppo industriale, come mai si era potuto immaginare prima. Il battesimo avvenne in un quel caldissimo giorno di luglio nella piana di Sant’Angelo, fino ad allora coltivata a pascolo e frumento. Con Mattei c’era l’allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani, il ministro dell’Industria Emilio Colombo e tante altre personalità dell’epoca, oltre ai sindaci della provincia.

Da questa prima intuizione di Mattei, scaturì la ricerca e scoperta dei primi giacimenti metaniferi di Pisticci, Ferrandina, Salandra, Grassano, Grottole, Craco, che aprirono la strada a uno sviluppo industriale portentoso nel materano. Tanto che, negli anni Settanta, la Valle dava lavoro a 15mila persone (solo l’Anic ne occupava 6mila), essendo diventata un polo attrattivo e di riferimento per tutto il Sud e l’intero tessuto economico del Paese. Uno sviluppo che andò ben oltre anche alle sorti del suo padre fondatore, scomparso nell’ottobre del 1962, senza poter vedere completata la sua opera. Una crescita che interessò trasversalmente tutte le classi sociali, dai pastori ai laureati, che realizzarono il sogno dello stipendio fisso, comprando tv, frigorifero, lavatrice, all’epoca difficili da possedere, al pari di moto e auto.

Il sogno durò circa dieci anni, con il picco negli anni ‘70, quando fu attivato l’Impianto Ter Poliestere, inaugurato dall’allora presidente del Consiglio, il lucano Colombo; poi la 3° e 4° linea Acn, l’ampliamento Pam e la costruzione di una nuova centrale termoelettrica. Fase positiva che lasciava ben sperare per il futuro. Ma già nel 1976 arrivarono i primi segnali, con lo sciopero generale dei comuni dell’area; nell’autunno del ‘78 la grande mobilitazione dei lavoratori chimici dell’area, che per giorni presidiarono piazza Barberini a Roma: le fabbriche erano in crisi.

Dal 1981 al 1987 furono firmati tre Accordi di programma, ma il calo della produzione e la perdita di posti di lavoro diventarono drammatici, tra Cassa integrazione straordinaria, prepensionamento e mobilità, anticamera  del licenziamento. La Valle si è sostanzialmente trascinata fino agli anni Duemila, con l’ultimo colpo di grazia a partire dal 2001 per la perdita di circa mille posti di lavoro. Oggi la Valbasento ha in attivo 33 aziende, con un’occupazione che supera di poco le mille unità. È rimasta sostanzialmente un’incompiuta, che oggi forse può vedere nella Zes Jonica ed in un serio programma di rilancio infrastrutturale la sua ultima chance. Oggi o si rilancia o si muore, perché forse sta passando l’ultimo treno.

Ne sono convinti i sindacati confederali, che nei giorni scorsi hanno organizzato un sit-in nella Valle, ma ne è convinto anche il presidente di Confindustria Basilicata Francesco Somma: «La Valbasento è una delle storiche aree d’insediamento produttivo della Basilicata, in cui le scelte di politica industriale fatte molti anni fa continuano a garantire presenze imprenditoriali d’eccellenza nei settori della chimica, farmaceutica, meccanica e alimentare. Certamente, negli anni si sono persi alcuni pezzi sia in termini produttivi che occupazionali, ma ancora oggi la Valbasento si conferma una delle principali aree a vocazione industriale del nostro territorio.

Al pari degli altri insediamenti produttivi della nostra regione, necessita sicuramente di infrastrutture moderne fisiche ed immateriali che avvicinino sensibilmente i mercati di sbocco, i fornitori e più in generale migliorino l’accessibilità di merci e di persone, aumentando il grado di attrattività del territorio. Nonostante si tratti di un’area storicamente ben attrezzata e competitiva in termini di servizi alle industrie ed abbia concorso in termini decisivi alla istituzione della Zona economica speciale Jonica, in quanto area più prossima alla retroportualità di Taranto, e baricentrica rispetto al quadrilatero delle Zes meridionali, vive però ancora l’enorme e irrisolta difficoltà di attrarre nuovi investimenti industriali nazionali e multinazionali.

Una situazione determinata anche e soprattutto dalla questione antica e insoluta delle aree Sin (Siti di interessa nazionale ndr) da bonificare quanto prima e dell’assurdità della mancata riperimetrazione dei terreni che liberi e renda finalmente appetibili le aree non inquinate. L’occasione più propizia degli ultimi anni è sicuramente rappresentata dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza ndr). Auspichiamo vivamente, pertanto, che la Regione Basilicata assegni priorità alla realizzazione del centro logistico intermodale, che andrebbe a rafforzare ulteriormente le finalità della Zes Jonica e che, in questa cornice, possa trovare finalmente soluzione anche il definitivo ripristino delle condizioni ambientali».

Eustachio Nicoletti, segretario territoriale della Cgil Matera, parla sostanzialmente di una Valbasento, che subisce un pesante calo di attenzione da parte della Regione, con una situazione ambientale incancrenita da bonifiche necessarie e mai attuate. «Un decadimento -spiega- dovuto anche al fatto che la Regione non ha mai inserito il potenziamento delle infrastrutture dell’area (strade e ferrovia in primis) nei processi nazional; si pensi ai corridoi Battipaglia-Taranto-Ferrandina-Matera, snodo tra Tirreno e Adriatico, ma anche i problemi irrisolti della Statale 7 con il mancato raccordo alle aree industriali di Matera e Jesce, anch’esse non governate».

Allora come si esce da questo guado? «Puntando in modo deciso sulla Zona economica speciale -rimarca Nicoletti- che in circa 4mila aree del mondo, anche spesso sottosviluppate, ha fatto partire l’economia e la produzione. Questo perché la Zes non consiste in finanziamenti a pioggià, di per sè fallimentari, ma su di un processo di organizzazione funzionale del commercio, attraverso l’interconnessione del ferroviario con il navale, che farebbe abbattere le spese di commercializzazine, rendendo le aziende più competitive e l’area più attrattiva per nuove imprese. Si pensi che in Italia, le aziende spendono 12 miliardi nella commercializzazione del prodotti. A questo potenziamento infrastrutturale, poi, dovrebbe seguire una defiscalizzazione per le aziende che investono in Valle.

Tutto chiaro, ma finora la Regione Basilicata non ha saputo puntare sulla Zes e non ci sono segnali che vanno ancora nella direzione giusta. Quindi la Zes Jonica Basilicata deve diventare una priorità, per elevare gli indicatori dell’export lucano, oggi tra i più bassi, ma anche dell’importazione di materie prime. La Regione dovrebbe alimentare questa operazione, non ritardarla come sta avvenendo negli ultimi tre anni, mentre Calabria, Campania, Molise e Abruzzo sono già partite con le Zes. -conclude Nicoletti- È questa l’unica via per rilanciare la Valbasento».

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