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Giuseppe Spera, commissario del San Carlo di Potenza

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COMMISSARIO Spera, è trascorso poco meno di un mese dalla sua nomina alla guida del San Carlo ma è già, comunque, quasi un quarto della durata del mandato affidatole dal governatore Vito Bardi. Come vive questa precarietà? Non la condiziona, anche mentre parliamo, il senso del poco tempo a disposizione che scorre inesorabile?
«Io credo che questo incarico che il presidente Bardi, la giunta tutta e l’assessore Leone hanno voluto darmi, con un tempo contenuto, è proprio uno stimolo ulteriore a mettere in campo tutte le azioni possibili per riavviare e ridare al San Carlo quanto prima un posto idoneo nel servizio sanitario regionale».

Lei è cresciuto all’interno del San Carlo, dal quale si è allontanato solo a novembre dell’anno scorso essendo stato nominato direttore amministrativo dell’Asp. Cosa ha trovato al suo ritorno?
«Ho trovato di diverso quello che è scattato nella fase successiva al mio arrivo. Ho ritrovato uno spirito di squadra, che si era affievolito moltissimo per una serie di ragioni. C’era una corsa ad andare via dal San Carlo, una disaffezione, che non s’era mai vista. Le persone, i professionisti che hanno lavorato e lavorano qui lo hanno sempre fatto con spirito di sacrificio, sentendosi parte di questa azienda, ben oltre gli oneri contrattuali. Questo spirito è rinato. Si sente la sfida di dimostrare che si può fare bene sanità in questa azienda ospedaliera e in Basilicata. Ci sono grandi professionisti che lo hanno dimostrato con atti concreti. Ci sono primari, medici che hanno ritirato le dimissioni quando sono arrivato io per continuare a giocare la partita di questa azienda».

Ha parlato con la dottoressa Musto, che la scorsa settimana ha ritirato la richiesta di pre-pensionamento, avanzata agli inizi di marzo, e a breve dovrebbe tornare in servizio come primario della Medicina trasfusionale?
«Io ho parlato con tutti. C’è una fame di poter parlare, di rappresentare le criticità e le soluzioni da parte dei professionisti di questa azienda, che stanno trovando una porta aperta, la mia. Ho parlato anche con altri dai quali sto attendendo una risposta e ho visto propensi a rivedere decisioni già assunte. Sono segnali importanti».

Lei ha fatto ricorso al Tar, e ha ottenuto l’annullamento della nomina del suo precedessore, il dg Massimo Barresi. Quindi il governatore Bardi l’ha scelta in sua sostituzione. C’è stato un passaggio di consegne tra voi due?
«No. Non ci siamo incontrati neppure in questo passaggio».

Tra gli obiettivi che le sono stati affidati c’è la “riattivazione tempestiva ed efficace dei servizi ospedalieri sospesi o ridotti nel periodo di emergenza sanitaria”. A che punto siete?
«In questi primi 20 giorni vedo già dei risultati importanti. Ho un mio crono-programma per arrivare a portare quanto prima risultati, non al presidente Bardi e all’assessore Leone, ma alla collettività. La prima fase è stata quella di riattivare tutte le prestazioni ambulatoriali e ospedaliere in senso chirurgico che erano sospese e rallentate. E’ stato un lavoro duro, che mi ha tenuto in ufficio fino alla sera tarda insieme a tutte le professionalità del San Carlo, e che ha portato a un primo risultato: adesso i cittadini lucani possono prenotare una visita ambulatoriale presso il San Carlo. Fino a ieri non era così e i cittadini si sentivano rispondere “no”.

Beh, qualcosa a Potenza non si può ancora prenotare…
«Non mi risulta. Se ha contezza di prestazioni che non sono prenotabili me lo dica pure».

Lo farò ma riservatamente, perché sono anche cose personali.
«Va bene, ma me lo dica perché mi serve».

Ad ogni modo, riaperte le agende di prenotazione, c’è chi si è sentito dire che per una gastroscopia dovrà presentarsi non prima del 2023. Le pare normale?
«No. E non mi sembra normale pensare che in 20 giorni queste criticità potessero essere superate. Il problema delle liste d’attesa c’era anche prima del lockdown nonostante si fosse vantato un sistema di abbattimento delle stesse che aveva portato a risultati eccezionali. Se la gastroscopia non è stata più prenotabile da quando è scattato il lockdown questa lista d’attesa che arriva al 2023 secondo lei a che cosa è dovuta? Quella lista d’attesa pre-esisteva. E qui arriviamo alla seconda fase del mio cronoprogramma: abbattere, questa volta davvero, le liste d’attesa. Perciò invito i cittadini, che oggi si sentono dire che la visita è fissata al 2023 o al 2021, a essere fiduciosi. Prenotate la visita. Perché da questo momento sono già al lavoro per fare in modo che possano essere richiamati quanto prima per ottenere quello di cui hanno bisogno in tempi molto più ragionevoli. In questo mese attiveremo strumenti straordinari partendo proprio dalle liste più lunghe».

L’ormai ex direttore sanitario, Rosario Sisto, in una recente intervista a una testata web quasi contigua alla vecchia amministrazione aziendale, Cronache lucane, ha lamentato una “turbolenza ambientale esterna e interna” al San Carlo e l’“ingenerosità” del territorio lucano. Pare di capire che il suo volo invece procede bene.
«Se il dottor Sisto ha avuto esperienza di turbolenze dirà lui quali sono. Io non ne avverto né dal governo regionale né dall’interno dell’azienda. Ho piena collaborazione da parte di tutti e condivisione del percorso che sto cercando di fare da parte del governo regionale».

Ma come è possibile che il taglio, a luglio, dei fondi già stanziati dalla Regione per coprire i buchi del bilancio 2019 del San Carlo abbia spinto il suo precedessore a minacciare una “serrata” di ambulatori e sale operatorie, mentre lei ha aumentato il numero di sale operatorie aperte. C’è un trucco? Ha avuto dei fondi in più da Bardi?
«Col governatore Bardi non abbiamo discusso di soldi, ma di salute dei cittadini che è la priorità. Le risorse finanziarie sono solo un tema. In una famiglia dove le risorse sono lo stipendio dei genitori si fanno i conti, si cerca di portare avanti la barca e avere dei risultati. E’ esattamente il lavoro che sto facendo io. Non sono aumentate le professionalità rispetto a qualche giorno fa: si stanno dedicando, e per questo li ringrazio profondamente, in maniera inaspettata alla ripresa delle attività. Il primo segreto è avere al proprio fianco le professionalità sanitarie che sono la spina dorsale dell’azienda ospedaliera. Probabilmente per tutto quello che era successo non si sentivano coinvolti al punto da mettersi in gioco in questo modo. Il secondo segreto è mettere in piedi modelli organizzativi differenti, più efficienti, condivisi con i professionisti della sanità, per ridurre i tempi morti. Questo è quello che si sta facendo anche col gruppo operatorio».

Per questo ha svoltato rispetto alla linea della durezza del suo predecessore, assumendo uno degli anestesisti vincitori dell’ultima selezione che non era disposto a prendere servizio in un presidio periferico?
«Certo. Abbiamo avuto l’esempio di professionisti assunti e destinati a presidi periferici che dopo un periodo minimo si sono allontanati perché il momento è tale che un anestesista può trovare lavoro dove vuole, immediatamente. Le risorse vanno utilizzate al meglio. Questo non significa, però, che il San Carlo di Potenza ha un ruolo di primo piano rispetto ai presidi periferici. Questo vuol dire che l’anestesista che avrei perso, perché destinato a un presidio diverso dal San Carlo di Potenza e che invece ha accettato il San Carlo di Potenza, si troverà comunque ad operare anche in diversi presidi periferici per dare risposte ai cittadini di tutta la regione in maniera identica. Nei prossimi giorni c’è un pool operatorio guidato dal dottor Romeo che andrà a operare a Villa d’Agri. Dobbiamo cercare di dare la risposta ai cittadini facendo tesoro delle risorse che abbiamo indipendentemente da dove sono assegnate».

L’ex dg ha affidato all’esterno, al costo base di 870mila euro in tre anni, il servizio di «gestione integrata della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro», che prima veniva gestito con risorse interne da una struttura diretta proprio da lei a un costo quasi 9 volte inferiore. Su questo ha avviato un accertamento anche la Corte dei conti. Che attende a intervenire?
«Non ho avuto modo di affrontare la questione ed essendoci indagini della Corte dei conti preferisco non farlo in questo momento».

Lei è il commissario ma anche il dipendente del San Carlo che negli ultimi tempi, durante il periodo di convivenza con l’ex dg, è stato sottoposto al maggior numero di contestazioni disciplinari. Come sono andati a finire questi procedimenti?
«Avranno dei seguiti nelle sedi opportune ma certamente non li cambierò io dall’interno dell’azienda ospedaliera».

A luglio il suo predecessore ha prima aperto e poi sospeso un bando per la guida dell’ufficio personale, quindi ha confermato l’incarico alla reggente, Patrizia Vinci, che da febbraio era anche diventata presidente del “suo” temuto collegio di disciplina. Nonostante il rientro dall’aspettativa della titolare dell’ufficio personale, Cristiana Mecca, dimessasi dall’incarico di direttore generale del Crob proprio per rivendicare i suoi diritti su quel posto. Lei cosa intende fare a riguardo?
«Tutte le risorse umane che ci sono in azienda devono essere utilizzate al meglio. Se ci sono elementi che creano disagio, contrasti, e scarsa possibilità di dare il meglio per l’azienda devono essere affrontati. Ora la priorità era di natura sanitaria per questo il tema non è stato affrontato, ma lo sarà, avendo di fronte tutte le persone coinvolte. Con loro sicuramente troveremo una soluzione per il bene dell’azienda».

Come si sta preparando il San Carlo all’eventualità che si concretizzi la seconda ondata di contagi da covid 19?
«Mi auguro che si riesca a contenere il contagio sul territorio. L’Asp ha dato degli ottimi segnali A riguardo e sono certo che continuerà a darli. C’è un piano straordinario regionale che meglio potrà illustrare il dirigente generale del dipartimento Politiche per la persona. Nell’ambito di questo piano l’azienda ospedaliera ha previsto diversi moduli di ampliamento della possibilità di curare pazienti nella fase acuta del covid che potranno essere attivati in base ai numeri. Sia in termini di posti di terapia intensiva, che di post intensiva. Dovrebbero essere più che sufficienti ad affrontare un eventuale picco».

Durante la fase calda dell’emergenza sanitaria, dopo alcuni decessi nella terapia intensiva di Potenza, i medici del reparto sono finiti nel mirino di diverse critiche, anche da parte dei vertici della Regione. Il suo predecessore ipotizzò un potenziamento/commissariamento dell’unità covid, poi ha dato mandato a un avvocato per avviare azioni legali contro praticamente tutta stampa locale, incluso il Quotidiano del Sud, e la Cgil, accusandole di «affermazioni fortemente lesive della immagine dell’azienda» in relazione alla «gestione dei pazienti covid 19». Lei intende confermare quelle azioni legali?
«Non mi sembra che l’attacco ai rianimatori, che sono dei professionisti validissimi, sia stato mosso dalla Regione. E’ chiaro che la nomina di qualche persona esterna non porta serenità nel gruppo se non inquadrata in maniera corretta. Ma parliamo del rapporto tra vertici aziendali e professionisti. Ci sono studi scientifici che dimostrano che errore medico è per la gran parte dei casi legato a un clima non sereno. Lavorare contro un nemico in parte ancora sconosciuto come il Sars Cov 2 è la cosa più difficile in un clima non sereno. Anche qui il clima sereno di collaborazione che si sta instaurando dal Pronto soccorso, alle Malattie infettive, alla Terapia intensiva, non farà altro che migliorare i risultati.

E le azioni legali contro i giornali?
«La stampa deve fare il suo lavoro e non è corretto limitarla fino a quando si è nella legittimità delle posizioni. Non ritengo sicuramente, per quanto mi riguarda, di dover continuare azioni legali di fronte a situazioni di questo tipo. So che la vicenda dell’azienda ospedaliera è stata travagliata negli ultimi 20 mesi. Cercherò di dimostrare, anche con un rapporto leale con la stampa, che le cose si possono fare, e che dove non si può arrivare, non si può arrivare per ragioni oggettive, che devono essere spiegate a tutti e rese note».

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