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BERNALDA – Michele Dichio è sparito nel nulla dallo scorso 4 febbraio. E da quattro mesi ormai, la magistratura e gli organi preposti alle ricerche, hanno chiuso il caso senza avere nulla in mano, forse con l’ipotesi di allontanamento volontario, ma si saprà solo con l’acquisizione del fascicolo.
Infatti, lo scorso 10 maggio, il pubblico ministero Lorenzo Nicastro del tribunale di Matera, ha chiesto ed ottenuto l’archiviazione del procedimento per il presunto allontanamento volontario del 58enne di Bernalda.


La notizia si è appresa nelle scorse ore, quando l’avvocato bernaldese Francesco Alagia, nominato dalla sorella Anna, dopo aver presentato formale istanza di informazioni, ha ricevuto la laconica risposta protocollare: “È stata disposta l’archiviazione in data 10.05.2021”.
Non c’era nessun obbligo di informare la famiglia tempestivamente, ma di fatto dopo quattro mesi si è appreso (su richiesta) che nessuno lo cerca più. Quindi, il caso umano di Michele rischia di finire nel dimenticatoio, archiviato senza conoscere la verità e con tante domande senza una risposta.


Sullo sfondo, l’inquietante ipotesi, ad oggi ancora probabile e verosimile, di un omicidio che si vuole archiviare senza una spiegazione. Resta probabile anche l’incidente, magari Michele è stato investito mentre camminava sul ciglio della strada, come faceva spesso; oppure ha avuto un malore mentre si trovava da solo. Questi i fatti accertati: Michele, seppure con qualche acciacco di salute e qualche vizietto di troppo, stava bene ed era felice di acquistare l’auto che aveva sempre sognato, un’Alfa 164 Twin Spark.

L’aveva trovata e contrattata con il titolare di un noto autosalone di Policoro, a cui aveva dato anche una caparra per impegnarla. L’avrebbe pagata 8.000 euro, risparmiati dalla sua piccola pensione di invalidità da 290 euro al mese, e pare volesse ritirarla proprio tra il 4 e il 5 febbraio, in concomitanza con la scomparsa. Secondo i familiari, e qui che si materializza l’ipotesi più inquietante, Michele aveva addosso una bella cifra di denaro (se non tutto), quando si è messo in giro per cercare un passaggio fino a Policoro; per questa ragione, secondo i familiari, non si sarebbe mai avventurato con un estraneo, ma cercava un bernaldese, possibilmente conosciuto, di cui si sarebbe potuto fidare. Quindi, se si fidava di chi potrebbe avergli dato un passaggio a Policoro, siccome a volte era molto chiacchierone, potrebbe aver raccontato perché andava a Policoro e cosa aveva in tasca.


Una confidenza che potrebbe aver scatenato nel suo interlocutore qualche appetito di troppo, quindi una rapina finita male. Sono solo ipotesi, che ci si augura siano state verificate e scongiurate da chi ha indagato per 4 mesi. Poi c’è l’ipotesi della morte accidentale, rispetto alla quale non si spiega il mancato ritrovamento del corpo, anche in modo casuale da parte di qualcuno, tra residenti e turisti, che in questi ultimi mesi hanno circolato ovunque tra Bernalda e Metaponto.


Se Michele ha avuto un malore, o peggio è stato accidentalmente investito, dov’è finito il suo corpo senza vita? Perché nessuno l’ha visto, come avvenne ad esempio al suo compaesano Lillino, ritrovato senza vita da un passante, quando anche in quel caso si stavano per chiudere le indagini e le ricerche. Infine, c’è l’ipotesi molto meno probabile, che Michele si sia allontanato volontariamente dai suoi pochi ma sentiti affetti: la sorella Anna, la vicina Antonietta, la fruttivendola a cui ogni giorno apriva il tendalino, ricevendo in cambio tanti regali. Quest’ultima ipotesi non reggerebbe, inoltre, di fronte all’evidenza che Michele da febbraio scorso non ha più ritirato la sua pensioncina dal conto postale; un dato importante, perché l’uomo non avrebbe mai potuto “vivere di aria” senza soldi in tasca.


«Andrò subito a recuperare il fascicolo d’indagine -ci ha spiegato Alagia- per capire quali piste siano state percorse, se ad esempio sono stati verificati i movimenti sul conto corrente prima della scomparsa, in modo da capire se Michele avesse addosso l’ingente quantitativo di denaro. Poi voglio capire se sia stata percorsa approfonditamente la pista del viaggio a Policoro, se ci è mai arrivato ecc. L’eventuale richiesta di riapertura delle indagini, deve essere fondata su nuovi indizi e spunti investigativi -rimarca il legale- non si possono lanciare accuse o segnalare sospetti, perché se poi non reggessero alla verifica della prova, i miei assistiti rischierebbero una querela per calunnia».


Ci si deve muovere con attenzione, insomma, mentre una vita umana è sparita nel nulla, e forse si è spenta o è stata spenta, senza una spiegazione o un eventuale colpevole. Non si vuole, che il “caso Dichio” venga chiuso come uno dei tanti misteri lucani e italiani. Non si può sparire nel nulla, i familiari vogliono conoscere la verità o almeno una salma su cui piangere. Comprensibile il dispiacere dei familiari, che sperano ancora in una comparsa improvvisa dell’uomo.

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