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Franco Roberti

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Il procuratore nazionale antimafia nel presentare il suo ultimo volume fa il punto sulla situazione in Basilicata riguardo la criminalità organizzata

MATERA – «Ho voluto guardare a questi fenomeni con l’occhio del cittadino, certo un cittadino informato ma un cittadino, per poterli raccontare nella loro crudezza e dare una speranza».

Nasce da qui il libro “Il contrario della paura” , edizione Mondadori, scritto dal Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti presentato a Maratea nell’ambito della rassegna letteraria Alta Marea, realizzata dall’agenzia letteraria Delia in collaborazione con il Comune di Maratea.

Procuratore, qual è dunque secondo lei il contrario della paura?

Un’analisi critica dei fatti e questo vale per il terrorismo quanto per la criminalità organizzata, senza nascondere la realtà del nostro Mezzogiorno. La radice del problema mafioso è sociale e quindi il tema va affrontato con gli interventi politici, le scelte politiche che cercare di contrastare la criminalità organizzata. La lotta alla corruzione è una di queste: dove c’è corruzione c’è una sistemica criminalità organizzata. In vent’anni da questo punto di vista l’Italia ha fatto molto ma il fenomeno esiste ancora ed è legato alla forza del denaro che dà forza alla capacità del sistema mafioso di relazionarsi con la società civile, al mondo dell’impresa, ecc.

Lei nel suo libro fa riferimento a un evento be preciso: il 13 novembre 2015, con l’attentato al Bataclan. Cosa è cambiato secondo lei in quel momento nelle coscienze della società civile e nel modo dell’Europa di organizzare il sistema della sicurezza?

La consapevolezza del pericolo terroristico è cresciuta notevolmente. Non abbiamo ancora una organizzazione perfettamente adeguata alla sfida, ma non tanto noi italiani quanto gli altri paesi europei, che dovrebbero capire che per contrattare il terrorismo non bisogna guardare solo al piano locale ma globale. Tutto ciò che accade a Nizza, Parigi, Istanbul, ci riguarda direttamente perché in un mondo locale i rapporti interdipendenza tra gli Stati sono molto forti e quello che accade in un luogo può avere ricadute immediate in un altro luogo, in positivo e in negativo. L’Unione europea almeno sulla carta si sta muovendo. E’ in fase di gestazione la direttiva sul terrorismo, il problema sarà tradurre le indicazioni in norme accessibili a tutti i Paesi, cosa non facile perché non c’è ancora la piena consapevolezza della necessità di armonizzare gli ordinamenti e creare tutti le stesse norme compatibili tra loro per far fronte comune contro il terrorismo

Non a caso nel suo libro lei parla della necessità di recuperare fiducia nei confronti dello Stato

La fiducia si conquista così, dimostrando ai cittadini che sta lavorando per il bene comune. Bisogna creare norme comuni, che siano più efficaci per arrivare ad avere anche delle prassi comuni e questo vale non solo per il settore investigativo giudiziario ma anche di tutti quei settori che concorrono a contrattare il fenomeno terroristico: la scuola, il mondo del lavoro, tutte quelle attività di dialogo tra religioni e culture diverse che sono alla base di una comprensione reciproca.

Veniamo alla Basilicata. Possiamo ancora definirla come spesso accade isola felice sia dal punto di vista della presenza della criminalità organizza?

Non definirei la Basilicata isola felice, però non vi è dubbio che è la regione meno permeata dalle organizzazioni criminali rispetto alle regioni limitrofe, penso alla Campania e alla Calabria. La Basilicata è una regione a rischio. Sappiano che è una regione la cui economia è ancora in fase di sviluppo, uno sviluppo spesso anche frenato dalla criminalità organizzata, soprattutto nel materano. Tuttavia, la situazione non è certamente paragonabile a regioni come appunto Calabria, Campania o Sicilia.

Che non sia un’isola felice lo confermano anche gli ultimi avvenimenti giudiziari, come l’inchiesta sul petrolio che ha portano a diversi arresti. Cosa ne pensa a riguardo?

E’ stata un’inchiesta giusta, ben condotta dai carabinieri del Noe e dalla procura distrettuale di Potenza che è servita a far comprendere a tutti, anche alle società responsabili che è necessario rispettare sempre la legge, non cercare scorciatoie per risparmiare i costi di estrazioni. Un’inchiesta che ha lasciato sicuramente un segno positivo. Adesso dobbiamo aspettare se i risultati saranno confermati in fase di giudizio ma ritengo che ci lasci un’indicazione be precisa: le attività estrattive possono essere un’occasione di sviluppo nella condizione che siano portate avanti nel rispetto assoluto della legge.

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