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NOVA SIRI – Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Matera, Angelo Onorati, ha rinviato a giudizio il sindaco in carica di Nova Siri, Eugenio Lucio Stigliano, con l’ex segretario comunale, Giuseppe Pandolfi, e l’ex capo dell’ufficio tecnico, Giuseppe Di Candia, accusati di atti persecutori (612 bis del Codice penale), ai danni dell’ex dirigente comunale Giuseppe Cosentino, dipendente dal 1979 oggi in pensione.

Imputazione grave, sia per un sindaco, che per un alto funzionario dello Stato, qual è il segretario comunale. I fatti da cui origina l’accusa, risalgono al 5 marzo del 2015, quando il sindaco, oggi al suo secondo mandato, all’esito di un procedimento di snellimento amministrativo, decise di sopprimere il primo dei 4 settori di cui si articola la macchina amministrativa, ovvero quello amministrativo e per le attività produttive, di cui era capo Cosentino.

Quindi, il dirigente fu demansionato a capo servizio e trasferito dalla sede del municipio, nel centro storico, a comando della Polizia locale in marina, con incarico anche di responsabile dello Sportello unico attività produttive. Un provvedimento adottato solo con lui, perché tutti gli altri dipendenti del settore soppresso, vennero ricollocati sempre nella Casa comunale.
Da qui, secondo l’accusa, originarono una serie di atti persecutori, posto che già questo trasferimento, fu ritenuto illegittimo ed irregolare, perché Cosentino era anche un Rappresentante sindacale unitario della Cgil nel Comune. Quindi, la norma stabilisce che egli dovesse essere preventivamente informato del trasferimento, e comunque un Rsu è inamovibile (una tutele per consentire la corretta azione sindacale), persino nell’anno successivo all’eventuale perdita dell’incarico sindacale.

Il trasferimento, invece, arrivò un giorno prima delle elezioni per il rinnovo del Rsu, a cui comunque Cosentino era ricandidato. Ne scaturì un procedimento sindacale, perché la Cgil si rivolse al giudice del lavoro, per chiedere il ricollocamento di Cosentino nella Casa comunale, sua naturale sede di lavoro, a prescindere dal demansionamento e dalla soppressione del suo settore. Quattro mesi dopo, il giudice del lavoro di Matera, dispose il ricollocamento di Cosentino, ma secondo l’accusa il sindaco non ottemperò. In mezzo ci sono state altre azioni davanti al Tribunale amministrativo regionale e persino una pronuncia dell’Autorità nazionale anti corruzione. Quindi, la Cgil di fronte all’inadempienza del sindaco, segnalò i caso all’Ispettorato del lavoro, che avviò le indagini durate mesi, sentendo anche Cosentino, che raccontò una serie di atti vessatori a cui sarebbe stato sottoposto dagli imputati. Ne derivò una prescrizione ad adempiere, a cui il sindaco non diede riscontro, secondo l’accusa pagando anche la relativa sanzione. Quindi, l’Ispettorato trasferì il fascicolo con una probabile notizia di reato alla Procura, che avviò le indagini con diversi capi d’accusa, poi in parte derubricati.

Il procedimento si è concluso nel 2020, ma solo ieri è arrivato davanti al Gup, che nel dispositivo ha rilevato una serie di episodi a carico degli imputati, come: reiterate molestie e vessazioni, tanto da causare a Cosentino un grave e certificato stato d’ansia. Secondo il giudice, Cosentino è stato ingiustamente demansionato, poi isolato nella sede della ex biblioteca in locali inadeguati, lontano anche dal Comando di Polizia locale, dove non c’era spazio; caricato di eccessivo lavoro, anche con l’incarico al Suap. Gli è stato impedito di svolgere l’attività formativa e di crescita professionale, mentre Di Candia gli avrebbe impedito di partecipare a tavoli tecnici e seminari, negandogli persino le ferie. Il sindaco, inoltre, secondo l’accusa avrebbe sottoposto Cosentino a una pressante azione di controllo rispetto all’attività del Suap.

Nel procedimento, la Cgil si è costituita parte civile, dopo aver perso tutti i 12 iscritti nell’ente.
«Ho piena fiducia nella magistratura -ha commentato il sindaco sentito dal Quotidiano- sono sereno perché consapevole di aver agito nel solo interesse del Comune che amministro e non ho commesso le azioni per cui sono sotto accusa, peraltro con capi d’imputazione derubricati. Si vedrà tutto in giudizio».

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