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I carabinieri davanti alla filiale irsinese della Banca popolare di Puglia e Basilicata

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IRSINA (MATERA) – Sono stati tutti risarciti dalla Banca Popolare di Puglia e Basilicata, 9 dei 12 correntisti che hanno denunciato l’ex direttore truffaldino Michele Lolaico (LEGGI LA NOTIZIA). Un risarcimento maturato nell’ambito di un accordo sindacale, che vincola tutti al rispetto di una clausola di riservatezza, ovvero a non divulgare più notizie sul caso. Un vincolo voluto dalla direzione dell’Istituto di credito, comprensibilmente preoccupata per il potenziale grave danno d’immagine, che ne sarebbe derivato. Per la stessa ragione, la BpPB ci ha fatto sapere ieri, di aver licenziato per giusta causa già nel 2017 il dipendente infedele, e di aver avviato un procedimento penale e risarcitorio. «Solo tre posizioni sono ancora in corso di verifica -fa sapere la BpBP- per importi esigui in quanto non è stata fornita la documentazione probatoria a supporto».

Insomma, pare che Lolaico, dopo vent’anni di scorribande tra i conti correnti dei suoi clienti, che si fidavano di lui, oggi si ritrovi in carcere e in un un mare di guai. A 48 ore dal suo arresto, trapelano anche le prime indiscrezioni sulle modalità con cui è avvenuto il fermo; non nella sua abitazione, come si diceva dall’inizio, ma lungo una strada statale. Questo perché gli inquirenti gli stavano addosso da settimane, sussistendo il reale pericolo di fuga. Quindi, probabilmente il fermo è arrivato proprio per i fondati sospetti di una fuga già in corso.

Lolaico, 56 anni e per 20 direttore della BpPB di Irsina, è accusato anche di autoriciclaggio, per aver investito nell’attività intestata al figlio, il ristorante “La Diciannovesima buca” di Matera, buona parte dei denari sottratti agli ignari correntisti, che gli inquirenti quantificano in 1,2 milioni di euro. Oggi si possono recuperare, grazie alla recente norma di riferimento, almeno 777mila euro, con il “sequestro per equivalente”. Nel provvedimento sono rientrati il ristorante, i due appartamenti a Irsina, un’auto, conti correnti e cassette di sicurezza.

Tutto quello che è sparito dai conti dei clienti prima del 2012, è perduto per sempre, essendo intervenuta la prescrizione del reato. L’ex direttore è accusato anche di truffa aggravata, appropriazione indebita e trasferimento fraudolento di valori. Il suo modus operandi era piuttosto ingegnoso e spietato, perché conosceva bene i suoi clienti, quindi sapeva di chi poter approfittare, perché anziano o ammalato con i parenti più stretti lontani e un conto “dormiente”, dove il cliente magari accumulava solo la pensione. Quindi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, Lolaico avrebbe aperto dei conti correnti clonati, ovvero una copia esatta di quelli autentici, da cui poi al momento opportuno prelevava il contante da investire in Borsa. Se l’operazione andava bene, si intascava il plusvalore e magari rimetteva al suo posto il capitale; se, invece, andava male, era l’ignaro correntista a farne le spese. Ecco perché, in sede di interrogatorio subito dopo l’ispezione della banca nel 2017, dichiarò di non aver informato i clienti temendone la reazione e di aver rifuso personalmente i danni arrecati da operazioni andate male. Con i conti clonati, Lolaico avrebbe potuto movimentare tranquillamente capitali da un cliente all’altro, senza essere “notato”. Tra le sue “prede”, ci sarebbero stati anche anziani affetti da Alzheimer, dunque non particolarmente vigili sui propri conti in banca e con la memoria minata dalla malattia.

Poi c’era il meccanismo delle polizze, che l’ex direttore stipulava all’insaputa dei correntisti, intascando i relativi premi. In alcuni casi si trattava di sottoscrizioni fittizie per far sparire l’equivalente in denaro, in altri erano autentiche, per poi intascarle.

Tanti i casi emblematici in vent’anni di truffe, almeno secondo quanto ricostruito dagli inquirenti. Come quello dei fratelli che si sono presentati in banca per prelevare una somma ingente, pare circa 350mila euro, depositata sul conto dell’anziano padre all’esito della vendita di alcuni terreni. Una somma che i fratelli avrebbero dovuto dividersi in eredità, dopo la morte dell’anziano genitore. Peccato che sul conto non c’era quasi più nulla, e l’ex direttore avrebbe dichiarato che l’anziano aveva speso tutto. Secondo alcune indiscrezioni, tutta l’indagine sarebbe partita proprio dalla reazione rabbiosa di questi correntisti.

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