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Il luogo dell'omicidio

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ROTONDELLA – Ha inseguito l’amico di una vita, impugnando un grosso coltello nel cuore disabitato del centro storico di Rotondella; quindi, lo ha raggiunto, innescando con lui una lotta furibonda: la stessa persona che tante volte aveva abbracciato, condividendo tanti momenti di gioia. Poi il tragico epilogo: decine di coltellate alle parti vitali del povero amico, lasciato agonizzante a terra, mentre lui tentava goffamente di auto infliggersi dei fendenti, producendosi solo ferite lievi. È la ricostruzione del delitto di Christian Tarantino, ingegnere 45enne, ucciso dall’amico Antonio Favale, operatore ecologico suo coetaneo.

Ieri, i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale (coordinato dal tenente colonnello Eric Fasolino) ed i colleghi della Compagnia di Policoro (comandata dal capitano Chiara Crupi) hanno chiuso il cerchio delle indagini, scrivendo un nome in quel fascicolo aperto ancora contro ignoti. Il nome è quello di Favale, che da quel drammatico 23 gennaio è ricoverato nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Policoro. Lì ieri, lo hanno formalmente raggiunto i carabinieri, per notificargli lo stato di arresto con la pesantissima accusa di omicidio con l’aggravante della premeditazione.

Una ricostruzione, effettuata già nei giorni immediatamente successivi ai fatti, quando si era ipotizzata anche la presenza di una terza persona. Invece quel maledetto sabato in piazzetta De Andrè prima, e in via Jonio poi, non c’era nessuno, eccetto i due amici che lottavano per difendersi l’uno dall’altro. Le prove a carico di Favale sarebbero schiaccianti, perché i militari hanno recuperato il filmato di una telecamera di sorveglianza privata, che puntava su quei vicoli. Dai frame si vede distintamente Favale con il coltello in mano rincorrere Tarantino dalla piazzetta al sottostante vialetto, ben consapevole che quella zona del paese è quasi del tutto disabitata. L’occhio elettronico non inquadra il momento dell’omicidio, accaduto in un angolo morto rispetto al raggio d’azione della telecamera, ma chi ha visto il filmato parla di una evidente determinazione dell’assassino, probabilmente spinto da rabbia e risentimento.

Da ieri Favale è piantonato nell’ospedale, le sue condizioni di salute sono decisamente migliorate; i sanitari di Policoro gli hanno dovuto rimuovere la milza, compromessa da parte delle circa venti coltellate che ha subìto, tra auto inflitte e sferrate dall’amico nel disperato tentativo di difendersi. Dopo circa una settimana di coma farmacologico, è stato lentamente risvegliato, rimanendo ancora intubato. Da qualche giorno ha solo l’aiuto dell’ossigeno, quindi a breve potrebbe essere sentito dal magistrato. La legge stabilisce che l’interrogatorio di garanzia debba avvenire nei 5 giorni successivi all’arresto, quindi c’è ragione di ritenere che il provvedimento chiesto dalla pm materana Annunziata Cazzetta, poi convalidato dal Gip, sia arrivato ieri perché si ritiene che entro il tempo previsto Favale potrà parlare.

Solo lui potrà rispondere alla domanda a questo punto più inquietante: perché inseguire ed uccidere un caro amico d’infanzia? Cosa lo ha armato di quel coltellaccio ed indotto a fissare un appuntamento con l’ingegnere alle 10 di un sabato mattina gelido e piovoso? L’accusa è aggravata dalla premeditazione, proprio perché Favale è andato già armato all’appuntamento, evidentemente consapevole e determinato ad aggredire Tarantino. Ma cosa ha potuto armare la mano di un amico fraterno, trasformandola in un mezzo di morte?

Dalle testimonianze raccolte nell’immediatezza dei fatti non sarebbe emerso nulla: non un dissapore, non una sbavatura in quell’amicizia decennale. Eppure qualcosa evidentemente covava sotto l’apparente cordialità dei due amici, qualcosa che giustifica quella furia cieca, che ha portato Favale ad inseguire il povero ingegnere in quegli stessi vicoli dove si erano inseguiti centinaia di volte per gioco. Sì, perché poco più sopra la piazzetta abitava Tarantino, dove nella loro infanzia a pochi metri aveva abitato anche Favale. Quindi i due giovani conoscevano bene quei vicoli, perché li associavano a tanti ricordi belli.

Invece oggi, l’ingegnere sposato e padre di due figli piccoli in quei vicoli ha trovato la morte, proprio per mano di quel compagno di tanti giochi. Favale vive con l’anziana madre e un fratello; l’altro l’ha perso per un malore, che gli ha stroncato la vita in giovane età. Ora dovrà fare i conti con il processo e la probabile pesante condanna. Ma i conti più salati li dovrà fare con la propria coscienza, perché difficilmente riuscirà a rimuovere dalla sua memoria quegli attimi drammatici, tra le coltellate, l’agonia e la morte dell’amico; poi lui, trovato agonizzante nella stradina, a pochi metri dal coltello che aveva impugnato.

I sanitari lo davano per spacciato, dopo aver visto le spaventose ferite al ventre ed al collo, ma Favale è sopravvissuto al suo amico e dovrà probabilmente scontare il dolore più intenso e lungo, quello di vivere nel rimorso. Ora si è in attesa di capire il movente, che secondo le prime e più accreditate ipotesi, potrebbe essere riconducibile a ragioni economiche; forse un prestito non restituito, che avrebbe pian piano alimentato il risentimento e la rabbia in un momento storico di grande imbarazzo psicologico collettivo per la pandemia incombente, che accentua spesso anche le difficoltà economiche.

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