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POTENZA – «Certo che ho paura, come uomo. Ma come professionista non posso esimermi dalla vaccinazione. Il covid l’ho visto in faccia più volte, e l’ha già avuta vinta troppo a lungo».

Andrà a Felice Arcamone la prima dose di vaccino anti covid 19 destinata alla Basilicata. E lui, infermiere della primissima linea del pronto soccorso del San Carlo di Potenza, non si tira indietro. Anzi rilancia per mandare un messaggio a chi tra la gente e persino tra il personale sanitario pare intenzionato a sottrarsi alla campagna di immunizzazione.

La designazione del 47enne Arcamone è arrivata ieri in serata con la chiusura degli elenchi con le disponibilità del personale dei 4 reparti del San Carlo a cui l’azienda ospedaliera e la Regione hanno deciso di destinare le prime 105 dosi del preparato Pfizer – Biontech. Vale a dire: pronto soccorso, terapia intensiva, pneumologia e malattie infettive.

Contattato dal Quotidiano il direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera, ha spiegato che rispetto a un’indicazione iniziale a favore del criterio dell’età per l’ordine di vaccinazione, tra stabilire il personale dei 4 reparti, l’aumento delle dosi attese (da qualche decina alle 105 attualmente previste domenica, con altre forniture anche nei giorni successivi) ha permesso di recuperare un sistema più semplice.

Dal momento che si è deciso di partire dagli infermieri del pronto soccorso, quindi, la scelta è caduta il primo in ordine alfabetico tra quelli forza al reparto.
Originario di Taranto, ma da anni residente a Pietragalla con la famiglia, Arcamone presta servizio al “triage”, che è l’accettazione del pronto soccorso.

«Sono il cattivo che dice a chi arriva quanto deve aspettare», spiega scherzando. Ma in tempi di pandemia è chiaro che significa imparare a riconoscere le mille facce del virus. Quello sguardo di sofferenza difficile da dimenticare anche quando finisce l’orario di servizio, e si rientra a casa col timore di trascinarsi dietro qualcosa che potrebbe nuocere ai propri familiari.

«Sono un professionista della sanità, un papà, oltre che un marito, un figlio e un amico di tanta gente». Spiega Arcamone. «E’ nei confronti di tutte queste persone che sento il dovere etico e morale di vaccinarmi. Sperando che sia il primo passo perché nel giro di qualche mese tutta questa situazione diventi solo un ricordo».

Ai colleghi che diffidano e non hanno dato la loro adesione alla campagna di immunizzazione, quindi, il prossimo “vaccinato numero 1” lucano manda un messaggio chiaro.

«Massimo rispetto ma non capisco. Se si sposa una professione come la nostra, bisogna sposarne i vantaggi e gli svantaggi».

«Le possibilità di successo dei vaccini nel contrasto al covid 19 dipendono dal livello di adesioni». Aggiunge Arcamone. «Non ha senso fare il vaccino in 10 persone perché il virus continuerebbe a circolare. Per questo spero che il gesto mio e degli altri a cui per primi verrà somministrato il virus possa essere d’esempio».

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