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MATERA – Fa discutere, la decisione assunta dalla commissaria dell’Azienda sanitaria materana, Sabrina Pulvirenti, di riattivare il servizio ambulatoriale in regime di intramoenia (a pagamento) nei locali del Distretto di via Montescaglioso, con l’attività istituzionale pubblica sospesa almeno fino al 30 aprile, a causa del recente focolaio Covid nel presidio ospedaliero “Madonna delle Grazie” di Matera.

Quindi, gli stessi medici che negli orari di servizio ospedalieri possono effettuare solo visite urgenti e di Pronto soccorso, senza l’ambulatorio su prenotazione, di pomeriggio per tre giorni a settimana e il sabato tutto il giorno, possono visitare a pagamento in altra sede aziendale. Una decisione paradossale, che Pulvirenti sostiene nella comunicazione formale di aver adottato “sentita la commissione paritetica”.

Ma effettivamente, in questa vicenda di paritetico sembra esserci davvero poco, come attesta anche la normativa di riferimento dell’Alpi (Attività libero professione intramoenia), secondo la quale: “L’attività libero-professionale viene erogata nel rispetto dell’equilibrio tra attività istituzionali e libero-professionali secondo quanto previsto dall’articolo 15-quinquies, comma 3 del D.Lgs. 502/1992”. Il decreto legislativo di riferimento, è entrato in vigore il 1 gennaio 1993 e riformato lo scorso 30 dicembre 2020. Il principio è che l’attività libero-professionale in regime di intramoenia, ovvero svolta fuori dall’impegno istituzionale del medico, seppure nella struttura aziendale (ospedaliera o “allargata”), con pagamento a carico dell’utente, possa svolgersi con un numero di prestazioni che non devono superare quelle istituzionali pubbliche.

Stessa regola vale anche per la tipologia di prestazione, ovvero se un medico effettua un esame diagnostico specifico in intramoenia, ad esempio l’ecodoppler, lo deve garantire anche nell’ambulatorio istituzionale. “L’Alpi -si legge nella norma- è autorizzata a condizione che: non comporti un incremento delle liste di attesa per l’attività istituzionale; non contrasti o pregiudichi i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale e regionale; non contrasti o pregiudichi gli obiettivi aziendali; non comporti, per ciascun dirigente, un volume di prestazioni o un volume orario superiore, a quello assicurato per i compiti istituzionali” (…) “l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale”.

Nel caso di specie, quindi, con l’attività ambulatoriale pubblica ferma causa focolaio Covid, non ci può essere alcuna proporzione tra le prestazioni pubbliche e quelle libero-professionali, semplicemente perché le prime sono ferme alle urgenze e le seconde andrebbero invece a regime. Diversamente, si dovrebbe ipotizzare che un medico debba “sperare” di effettuare un numero congruo giornaliero o settimanale di urgenze e Pronto soccorso, per poi poter espletare le stesse prestazioni in intramoenia. Un rompicapo (sempre che ci siano controlli efficaci sul rispetto effettivo della norma), che si sarebbe potuto evitare semplicemente trovando locali liberi da rischio Covid, anche per l’attività istituzionale.

Così sarebbero stati tutti contenti: i pazienti in primis, che non si sarebbero visti spostare di oltre un mese la visita prenotata; i medici che non fanno intramoenia, perché avrebbero potuto garantire il servizio per cui vengono pagati; i medici che fanno l’intramoenia, perché avrebbero potuto espletare l’attività libero-professionale serenamente, rispettando la proporzione con le visite istituzionale. Invece la commissaria Pulvirenti, ha evidentemente preferito accontentare i medici dell’Alpi, favorendo automaticamente solo i cittadini che hanno la possibilità economica di pagare una visita in intramoenia e, di fatto, penalizzando tutto gli altri. Tant’è.

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