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MATERA – È destinata a costituire un importante precedente giuridico la sentenza emessa dal giudice del lavoro del tribunale di Matera, Sabino Digregorio, che ha respinto il ricorso di un Operatore socio-sanitario no vax, contro il provvedimento di sospensione dal servizio. È uno dei primi dispositivi del genere in Italia.

Il caso è quello di un dipendente del Centro di riabilitazione dei Padri Trinitari a Bernalda, peraltro già teatro di un importante focolaio Covid nella seconda ondata del 2020. L’Oss, no vax convinto, assistito dall’avvocato Concetta Stella, ha eccepito tra le altre ragioni il carattere non scientificamente tale del vaccino, oltre a contestare la parificazione del ruolo di Oss a quello del personale sanitario; infine ha motivato il suo ricorso contro la sospensione dal lavoro, con il principio costituzionalmente garantito della libertà di cura.

Dal canto suo, l’avvocato dei Padri Trinitari di Venosa, Francesco Ranieri, ha sostenuto che il provvedimento di sospensione sia in piena linea con le direttive ministeriali in materia di prevenzione della pandemia.

Il giudice Digregorio ha motivato il rigetto del ricorso puntualizzando che pur non essendo il vaccino tecnicamente tale, è pur sempre la cura a cui fanno riferimento le norme nazionali in tema di obbligatorietà dell’assunzione per il personale medico e paramedico.

Su quest’ultimo punto, il giudice ha richiamato gli accordi Stato-Regioni, che equiparano gli Oss al personale medico, dunque vincolati dal medesimo obbligo. Il giudice ha poi rimarcato che la vaccinazione diventa necessaria per il personale che si dedica alla cura ed all’assistenza di anziani e fragili, dovendosi contemperare i principi costituzionali di libertà della cura con quello della salvaguardia della pubblica incolumità.

Quindi, secondo il giudice del lavoro del tribunale di Matera, la sospensione dal servizio dei sanitari non vaccinati rispetta leggi nazionali, comunitarie e principi costituzionali e va applicata anche per quel personale che, pur non essendo propriamente sanitario, opera in ambito sanitario, come gli Operatori socio-sanitari.

Secondo il legale del lavoratore, invece, l’Oss non è una riconosciuta come professione sanitaria. Questioni a cui si è opposto il Centro dei Padri Trinitari, che alla fine ha avuto ragione. Per il giudice del lavoro, infatti, i ritrovati attualmente in commercio sono quelli a cui si riferisce la norma che prevede l’obbligo di inoculazione.

Quindi, la norma che prevede la sospensione dal servizio bilancerebbe correttamente i valori costituzionalmente tutelati di libertà di scelta nelle cure e tutela della pubblica incolumità.

Il primo ricorso del genere risale al settembre scorso, e fu promosso da 8 dipendenti dell’azienda Ospedali Riuniti di Ancona, a cui ad agosto era stata recapitata la lettera in cui preannunciava l’avvio del procedimento.

Uno dei dipendenti era proprio un Operatore sociosanitario in servizio da diversi anni a Torrette, era difeso dall’avvocato Andrea Campanati, profondo conoscitore degli aspetti legati al personale sanitario.

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