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I sacchi di amianto nell’ex Materit di Ferrandina

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FERRANDINA (MATERA) – Sembrava di essere a un passo dalla progettazione definitiva, per la bonifica dell’ex sito industriale della “Materit” di Ferrandina, invece lo scorso 19 maggio è arrivato un nuovo stop dal Tribunale amministrativo regionale.

Una doccia fredda per le aziende “Simam-La Carpia”, che sei anni fa si aggiudicarono il bando per ripulire uno dei siti più inquinati e pericolosi della Basilicata, dove sono stoccati ben 600 sacchi contenenti la micidiale polvere di amianto. Contenitori ormai logori, ammassati in un capannone con le finestre in frantumi; quindi con un grave pericolo di dispersione delle polveri, che si trascina ormai da vent’anni. Nello scorso autunno, l’iter era stato bloccato dagli uffici regionali, per la presunta incompatibilità di una delle ditte aggiudicatarie, con una serie di contestazioni formali per presunte irregolarità in materia di oneri di sicurezza aziendale ed iscrizione nell’Albo gestori ambientali.

Elementi poi chiariti in sede di giustizia amministrativa tra Tar e Consiglio di Stato. Come quello relativo a una condanna penale, subìta da un dirigente de La Carpia per vicende private, e non dichiarato in sede di bando. L’impresa dimostrò alla Regione che il reato si è, di fatto, estinto con la cancellazione dal Casellario giudiziario. Quindi si riprese l’iter, con il riaffidamento del bando alle due aziende vincitrici. Il prossimo passo era la valutazione ed approvazione del progetto definitivo, predisposto dall’Associazione temporanea di imprese Simam-La Carpia, che si sarebbe già dovuta tenere lo scorso 19 marzo, come da convocazione della dirigente del ministero dell’Ambiente Luciana Distaso. L’oggetto era proprio l’esame del progetto definitivo, trasmesso alla Regione l’8 maggio 2018. Invece il Tar di Basilicata ha accolto il ricorso depositato lo scorso 23 ottobre dall’impresa potentina “Teorema”, concorrente nel bando, al quale il 5 novembre 2019 fu presentato ricorso incidentale da parte della Regione e dell’Ati, che ha riportato in discussione lo stesso presunto motivo ostativo già rimosso dalla Regione a gennaio scorso. Si tratta di una presunta illegittima, avendo l’Ati aggiudicataria omesso la dichiarazione di una sentenza di patteggiamento, per una vicenda di tanti anni fa.

Il Tar ha, però, ritenuto che l’offerta economica dell’Ati Simam-La Carpia “non reca (e continua a non recare) l’indicazione separata degli oneri di sicurezza aziendale”, come prevede la norma di riferimento. “Né la Stazione appaltante successivamente alla riammissione in gara del raggruppamento, ha provveduto alla regolarizzazione di tale omissione in ha provveduto alla regolarizzazione di tale omissione in sede di soccorso istruttorio. -si legge nella sentenza- Tale evidenza non può che integrare un’autonoma causa di esclusione dell’offerta aggiudicataria, senza non può che integrare un’autonoma causa di esclusione dell’offerta aggiudicataria”.

Una prescrizione mai sanata, secondo i giudici del Tar, che peraltro sanciscono l’obbligo dell’aggiudicatario di indicare la presenza di condanne, seppure depenalizzate o estinte. “Tale precedente penale, pertanto -scrivono ancora i giudici del Tar- doveva essere necessariamente esplicitato all’interno della domanda di partecipazione”.

Un fatto, quest’ultimo, ritenuto determinante dal Tar, che ha accolto il ricorso. Quindi, oggi gli scenari sono tre: l’Ati Simam-La Carpia propone ricorso al Consiglio di Stato, ma sembrerebbe un’eventualità non molto probabile al momento; il ricorso viene presentato dalla Regione, più probabile ma poco possibile; il ministero dell’Ambiente impugna tutto il procedimento, annullando il bando in assenza di progettazione definitiva (anche per l’intervenuta “vetustà” dell’aggiudicazione), al fine di rilanciarlo incaricando Invitalia di istruirlo. Quest’ultima ipotesi, che a questo punto sarebbe la più auspicabile, dilaterebbe ulteriormente i tempi di un intervento vitale per la salute pubblica, trattandosi di una bomba ecologica già innescata e parzialmente esplosa. La bonifica dell’ex Materit, peraltro con un processo penale in corso a carico degli ex dirigenti per i lavoratori morti di tumore, ormai non può più attendere.

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