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Il borgo abbandonato dopo una frana nel 1963 ha folgorato anche Mel Gibson – che ha ambientato qui la scena finale di «The Passion» (2004), con il suicidio di Giuda – ma si può ritrovare anche in «Basilicata coast to coast» (2010), di Rocco Papaleo e in un film horror americano, pare mai proiettato in Italia

CRACO – Arrivare a Craco – il cosiddetto «paese fantasma», in provincia di Matera, abbandonato dopo una frana disastrosa, nel 1963, seguita da altri smottamenti – dà oggi la stessa emozione che devono aver provato i registi che l’hanno scelta come set per alcune delle scene più importanti dei loro film. E’ la meraviglia che provoca nelle migliaia di turisti (circa 12 mila solo nel 2015) che si spingono fin qui, forse credendo di vedere dei ruderi e che invece trovano un paese che non vuol morire, anzi quasi quasi scommette sul suo futuro. Per il cinema è stato «facile”: Francesco Rosi (1922-2015) girò a Craco alcune scene del suo «Cristo si è fermato a Eboli” e l’immagine del paese finì sul manifesto del film. Si può ancora vedere l’ampio scenario che si apre a valle del paese e il «larghetto» dove due confinati – colleghi di Carlo Levi (1902-1975), impersonato da un grande Gian Maria Volontè (1933-1994), si trovano, a turno, per pranzare, ma senza potersi incontrare – oltre all’immagine struggente dell’arrivo in paese dello stesso medico e scrittore torinese, che nella realtà fu confinato ad Aliano (Matera), oggi candidata a capitale italiana della cultura nel 2018. Colpisce subito la torre normanna, pare costruita intorno all’anno mille, che ha resistito solidissima (solo un fulmine, tempo fa, ha scheggiato un angolo): alta 20 metri, con mura enormi, domina una valle piena di calanchi. Ha folgorato anche Mel Gibson, che ha ambientato qui la scena finale di «The Passion» (2004), con il suicidio di Giuda. Infine, si può ritrovare Craco anche in «Basilicata coast to coast» (2010), di Rocco Papaleo. E’ stato girato a Craco anche un film horror americano, pare mai proiettato in Italia.

QUEL PASTORE INDIANO NEL “SET” DI CRACO

Ma per fortuna Craco si può ritrovare visitandola: basta acquistare la «Craco card daily», a poca distanza dell’abitato abbandonato, dove vivono una trentina di crachesi, trasferiti dopo la frana (altre poche centinaia risiedono in pianura, ad alcuni chilometri, a Craco Peschiera). Si torna poi al paese fantasma ed è qui che comincia la visita (ogni ora un gruppo, massimo una trentina di persone): un elmetto in testa per sicurezza e si entra nell’abitato, accompagnati da una giovane guida che racconta la storia e indica ai turisti le cose da osservare con competenza e precisione. A sinistra la parte di paese più danneggiata dalla disastrosa frana del 1963, al centro quella che ha resistito meglio: entrambe però abbandonate nel corso degli anni. E poi depredate di tutto: arredi, persino le ringhiere più belle dei balconi portate via, libri, tutto sparito. Fino a quando, alcuni anni fa, l’area è stata recintata, per avviare i progetti di «rinascita», intesa come offerta di Craco vecchia ai turisti. E c’è in programma – spiega la guida – il progetto di ampliare a allungare la zona visitabile (oggi il percorso impegna i visitatori per un’ora, in futuro sarà il doppio): nessuno entra più nel recinto, neanche un pastore che tempo fa ancora frequentava queste rovine col suo gregge. Sono rimasti solo due asini ad aggirarsi indifferenti fra i ruderi: i turisti li guardano con curiosità e li fotografano continuamente. Il tragitto è in salita e pieno di gradini, fino alla torre normanna. Ma prima si arriva davanti alla chiesa di San Nicola, su una piazzetta dominata da un palazzo nobiliare. Ai piedi della torre, in un ambiente ristrutturato, una finestra si apre su una vallata tutta di calanchi: una scena senza tempo, un angolo di una Basilicata ancora tutta da scoprire.

«Fantastico», ha scritto qualcuno sul muro, a grandi lettere. Chi vuol far rivivere Craco ne ha subito approfittato e un cartello avverte: «Qui un anonimo visitatore dopo essersi affacciato ha scritto: ‘Fantastico!’. Affacciatevi anche voi, ma scrivetelo solo nei vostri pensieri…». Ci si stacca quasi con fatica dalla torre e dal panorama – fino a Taranto, spiega la guida, nelle giornate senza foschia – e si torna all’ingresso dell’area protetta, si riconsegna il casco e si rimette piede nella realtà.

Didascalia foto:
Craco nell’obbiettivo dell’antropologa Giulia Ubaldi

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