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Rocco Scotellaro e la nipote Lina Scotellaro

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«Viveva in una piccola stanzetta dove incontrava Levi e Rossi Doria»

TRICARICO (Matera) – Aveva solo cinque anni, quando quello zio vitale e generoso fino all’inverosimile, frequentava la sua abitazione di famiglia, dormendo in una stanzetta al piano superiore dove erano di casa personaggi del calibro di Carlo Levi e Rossi Doria. Così oggi, Lina Scotellaro, nipote del grande sindaco poeta Rocco, alla rispettabile età di 69 anni vive nella lontanissima Torino, ma ha ancora il cuore intimamente legato a quei semplici ricordi di bambina, vissuti con il suo papà Nicola, anch’egli strappato alla vita in giovane età, proprio come quello zio che la dedicava interamente agli altri, soprattutto se umili contadini. Un racconto intimo e profondo, che Lina Scotellaro ha voluto confidare in esclusiva al Quotidiano del Sud. E’ delusa dalla recente polemica, scaturita dalla delibera di consiglio comunale con la quale, su proposta del sindaco di Tricarico Antonio Melfi, si è deciso di non intitolare la biblioteca comunale all’indimenticato Scotellaro.
Qual è esattamente la sua parentela con Rocco Scotellaro?
«Mio padre Nicola era suo fratello maggiore, lui ha lavorato prima al Dazio poi all’Esattoria. Mio padre aveva un ottimo rapporto con zio Rocco, morto a soli trent’anni d’infarto; lui, purtroppo, lo ha seguito poco dopo a 44, per le complicanze di un diabete che all’epoca non si curava come oggi. Zio Rocco aveva una vita frenetica, non risparmiava mai le sue energie, e forse in questo c’è la causa di quell’improvviso arresto cardiaco».
Che rapporto aveva con suo zio?
«Io ero piccolina, avevo solo 5 anni, ma ricordo tanti piccoli episodi di vita quotidiana con lui. Gli chiedevo le dieci lire per il gelato e lui me le dava sempre. Mia mamma Maria mi raccontava tanti episodi della sua vita; con lei aveva un bellissimo rapporto, tanto che spesso le diceva: “Maria non preoccuparti che ai tuoi figli ci penso io”. Poi, purtroppo, non ha fatto in tempo a vederci crescere. Morì prima zio Rocco, poi dopo cinque anni mio papà. Io ero viziata anche da lui, essendo l’unica bambina a girare per casa; lui da scapolo viveva praticamente con noi al piano di sopra, dove c’è ancora la sua cameretta. Lì veniva Carlo Levi e Rossi Doria, sotto c’erano i nonni e si viveva sempre tutti insieme, perché questi letterati e nobili erano praticamente nostri ospiti. Io sono cresciuta con il suo ricordo e il suo esempio».
Com’era zio Rocco?
«Con la classica mentalità che c’è in Meridione, lui non si dava alcuna importanza per le sue conoscenze importanti; era una persona molto umile, che spendeva la sua vita per i contadini, al punto tale che dopo aver vinto un importante premio letterario, la cifra percepita non l’ha data in famiglia per donarla ai contadini. Me lo raccontava sempre mia nonna, che lo sgridò: “Vai c l pezz ndù cul ma i soldi li dai ai contadini”, gli diceva. Lui si prodigava per tutti, e si preoccupava per coloro che non avevano neppure la possibilità di comprare del cibo. Il tratto distintivo del suo carattere era la generosità».
Secondo lei la Basilicata rende il giusto tributo di gratitudine ed apprezzamento al valore umano di Rocco Scotellaro?
«Io credo di sì, ne ho avuto conferma anche dopo questo caso creato da Melfi. Mi hanno chiamato da tutta Italia, persino da Ferrara il signor Antonio Martino, che io avevo conosciuto in un convegno a Parma, manifestandomi la sua solidarietà. Mi raccontava che aveva 13 anni, quando il suo papà lo mandava a fare lezioni private da zio Rocco, che all’epoca aveva solo vent’anni. Grazie a lui superò gli esami di licenza e zio Rocco non chiese mai nulla per quanto faceva. Parliamo della fine degli anni Cinquanta, poco prima del ’53 quando morì. Questa estate siamo stati in Basilicata e siamo andati ad Aliano per vedere la tomba di Carlo Levi che io conobbi, ho notato che ci sono davvero tante vie in Italia intitolate a lui; persino qui a Torino c’è via Rocco Scotellaro. La figura di mio zio non va dimenticata, perché alcune sue idee sono attuali ancora oggi. Lui ha partecipato all’occupazione delle terre, ha lavorato con il suo antagonista monsignor Delle Nocche per l’apertura dell’ospedale a Tricarico. Io spero che per il 2019 facciano qualcosa di importante a Matera, anche se penso che Melfi ne approfitterà per pararsi ancora dietro il nome di mio zio».
Scotellaro viveva una sua vita affettiva?
«Certo! Proprio l’altro giorno ho sentito Mimma Trucco, oggi 90enne, che vive a Roma ed è stata la sua prima vera fidanzata. Secondo me, in base a quanto mi raccontava Rocco Mazzarone, lui l’avrebbe sposata. Era una donna bellissima di origini parigine, ancora oggi molto lucida e con chiari ricordi di tutto. Poi ha sposato lo scrittore De Benedictis, era una persona intelligente ed innamoratissima del suo Rocco. Anche lei ha sentito di questa ultima storia di Tricarico ed ha detto che Melfi sta strumentalizzando la storia di zio Rocco. Noi lucani siamo belli, affabili, ospitali, ma ogni tanto pecchiamo di una sorta di atteggiamento da fessacchiotti e bacchettoni, come ha dimostrato quest’ultimo episodio a Tricarico. Rocco era combattivo, una persona davvero speciale, come ricorda la Trucco, che ha riconosciuto in me la grinta di zio Rocco. Noi siamo buoni, ma non fessi».
Con il sindaco Melfi c’è stato un reale chiarimento sulla vicenda della biblioteca?
«No. Lui mi ha chiamato mentre io ero con gente e non potevo parlare. Quindi ha iniziato a sproloquiare su quanto avrebbe fatto per mio zio, ma senza un contraddittorio, perché io non potevo parlare. Dopo qualche giorno l’ho richiamato più volte, per dirgli la mia su questa grande cavolata, ma non mi ha mai risposto sul suo cellulare. Questo la dice lunga sul suo approccio alla vicenda. Lui sa “intortare” le persone che ci cascano; l’unica che non si è lasciata abbindolare è stata la consigliera Primavera, ma è finita come sappiamo. Io sarei venuta per le celebrazioni, ma siccome mi conosco che sono battagliera ho voluto evitare lo scontro, ovvero di dirgli in faccia ciò che penso. Ma, mi riprometto di chiedergli un incontro quando verrò a Tricarico, sempre se mi riceverà».

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