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ANZI – In qualità di comunista non pentito – orgoglioso di essersi formato nella più grande comunità politica italiana, il PCI di Gramsci, Togliatti, L(u)ongo e Berlinguer – mi sento inopinatamente chiamato in causa dall’infelice espressione, “zavorra sovietica”, utilizzata da Gianni Pittella per replicare al realistico intervento politico svolto da Vincenzo Folino nell’ultima Direzione regionale del Pd di Basilicata.

Al netto dell’esaurimento della spinta propulsiva dell’URSS già decretata da Berlinguer nel 1981, la trentennale militanza politica comune con Folino mi induce a pensare che egli abbia interpretato più come un complimento che come un insulto quel riferimento a “dirigenti che pensano ancora di stare nel Pci, anzi nel Pcus..” .

Se volessimo utilizzare il medesimo linguaggio da “guerra fredda” adoperato dall’europarlamentare lucano, in riferimento alla “diversità” etica dei comunisti italiani teorizzata da Berlinguer ed alle perverse pratiche di degenerazione dello spirito pubblico imperanti ai tempi del CAF  che hanno prodotto il deleterio fenomeno di tangentopoli, alla luce dell’estraneità dei “comunisti” Folino e Romaniello dalla cosiddetta inchiesta “Rimborsopoli”, dovremmo dire che gli eredi delle culture politiche del CAF, che pure tanta parte importante hanno avuto nel consolidamento delle istituzioni democratiche in Italia, perdono il pelo ma non il vizio.

Restando alla sostanza politica, spiace che un dirigente politico di lungo corso e di respiro europeo come Gianni Pittella abbia avuto una simile caduta di stile nei riguardi di una cultura politica e di una comunità umana e sociale nell’ambito della quale, a metà degli anni ‘90, è stato accolto a braccia aperte e con cui, sinora, ha sistematicamente costruito un sinergico rapporto di comune appartenenza al campo del socialismo europeo e della sinistra democratica e riformista in Italia e in Basilicata, ricevendo generoso sostegno in tutte le circostanze elettorali in cui ha brillantemente rappresentato la Basilicata.

Spiace ancor di più che uno dei più blasonati e stagionati dirigenti della sinistra italiana si scagli oggi, con inusitata veemenza, contro una nomenclatura, di cui egli è parte integrante. Il Pittella che spara contro il presunto “quartiere generale” è lo stesso che nel 2007 fu il braccio destro di Letta nella corsa alla segreteria nazionale del Pd e nel 2009 ha coordinato nel Mezzogiorno la campagna per Bersani segretario?

Può essere credibile quale neo rottamatore il Pittella che ha maturato 33 anni di presenza nelle principali istituzioni (dal 1980 al 1995 alla Regione, dal 1996 al 1999 alla Camera dei Deputati e dal 1999 al 2014 al Parlamento europeo)?

Essendo oltre i limiti di tutti i mandati, la candidatura alla segreteria nazionale del Pd può essere maliziosamente interpretata quale trampolino per strappare l’ennesima deroga per una nuova candidatura al Parlamento europeo? O la “caccia al comunista” nasconde qualche malcelato malumore per la composizione del governo Letta, in cui la Basilicata è rappresentata dal viceministro Bubbico?

O, più maliziosamente, il combinato disposto tra il neo anticomunismo di Pittella e la tournee delle “vacche di Fanfani” di una porzione della Val d’Agri – che girovagano da una riunione della presunta lista dei Sindaci a Potenza alla convention dei renziani a Maratea sino al recente convegno del Centro democratico a Policoro- è funzionale al disegno di una presenza autonoma, in prima persona, fuori e contro il centrosinistra, alle prossime elezioni regionali?

Ai posteri l’ardua sentenza!

Intanto, giù le mani dalla straordinaria ed irripetibile storia del Pci.

*Sindaco di Anzi

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