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POTENZA – Ripartire dal memorandum, dopo l’illusione del bonus idrocarburi, per lanciare un piano di occupazione e sviluppo infrastrutturale della regione con le risorse dell’aumento delle estrazioni in Val d’Agri.

E’ la ricetta di Vito De Filippo dopo la bocciatura della “card benzina” da parte del Consiglio di Stato, che allargando la platea dei beneficiari ai veneti, i liguri e in futuro i toscani e, perché no, i pugliesi (difficile sostenere l’esigenza di compensazioni per chi ospita un rigassificatore e non per chi ha una raffineria) ne ha in sostanza annullato i benefici, ridotti a qualche spicciolo e poco più.

«Se una cosa non ha una logica dall’inizio non la si può cercare alla fine». Ha spiegato il due volte presidente della Regione Basilicata, dimissionario ma tutt’altro che disimpegnato sui temi dell’agenda dello sviluppo regionale. Per quanto la scelta di non contrastare il ricorso della Regione Veneto sia stata anche sua, e gli sia costata più di qualche invettiva dei maggiorenti del Pdl, veri padrini politici della “card”.

«La decisione del Consiglio di Stato sul bonus idrocarburi è paradossale – ha ammesso De Filippo – ma lo è anche la stessa misura del bonus, priva di ogni forma di equità e produttività, con più fondi alle famiglie che dispongono di più patenti e meno a chi magari non la ha perché non ha l’automobile. Un provvedimento che non abbiamo condiviso e che non potevamo difendere. E ora rinnoviamo con più forza l’auspicio che il governo ripensi a quanto era stato fatto e concentri risorse sullo sviluppo della Regione o su misure di sostegno a chi più ne ha bisogno, dando seguito con decisione alla strada ampiamente condivisa delineata col memorandum». Ossia il fondo per infrastrutture e lavoro da finanziare con le maggiori entrati tributarie derivanti dall’aumento delle estrazioni in Val d’Agri.

Annunciano di aver già interpellato il Ministero dello Sviluppo economico il senatore Guido Viceconte e il deputato Cosimo Latronico, per cui quella dei giudici di Palazzo Spada è «una decisione inspiegabile che contrasta con il principio di realtà: possono i cittadini lucani finanziare, con le attività petrolifere che si svolgono sul proprio territorio con impatti ambientali  di sicuro rilievo, gli impianti di gassificazione che dovrebbero essere a carico delle imprese che li esercitano?» I due parlamentari Pdl, al governo all’epoca dell’approvazione della legge assieme ai leghisti autori dell’ emendamento che ne ha neutralizzato gli effetti spiegano di aver chiesto al sottosegretario Simona Vicari «iniziative necessarie per chiarire questo grande equivoco su cui si è costruita la decisione del Consiglio di Stato e difendere il diritto di oltre 300 mila lucani. Il senso dell’art 45 della legge 99/2009 – hanno aggiunto – e’ chiaro ed è quello di destinare un tre per cento delle royalties per ridurre il prezzo dei carburanti a favore delle popolazioni che insistono sui territori interessati da impianti idrominerari. Confidiamo che la questione si chiarisca definitivamente ed il diritto dei lucani ad avere un vantaggio sul,prezzo dei carburanti».

Si aggiusterà tutto? In realtà non ci scommettono nemmeno gli “alleati” di Fratelli d’Italia. Tant’è che Giampiero D’Ecclesiis della costituente provinciale potentina parla di «fallimento totale della strategia politica del Pdl» e tira in mezzo anche il memorandum sottoscritto a marzo del 2011 da De Filippo e dall’allora sottosegretario allo Sviluppo economico Guido Viceconte.  La card benzina, anche quando valeva qualcosa in più, era pur sempre un provvedimento che «conteneva una evidente ingiustizia lasciando fuori i lucani non dotati di patente». E comunque ben poco rispetto a quello che spetterebbe a chi ospita pozzi e installazioni petrolifere come quelle di Eni, Shell e Total.

Parla di una «beffa» il consigliere regionale dell’Idv Antonio Autilio, e di una «palese ingiustizia tra lucani e cittadini residenti in regioni soprattutto del Nord che non hanno la più pallida idea di cosa significhi la convivenza con le attività petrolifere e il Centro Oli di Viggiano». Motivo per cui sostiene come De Filippo che occorre «accelerare il confronto con il Governo oltre che sui contenuti del Memorandum sul petrolio anche sulla rideterminazione delle royalties attribuite a Regione e Comuni».

Per i Giovani Democratici si tratta un segnale che alimenta «un ulteriore senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni tutte», motivo per cui chiedono che la legge venga cambiata «non solo nella forma ma anche nella sostanza. La cultura politica di cui lo stesso è espressione è ormai superata avendo mostrato le sue innegabili criticità nonché la sua inconsistenza».

l.amato@luedi.it

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