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ALLA Basilicata stanno per arrivare circa due miliardi di euro dall’attuazione dell’accordo sul petrolio. Il famoso memorandum. La firma è imminente. La notizia che tutti aspettavano.  Un mare di soldi. Ma. C’è un “ma” che è il finale del ragionamento che oggi tento di fare a conclusione dei miei primi sei mesi alla guida del Quotidiano. Se avrete la pazienza di seguirmi scoprirete che la bella notizia contiene anche amarezza.

Per una istintiva e dunque inevitabile prassi mentale, sono portata a fare paralleli tra le mie esperienze e le storie che racconto. Capacità di innovare e senso del limite, sono queste le coordinate che mi accompagnano. Se penso, dunque, alla Basilicata, la immagino come un hub sperimentale, come un mondo inatteso di linee e percorsi nuovi, materia da formare, polvere da mescolare, fluidi da mischiare, orizzonti da colorare. La Basilicata è ancora la terra del possibile, della fantasia da liberare, delle costruzioni da disegnare. Il grande vantaggio è la scarsa percezione della tradizione.

Ora, per favore, non assalitemi perché non intendo dire assenza della tradizione, che è possente e consistente, ma l’assenza di una percezione diffusa di essa che comporta l’identificazione di un luogo con l’idea del luogo. Penso alla Sicilia, alla Campania, per restare al Sud, ormai vittime delle percezione della loro identità. Il grande vantaggio della Basilicata resta, paradossalmente, la magmaticità della sua essenza che può essere indirizzata, scoperta (sì, Basilicata, bella scoperta), proposta. Come è successo alla Puglia una decina di anni fa. Quale idea di Basilicata raccontiamo, dunque? E chi la racconta? In sei mesi alla direzione del Quotidiano della Basilicata mi sono posta l’interrogativo tutti i giorni, tentando di offrire un’informazione che partendo dai fatti desse una visione, una suggestione, una proposta. Quella di Matera, per esempio, come ho titolato un giorno. Work in progress, in una contemporaneità liquida e senza scuole di riferimento, sperduta alla ricerca di nuovi assetti, destrutturata e priva di poesia, come dice il mio amico Andrea Di Consoli.

L’11 febbraio ho firmato il primo giornale, era il giorno delle dimissioni del Papa, evento straordinario nella storia dell’umanità. Quel senso del limite, quel fare un passo indietro, quel non sentirsi addosso l’obbligo di dover superare la soglia ad ogni costo, nel simbolismo della coincidenza cronologica, ha accompagnato il mio fare quotidiano. La stessa prospettiva dalla quale ho cercato di guardare questa mia terra d’elezione, questo pezzettino di Sud dove il destino mi ha condotto dopo averlo attraversato buona parte dello Stivale. In questi sei mesi è successo di tutto in Basilicata, sei mesi fa c’era ancora un governo regionale e molto panico da attesa di clamori giudiziari. Ora che tutto sembra essersi compiuto, forse con quella riduzione di paure che accompagna la certezza di una sciagura rispetto al timore della sua evenienza, è proprio quel senso del limite che mi sembra mancare dalla prospettiva futura della storia regionale. Cioè. Il senso del limite è dare il giusto contenitore alle cose che succedono, proprio come si fa in un giornale, cercando di non sottovalutare ma neppure esagerare.

Oggi siamo nel pieno dei postumi strumentali di una crisi politica e di valori senza precedenti. Certo anche la Basilicata è figlia del suo tempo, ho scoperto ad esempio che quella famosa legge regionale sulla spending review che ha ridotto la somma a disposizione dei consiglieri regionali molto criticata dal giudice di rimborsopoli per l’eliminazione dell’obbligo di rendicontazione, è stata adottata pari pari dalla regione governata dalla Serracchiani. E la governatrice, alle contestazioni, ha risposto che ha dovuto obbedire alle indicazioni date da Monti. Si può scoprire, ad esempio, che il molto figo Civati è anch’egli indagato, il che non gli impedisce di dire cose interessanti. Dunque la questione morale è, a mio, avviso, non solo questione che attiene a ruberie ma anche (per quel che mi riguarda è un anche altrettanto prioritario) alla capacità di saper offrire costruzioni e visioni e comportamenti che diventino morali, da mos, cioè abitudini, buone pratiche, condivisioni.

Continuo a pensare che la società abbia bisogno di leadership e condottieri (per questo condivido poco l’idea delle primarie), che i programmi siano sì importanti ma ancora di più lo siano gli uomini chiamati a proporli e a guidarne l’attuazione. La vera sfida alla quale mi piacerebbe assistere è la sfida delle intelligenze. Il più bravo trascina gli altri, è una legge di natura. Siamo invece in una campagna elettorale (non so dall’esito quanto scontato) dove si annunciano sì sfide ma da far west, chi tira prima la pistola vince.

Il centrodestra è senza anima, Gianni Rosa si sforza di proporre, ho conosciuto pochi politici così ossessivamente proiettati alla costruzione di una proposta come lui. A volte ho però la sensazione che preferisca stare nel suo ruolo, cioè in permanente opposizione, che è la parte che gli riesce meglio. Il difficile, caro Gianni, è mettersi a guidare qualcosa, parlo per me e penso al giornale, guardo alla Basilicata e penso a un vuoto da riempire.

Il centrosinistra è nella fase massima della sua asperità alla ricerca di celebrazioni personali. Gli alleati, a iniziare dal Psi, pongono la questione morale sapendo che è un ostacolo oggettivo. Il centro? Rimando sui vostri cellulari a un bell’articolo di Claudio Cerasa che spiega perché in Italia il Grande centro è una boiata pazzesca (mob.ilfoglio.it/soloqui/19344). Ci sono poi le anime belle, artisti, scrittori, creativi, capitani d’industria, giornalisti. Cioè Perri, Carrano, Lasorella ma io metterei al primo posto come disponibilità anche a sacrificare la propria vita per la sua terra, Andrea Di Consoli. Perri ne parla (del progetto), non ne riesco a capire fino in fondo l’attendismo che rischia di diventare ingaggio o investitura. La sensazione è sempre quella, l’agguato del cattivissimo Folino.

E le due città? La guerra dei due Vito non ha aiutato Potenza. Matera cerca legittimamente la sua celebrità, ho la sensazione però che sostenerne la candidatura a capitale della cultura a volte sia solo lo sfizio di mettersi una spilletta sulla giacca. Del resto se si continuano a fare battaglie assurde su una doppia radioterapia mi pare evidente che Potenza non potrà mai avere una visione oltre. E Matera idem. Ma va bene anche questo. Le cuciture non le fanno le modelle ma gli stilisti.

Per arrivare a una sintesi io credo che il contenitore della nostra storia non debba allargarsi più del dovuto. Lo schema è molto semplice: noi cittadini vogliamo buona amministrazione e servizi minimi essenziali. Gli imprenditori vogliono condizioni per investire. Se si sperimentano nuove soluzioni avendo la capacità di promuoverle può darsi che molto si riesca a risolvere. Ci vuole però disponibilità a sperimentare. Per esempio, quante volte Gianni Molinari e Renato Cantore segnalano che i treni da Salerno a Potenza portano ore di ritardo. Scherzando ma non troppo io rispondo spesso: ma l’auto? Non potete prendere l’auto? L’ho scritto e lo ripeto: se la regione smettesse di dare soldi a Trenitalia e finanziasse un sistema di car shering come in altre parti d’Europa non avremmo più problemi di ritardi nei collegamenti. Cerchiamo di ragionare sulle priorità della popolazione attiva della regione e sui bisogni di quella fetta di lucani che necessita di servizi differenziati, gli anziani, per esempio. La popolazione attiva, soprattutto quella giovanile, ha bisogno di essere spinta nell’agone della competitività vera e della mobilità globale. A tutti la stessa opportunità. Il talento fa la differenza. E poi c’è la pubblica amministrazione, capi e capetti che non sanno andare oltre il rigo della regola quando la conoscono). E trasformano le rigidità in ostruzionismo e paralisi di ogni attività. Molto lavoro della politica è nelle loro mani. Se è difficile avere buone idee, è ancora più difficile attuarle e trovare uomini e donne disposti alla fatica di un lavoro immenso.

Se dovessi raccontare le singole attività degli amministratori lucani, non avrei difficoltà a trovare, in diverse misure, profili di produttività. A differenza di quello che pensa Anna R. G. Rivelli non credo che sia tutto perduto. Storicisticamente penso, anzi, che spesso il male preceda il bene. Il bene che dobbiamo costruire e che ci aspettiamo è mettere il motore alla modernità delle nostre vite: i giovani hanno bisogno di lavoro, certo, ma devono avere innanzitutto occasioni di conoscenza e opportunità di confronto. Con chi arriva dentro la Basilicata (dunque dobbiamo attrarre) e con chi, erranti, incontrano all’estero (dunque i giovani devono partire, poi magari possono pure tornare). Ci sono queste condizioni oggi in Basilicata? Saprà la classe dirigente essere all’altezza?

Vi lascio con una notizia che risponde a queste mia domanda. In maniera, a dire il vero, molto umiliante. E’ la notizia con la quale ho aperto questi appunti. E’ in dirittura d’arrivo il regolamento ministeriale che dovrà dare attuazione all’articolo 16 sulle liberalizzazioni per un importo di circa due miliardi di euro riconosciuti alla Basilicata come compensazione per il contributo che dovrebbe dare al paese l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri da parte dell’Eni, quei 25mila barili di greggio al giorno in più al centro di una trattativa con la Regione che va avanti da marzo del 2011. Con tutto il gas associato. Dunque una mare di soldi in arrivo. E vedo già la corsa ad accaparrarsi la paternità del risultato, dal centrodestra al centrosinistra.

Ho più volte scritto che il petrolio è una fortuna averlo, e che la Basilicata deve sfruttare al massimo questa opportunità. Particolare non secondario: la cabina di regia che dovrà gestire questo enorme flusso finanziario che è di tutti i lucani, è stata sottratta alla Basilicata. Proprio così. Sarà il Mise, il ministero dello Sviluppo economico a gestire progetti e destinazione. In pratica una sfiducia totale nella capacità valutativa della nostra classe dirigente. Un brutto colpo, della serie: eccovi i soldi, ma vi diciamo noi come spenderli. Pessimo, no?

l.serino@luedi.it

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