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MATERA – Rosa Mastrosimone, il ritorno. Dopo mesi di silenzio, l’ex vicepresidente della Regione decide di parlare. Lo fa con il Quotidiano della Basilicata, ma a una condizione. Che non si entri nel merito della vicenda giudiziaria che la riguarda, la cosiddetta Rimborsopoli lucana.

«Le questioni legali vanno risolte nelle aule di tribunale, non sui giornali», dice. «E comunque – aggiunge – io sono serena. Ho la coscienza a posto e so che tutto finirà rapidamente».

Nata politicamente nell’Udeur, partito nel quale ha militato fino al 2008 in ruoli di primissimo piano, Mastrosimone fonda successivamente Alleanza democratici di centro, il movimento che alla sua prima uscita – le elezioni provinciali del 2009 – raccoglie a Matera il 6 per cento dei voti. Il 2010 è l’anno dello sbarco in Regione (sull’onda di 4 mila preferenze), mentre si consolida il rapporto con l’Idv di Antonio Di Pietro.

Da questo momento in poi incarichi istituzionali, incombenze politiche e responsabilità di partito si accumulano a un ritmo vertiginoso. Assessore regionale alla Formazione e al Lavoro, poi alla Cultura, quindi all’Agricoltura: deleghe pesanti che Mastrosimone gestisce senza perdere di vista l’Idv lucano, di cui è responsabile regionale e che con lei, nel giro di tre anni, triplica i suoi voti. E intanto si dà da fare per promuovere i referendum lanciati dal partito e per tenere in piedi il rapporto con la frastagliata anima del centrosinistra locale. Un’attività frenetica che si infrange, all’alba del 24 aprile, sullo scoglio dell’inchiesta per i rimborsi gonfiati in Consiglio. Un’inchiesta che imprime, di nuovo, una svolta repentina nella vita privata e politica di Rosa Mastrosimone. Intanto l’Idv nazionale si perde nelle nebbie della fallimentare campagna di Ingroia. Ma lei è pronta a ricominciare. Le occasioni di Rosa non finiscono qui.

Da quel 24 aprile che le ha cambiato la  vita sono passati solo quasi quattro mesi. Ma l’inchiesta non pare aver contribuito a diradare le nebbie della politica lucana.  Il Partito democratico si avvita in una crisi di identità che per ora non sembra avere sbocchi. Il centro destra? Non pervenuto. E lei si allontana dall’Idv, che non s’è ancora ripresa dall’effetto  Ingroia…

«Per la verità non sono stata io ad allontanarmi dall’Idv ma è stata l’Italia dei valori ad allontanarsi dalla sua naturale collocazione politica. Era nata per essere una forza di centro, alleata con il centrosinistra, e invece si è persa dietro Ingroia… In ogni caso la storia nell’Idv in Basilicata non è soltanto quella di Rosa Mastrosimone. Nel partito ci sono entrata con la mia associazione, la Addc, che ha raccolto migliaia di voti alle ultime  elezioni provinciali, raggiungendo a Matera il 6 per cento. E’ grazie all’Alleanza dei democratici di centro (confluita in Italia dei Valori conservando identità e struttura territoriale, con sezioni attive ancora oggi in tutti i comuni del Materano e in gran parte di quelli del Potentino),  che l’Idv ha potuto ottenere risultati elettorali a due cifre. Tutti sanno che prima di noi quel partito aveva difficoltà a eleggere anche un consigliere comunale…».

Che fa? Rinnega l’esperienza politica fatta col partito fondato da Di Pietro?

«No, ovviamente. Prima di tutto per il rispetto e la lealtà che ci sono sempre stati tra me e Antonio Di Pietro. Ma il problema è che, assieme al mio Movimento, non mi riconosco nella strategia e nell’attuale vertice nazionale di Idv, che ha la grave responsabilità  di aver indotto Di Pietro all’alleanza con Ingroia. Io avevo espresso subito, in Direzione, il mio dissenso, attirandomi critiche feroci  proprio dalla attuale Dirigenza nazionale».

Addio Idv, dunque. E ora?

«Va da sé che l’attività politica prosegue con il mio Movimento e con chi da sempre ne fa parte. Dagli incontri che ho ogni giorno con gli aderenti  dell’Addc di tutta la Lucania, arriva la richiesta chiara, e non più rinviabile, di riprendere la nostra autonomia e avviare un dialogo a 360  gradi con le altre forze politiche per portare avanti, con chiunque le condivida, le linee fondamentali del nostro progetto».

Pensa di candidarsi?

«Candidarmi non è mai stato lo scopo principale della mia attività politica. Altrimenti alle ultime elezioni regionali non avrei perso tempo a preparare le liste badando soprattutto all’esito complessivo del nostro partito e mancando l’elezione per una manciata di voti. A me interessa una politica fatta di passione, programmi, progetti, non di poltrone.  Quella dei candidati sarà una scelta collettiva, frutto della discussione con amici e collaboratori dell’Addc».

La sua vicenda giudiziaria inciderà su questa scelta? Qualcuno sostiene che c’e’ gente pronta ad approfittare dell’inchiesta per operazioni di dubbio spessore politico. Che ne pensa?

«No.  Rispetto, ma non condivido, l’opinione di chi dice: teniamo fuori dalla lista gli indagati. Mi spieghi perché questi ultimi dovrebbero impegnarsi a portare consensi a chi non li ritiene degni. Per quel che mi riguarda ho la serena certezza che la mia vicenda giudiziaria si chiarirà. E quindi vado avanti per la mia strada, cercando convergenze su programmi e soluzioni per i problemi della gente, senza timore di perderne la la fiducia, l’unica cosa che mi interessa. Quanto alla seconda domanda, vedo che c’è chi agita strumentalmente questo tema, chi vuole cavalcare la tigre dell’antipolitica, chi pensa di sfruttare l’onda giustizialista per raccattare qualche voto in più e chi spera di avvantaggiare, con un moralismo quantomeno sospetto, la propria parte politica o “particella” partitica».

Perché non vuole parlare della sua situazione giudiziaria?

«Perché i processi si fanno nelle sedi idonee. Non mi piace che i giornali facciano da cassa di risonanza delle Procure, ma neanche il contrario. Mi difenderò nei luoghi deputati. Non trasformerò i momenti di dibattito pubblico e di confronto politico in occasioni di polemica  giudiziaria».

Insomma Rosa Mastrosimone torna in campo per lanciare un messaggio rassicurante ai suoi: il blitz giudiziario che l’ha colpita ha  rafforzato la sua determinazione. E’ così?

«Anche se piano politico e giudiziario sono intrecciati, le due sfere hanno traiettorie divergenti.  Del resto, mentre io, con i miei amici, mi arrovello sul mio impegno personale per il presente e per il futuro, vedo che altri indagati enunciano i loro ambiziosi obiettivi senza chiedersi se l’inchiesta in corso possa in qualche modo costituire un ostacolo. E nessuno ha obiettato, mi pare, che essi non possano aspirare alla presidenza della Basilicata o a un incarico di governo. Finalmente, dopo un’opportuna pausa di riflessione e di verifica anch’io posso serenamente riprendere il mio impegno politico».

Su cosa ha riflettuto, allora, che cosa ha verificato?

«Quando ti capita ciò che è successo a me (con tutta la sovraesposizione mediatica, ai limiti dell’accanimento, che ho dovuto subire) il dubbio ti viene. “In cosa ho sbagliato?”,  ti chiedi, e ti trovi a dover fare un bilancio della tua attività umana e politica. Ecco,  posso dire ora con tutta tranquillità di avere la coscienza a posto. Il mio bilancio è nettamente positivo. E può apparire un paradosso, ma è stata proprio l’attività amministrativa, più che quella di partito a produrre i maggiori risultati».

Non si direbbe, a giudicare dagli umori dell’opinione pubblica. Anzi, si sottolinea  che lo sperpero e gli alti costi della politica non sono più tollerabili, mentre cresce l’inefficienza.

«Ora è di moda dar retta solo  a quel che dicono i detrattori a oltranza. Ma non è stato sempre così. Posso assicurarle che grazie ai miei provvedimenti (possibili anche per l’abnegazione di tutto il Dipartimento Agricoltura, che voglio ancora ringraziare) sono stati erogati e utilizzati centinaia di milioni di euro: finanziamenti europei che rischiavano di andare perduti. Con ricadute positive per migliaia di cittadini lucani».

I soliti problemi di comunicazione, quindi?

«Sarebbe facile prendersela con lo strabismo dei media, inclini a enfatizzare alcuni aspetti, magari marginali, della vita amministrativa rispetto ad altri di primaria importanza che nascondono un lavoro titanico. Ma non  si tratta solo di questo. Non dimentichiamoci di essere dentro una crisi epocale nella quale, come in tutti i periodi di passaggio, prevalgono umori negativi, pessimistici. E c’è chi ne approfitta per alimentare una visione distorta, apocalittica della realtà. Ma attorno a noi non c’è solo sfascio».

Beh, ci parli allora delle cose fatte alla Regione…

«Tralasciando il lavoro svolto da consigliere (le cito solo la legge sulla gestione integrata della patologia diabetica, che fa della Basilicata una regione pilota in questo campo) le ricordo le misure prese da assessore alla Formazione e al Lavoro: dagli ammortizzatori sociali all’alta formazione in ogni settore, alle politiche attive per l’occupazione: con lo scorrimento delle graduatorie del progetto “generazioni verso il lavoro”, le work esperience che hanno finanziato oltre mille pratiche d’inserimento in aziende e studi professionali. E poi i seicento giovani del “Ponte per l’occupazione”, l’incentivazione dello sport agonistico e amatoriale,  l’impiego dei  precari della scuola. Guardi che parliamo di investimenti per centinaia di milioni di euro  per migliaia di lavoratori e di giovani. Ma non basta…»

Dica...

«C’è tutta l’attività svolta da assessore all’agricoltura: gli interventi per la pesca, la castanicoltura, la tutela della biodiversità, il sostegno alla zootecnia e all’apicultura. E poi i progetti integrati di filiera per cercare di essere competitivi nelle produzioni di olio,vino,carne, latte, ortaggi, frutta. Il lancio del coordinamento lucano delle città dell’olio, delle le piazze del bio, di Olivarum….. gli interventi nei settori di crisi, il caso Alsia, i Consorzi di Bonifica. E, sempre, con un occhio ai giovani: in 500 hanno avuto fino a 40 mila euro per progetti agricoli. E chiedete ai Comuni che cosa pensano dei milioni di euro da me stanziati per la viabilità e gli acquedotti rurali. E l’Enoteca regionale, che è stata costituita a gennaio, ma poi a inaugurarla è stato il mio successore…»

Sta seguendo il dibattito aperto dallo scrittore Andrea Di Consoli sul Quotidiano? Lei che è stato assessore alla Cultura e poi all’Agricoltura che visione ha del futuro di Matera?

«Matera rappresenta oggi il destino stesso della regione. La candidatura a capitale europea della cultura è un’occasione imperdibile per rilanciare nel mondo l’immagine di tutta la Basilicata – cosa di cui tutti parlano – mettendone a frutto le straordinarie prerogative naturali e storiche. Però, attenzione. E’ vero che l’opera meritoria di pochi intellettuali ha contribuito a fare della città dei Sassi un polo turistico-culturale di qualità, ma non ci si può fermare qui. Matera può diventare un volano non soltanto turistico, ma produttivo, capace di stimolare tutta l’economia della provincia. Insomma: fatta la nuova Matera, bisogna fare i nuovi materani. E’ necessario che cresca la “cultura” di appartenenza alla città, alla sua arte e soprattutto alla sua densa tradizione contadina che costituisce l’autentica memoria storica dei materani. E proprio il recupero di quell’antica vocazione può aprire le porte a nuove prospettive di sviluppo».

A che cosa si riferisce?

«Le parlo da  ex assessore alla Agricoltura. Matera ha una caratteristica formidabile, unica al mondo. Ed è, per l’appunto, la sua  millenaria cultura contadina. Questa tradizione ha espresso una civiltà di altissimo livello fatta di arte, architettura, artigianato; ma anche una cultura dell’alimentazione che segue, spontaneamente, i principi e le regole della cosiddetta Dieta Mediterranea. Tutto questo costituisce il brand Matera: il grimaldello per scardinare il nostro atavico isolamento e farci conoscere al mondo, e il volano per il rilancio della nostra economia. E poi mi permetta una battuta:  stanziare fondi pubblici nei Sassi rappresenta un investimento produttivo e a lungo termine: i Rioni di tufo dopo qualche anno non chiudono e non vanno via, delocalizzando l’attività in Cina o nei paesi dell’Est».

Qual è il suo rapporto con la città?

«Sono nata a Matera, qui ho sempre vissuto, qui mi sono sposata. Mio marito, medico cardiologo,  è nato in Via Madonna delle Grazie nel Sasso Caveoso. Le mie due figlie sono nate a Matera  benché oggi, come tantissimi giovani di questa terra, siano costrette per lavoro e per studio a stare lontane. E noi genitori non abbiamo fatto nulla per trattenerle.  E’ anche pensando a loro che considero il primo dovere di ogni politico occuparsi dei giovani. Ma io mi sento legata a tutto il territorio della provincia (grazie anche ai tanti militanti che mi seguono e credono in me). E oltre ad avere un rapporto speciale con Sant’Arcangelo, la città natale dei miei genitori, coltivo tantissime amicizie nella Val d’Agri e in tutto il Potentino, dove l’Addc è ormai ben radicata».

L’ultima domanda è sulle manovre politiche in corso in vista delle Regionali. Gli alleati di sinistra del Pd vogliono porre vincoli al sistema di alleanze prima di dar vita alle primarie di coalizione. Considerato che voi riprendete il cammino con Addc, come vi regolerete?

«Non siamo noi a rifiutare i vincoli. Quella che si sta per giocare è una ben strana partita, in cui, per usare una metafora calcistica, non si conoscono le squadre in campo,e le stesse squadre non sanno chi sono i propri giocatori, gli arbitri tirano calci negli stinchi e ogni tanto qualcuno fa sparire il pallone. Fuori di metafora è il campo di gioco stesso a subire continue scosse di assestamento. E del resto con il caos che regna nel quadro nazionale chi può pretendere in Basilicata di assurgere a censore rispolverando ideologie ormai cancellate dalla storia e definire preclusioni e discriminanti? In questa fase, invece, bisogna avere l’umiltà e il coraggio di ascoltare e di confrontarsi con tutti. Per poi decidere. Da soli e senza alcun condizionamento o timore, con la decisione che sempre ci ha caratterizzato. Ed è quello che intendiamo fare».

a.grassi@luedi.it

 

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